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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Addio a Giovanni Vicario, l'udinese padre della fantascienza italiana

Sono in tanti a ricordarlo per i suoi studi sulla psicologia della percezione e le sue passioni professionali. Noi lo ricordiamo con le parole di Giovanni Tomai, titolare della libreria "Tarantola" dove puntualmente "una storia la comprava e una la raccontava"

Professore universitario, continuatore della "Scuola di Trieste" di psicologia della Gestalt, studioso delle illusioni geometriche ma soprattutto della psicologia della percezione e scrittore. Giovanni Bruno Vicario è stato tutto questo e molto altro, oltre che un grande appassionato della storia di Udine, sua città natale. È morto all'età di 87 anni, il professor Vicario, lasciando di sé un ricordo indelebile nei tanti che lo hanno conosciuto come professionista e come uomo. Di lui si ricorda anche la passione per la fantascienza che lo portò, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, a pubblicare libri tra i primi in Italia su questa materia, spesso usando anche usando gli pseudonimi A. G. Greene e G. Newman. 

I suoi funerali saranno celebrati alle 12 di sabato 1 febbraio nella chiesa di San Quirino in via Gemona a Udine

Per ricordarlo riportiamo un post che il titolare della libreria Tarantola di Udine, Giovanni Tomai, ha pubblicato su Facebook ricordando la sua figura e l'importanza che la sua curiosità e fame di sapere hanno avuto in questi anni per il suo lavoro.

Come forse saprete esistono, anzi resistono ancora dei luoghi fisici in cui si commercia al dettaglio; nel mio caso, che è il caso di una libreria, si commerciano "oggetti" che si trovano in altri posti e in rete, spesso a prezzi (leggermente) più vantaggiosi. Ora, questo non è il solito pippone sulle librerie gne gne, dio me ne scampi, ma solo un'introduzione per dire che se vuoi sopravvivere in questa giungla AMAZONica l'oggetto che vendi deve avere qualche cosa in più. Il luogo in cui lo vendi deve avere qualche cosa in più. Il modo in cui lo vendi deve avere qualche cosa in più. Quel qualcosa in più lo potete chiamare come volete: passione, aura, cuore. Potete anche non chiamarlo proprio e non crederci. Io ci credo, se non altro perché quella cosa l'ho vista in tanti colleghi.

L'ho sentita proprio, e mi ha fatto bene, così bene che cerco di metterla quotidianamente in quello che faccio, e quando ci si prova viene naturale apprezzare non solo il proprio mestiere, ma anche quelli che si accorgono del lavoro che fai. Quei clienti fissi, che ami o che odi, che comunque non sono più clienti ma persone, diventano parte di un qualcosa che non ha bisogno di un abbonamento Prime. Questa è gente da cui prima di tutto impari tu, e la transazione non è più solo economica ma diventa più profonda e biunivoca. Non è per tutti, ma credo faccia stare bene. Ve lo dico perché a me fa questo effetto.

Uno di questi clienti comunque è il signor Vicario. Il signor Vicario è un vecchietto che viene in bottega almeno una volta al mese, sempre con il cappotto nero fino ai piedi anche d'estate e con la valigetta in pelle lisa. I capelli sono bianchissimi, i gusti dei più vari anche se molto puntuali. Non sta mai meno di mezz'ora a parlare. È anche uno dei pochi clienti che ha il mio numero personale, e mi chiama sempre e solo su quello anche se in libreria non prende e devo sempre urlare "la chiamo adesso dal fissoooooooooo". Spesso ordina i libri e poi si dimentica di venire a ritirarli, poi quando viene ne ordina degli altri, spesso fuori catalogo. Confesso all'inizio di averlo preso relativamente sottogamba, come faresti con il proverbiale nonnetto con la cornetta all'orecchio.

Un giorno mi ha chiesto se potevo procurargli alcuni libri che aveva scritto in gioventù; mi sono stupito, e mi sono stupito ancora di più quando mi sono accorto che erano tutti titoli di fantascienza pubblicati dagli anni '50 in poi. La sua pagina di Wikipedia, che ho scoperto appena lui era uscito, lo definisce come "uno dei primi esponenti dell'epoca d'oro della fantascienza italiana", ma solo dopo l'ampia descrizione del suo lavoro come pioniere e poi luminare della psicologia della percezione.

Da quel giorno, ogni volta che entra, lo saluto come professor Vicario e lui fa un risolino. Se invece lo trovo al bar la domenica mentre beve il caffè lo chiamo con uno dei suoi pseudonimi da giovane autore; il mio preferito è A. G. Green, e lui ne sembra compiaciuto.

Il signor Vicario, il Professore, A. G. Green sono morti pochi giorni fa. Non è la prima volta che mi capita che un cliente straordinario, che entrava almeno una volta alla settimana, che mi faceva ridere o sbuffare, che comunque una storia la comprava e una la raccontava, un giorno smetta di entrare. Non è la prima volta che la piletta di libri da parte a suo nome, su cui prima imprecavo perché "non abbiamo spazio e non siamo il deposito di nessuno" ora non mi riesce proprio di spostarla. Di solito dopo qualche settimana le colleghe li rimettono a scaffale senza farsi vedere. Di solito è un vuoto che rimane.

Scrivo questo post troppo lungo per ricordarmi di essere ancora vivo, e per ricordarmi di essere sempre grato. E pure per ricordarmi che, anche se c'è la guerra, alla fine mi ricorderò dei giorni in cui ho ballato.

E per ricordare a voi, perché no, che se il libro o il vattelapesca che avete comprato su Amazon risparmiando 0,57 centesimi più quattro strati di cartone lo aveste cercato in una libreria, in una qualsiasi, magari avreste conosciuto anche voi A. G. Green. Oppure ne avreste sentito la storia, compresa nel prezzo.

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