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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

L'Ateneo di Udine sulle pagine di ‘Nature’ con la ricerca sul 'bambino farfalla'

Fondamentale l'apporto di tecniche per operare con successo il bambino siriano salvato a Bochum (Germania). Il lavoro dell'Università friulana è stato svolto nell'ambito del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali

L’Università di Udine ancora una volta tra le eccellenze a livello internazionale, con un lavoro che ha visto la partecipazione del gruppo diretto dal prof. Michele Morgante, e pubblicato ieri dalla rivista “Nature”, punto di riferimento della ricerca scientifica su scala mondiale. E’ stato infatti realizzato nell’ambito del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali, lo studio sul destino del gene che è stato inserito nel dna del piccolo siriano di 9 anni operato a Bochum, in Germania, e restituito alla vita dopo la diagnosi di una malattia degenerativa che gli aveva colpito la pelle (Jeb, Junctional Epidermolysis Bullosa, Epidermolisi Bollosa) e che lo avrebbe portato a morte sicura. 

La ricerca applicata

L’intervento è stato realizzato dall’équipe chirurgica che si era affidata, per la parte preparatoria, al team dei ricercatori della Università di Modena, capitanata dal dott. Michele De Luca, che nella sua formazione alla Harvard Medical School di Boston (USA), ha acquisito una straordinaria competenza nel combinare le tecniche sulle cellule staminali con la terapia genetica. Arriva da questo team la pelle rigenerata e geneticamente corretta che ha salvato la vita del piccolo “bambino farfalla” (così viene definito chi è affetto da questa malattia), sottoposto in Germania a tre diversi trapianti. 

E arriva da Udine lo studio che ha permesso di «localizzare dove fosse finito il gene inserito nelle cellule del bambino», spiega il prof. Morgante. «Quando si fanno questi interventi – continua –, cioè quando si inserisce un gene che svolge le funzioni del gene difettoso, è essenziale capire in quale parte del genoma il gene si sia andato a piazzare, perché in alcuni casi l’inserimento può andare a interferire con funzioni importanti delle cellule». 
Il team di Modena ha coinvolto l’università di Udine «perché disponiamo delle tecniche di Next Generation Sequencing, indispensabili per condurre con successo una doppia indagine: - evidenzia il prof. Morgante:-, capire in quale regione del genoma il gene inserito si era andato a localizzare e comprendere quale pool di cellule avesse dato origine al nuovo lembo di pelle che poi è stato impiantato». 

La validità delle tecniche messe a punto dall’Università di Udine, usate con efficacia per la mappatura delle integrazioni nel genoma, è stata suggellata da due riconoscimenti. Un finanziamento, pari a 2,5 milioni di euro, dello European Research Council, agenzia della CE che finanzia la ricerca di frontiera, fa sapere Morgante, per sostenerne lo sviluppo, e una richiesta, ricevuta nei giorni scorsi, di ottenere ulteriori delucidazioni sul lavoro svolto nel frangente dell’intervento medico sul bimbo siriano. «La Commissione europea avanza queste richieste quando ravvisa una particolare importanza delle applicazioni di una ricerca da lei supportata», commenta con soddisfazione il docente di genetica dell’ateneo friulano.

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