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Cronaca

“Ius culturae per tutti”, il civismo friulano contro il privilegio del sangue o del suolo

Travain (Fogolâr Civic): “La cittadinanza va conquistata. Non può essere un titolo dinastico oppure un'etichetta Doc”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di UdineToday

Presi in esame Costituzione morale ed indirizzi storici del sodalizio e consultato il suo Servizio Cultura, formato al presente dallo storico romano Alfredo Maria Barbagallo e dallo scrittore sandanielese Maurizio Di Fant, il presidente del Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico “Fogolâr Civic”, prof. Alberto Travain, anche confrontatosi con il “cameraro” dell'Arengo cittadino udinese, prof.ssa Renata D'Aronco, ha configurato, durante la riunione del consiglio sociale di giovedì 12 ottobre 2017, la posizione del cenacolo civico in ordine allo scottante tema dell'acquisizione della cittadinanza nell'ambito delle Repubblica Italiana, argomento attuale di discusse proposte legislative. Il Fogolâr Civic avverserà, quindi, ogni indirizzo teso a favorire un acquisto automatico dei diritti civici sia “iure soli” sia “iure sanguinis” ossia in base a nascita e origine.

“'Ius culturae per tutti!” ha affermato il prof. Travain. “Un serio esame linguistico, storico e giuridico, sul modello anche di quanto avviene in tanti Paesi in ordine all'acquisizione volontaria della cittadinanza, accerti, insomma, al raggiungimento della maggiore età, conoscenze e competenze necessarie all'sercizio responsabile e proficuo dei diritti politici. Non può bastare nascere in Italia oppure avere genitori italiani per aver diritto a contribuire alle decisioni sul territorio e sulla comunità. Lo Stato s'impegni a formare seriamente i suoi cittadini, non a legittimare 'fantocci' dotadi di diritti democratici alla mercé dei più spregiudicati manovratori della politica”.

A chi gli fa notare che una posizione del genere parifica, di fatto gli autoctoni agli ultimi arrivati, Travain risponde che “è da ritenersi più meritevole lo straniero che sinceramente adotta la nostra patria che il connazionale che la tradisce. L'immeritato privilegio del sangue ovvero del suolo è da sostituirsi con il meritato riconoscimento di conoscenze e competenze civiche acquisite attraverso la formazione. Tale impostazione non lascerebbe comunque gli individui privi di ogni tutela giuridica e di diritti fondamentali sino all'acquisizione della cittadinanza 'pleno iure', che per chiunque deve essere una conquista culturale e politica personale, non un titolo dinastico oppure un'etichetta DOC!”.

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