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Cronaca Fiumicello

Giulio Regeni, nel dossier di 2mila pagine «video e tabulati»

Le rivelazioni, durante l'incontro a Roma tra inquirenti egiziani e italiani, arrivano dal sito di informazioni del paese nordafricano "Al Masry Al Youm"

La famiglia di Giulio Regeni «finora non è stata in alcun modo contattata, per un incontro, dagli inquirenti egiziani in questi giorni in Italia»: lo riferisce all'Ansa la stessa famiglia attraverso il legale Alessandra Ballerini dopo la notizia di un possibile incontro diffuso dal sito di un quotidiano egiziano "Al Masry Al Youm”. 

LA GIORNATA DI GIOVEDÌ. La delegazione degli inquirenti ed investigatori arrivati dal Cairo ha lasciato la Scuola superiore di Polizia a Roma nel tardo pomeriggio di ieri, dove dalla mattina era in corso il vertice con gli inquirenti italiani che indagano sulla scomparsa e la morte del giovane ricercatore. Per l'Egitto presenti due magistrati, il procuratore generale aggiunto del Cairo, Mostafa Soliman e il procuratore dell'Ufficio di Cooperazione internazionale Mohamed Hamdi el Sayed. Presenti anche tre ufficiali di polizia: il generale Adel Gaffar della National Security, il brigadiere generale Alal Abdel Megid dei servizi centrali della polizia egiziana e Mostafa Meabed, vicedirettore della polizia criminale del governatorato del Cairo.All'interno della struttura si sono trattenuti successivamente il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, il sostituto Sergio Colaiocco e gli investigatori dello Sco della Polizia e del Ros dei Carabinieri per fare un punto della situazione. Oggi è previsto un nuovo incontro con gli egiziani.

LE CARTE. Sul tavolo un dossier egiziano di duemila pagine, con indagini su circa 200 persone. Ci sono anche «le registrazioni delle videocamere di sorveglianza», un «registro delle chiamate del suo telefono portatile», «il rapporto di medicina legale sull'autopsia» e «le testimonianze di ufficiali e amici della vittima» nel dossier: lo ha scritto il sito del quotidiano egiziano Al Masry Al Youm.

LE RIVELAZIONI IN EGITTO. «Come persona informata dei fatti attinenti all'assassinio dello studente italiano Giulio Regeni, agli inquirenti italiani dico che dietro precise garanzie legali posso collaborare affinché si arrivi alla verità, ma chiedo che da parte del governo italiano ci sia l'impegno di non recare danni all'Egitto come nazione, ma solo la volontà di punire i criminali». A fare questa dichiarazione è Omar Afifi, ex generale egiziano dissidente indicato da alcuni media come l'autore delle e-mail inviate a "Repubblica" che puntano il dito contro il capo della polizia criminale di Giza, generale Khaled Shalab, come principale responsabile dell'omicidio del ricercatore italiano trovato cadavere al Cairo lo scorso 3 febbraio con evidenti segni di torture sul corpo. Afifi è entrato con forza nel circuito mediatico italiano con articoli sulle sue rivelazioni pubblicati dai maggiori quotidiani del Paese. Contattato da askanews, l'ex generale accusa direttamente i vertici del regime del Cairo e sostiene che il presidente Abdel Fattah Al Sisi «sapeva tutto», anzi sarebbe stato il capo dello Stato a prendere la decisione di far trovare il cadavere del povero Regeni «dopo le insistenze dell'Italia sulla sorte del ragazzo».

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