rotate-mobile
Cronaca Fiumicello

Omicidio di Giulio Regeni, «ecco chi sono gli assassini del ricercatore»

In diverse mail anonime, ma molto circostanziate, ricevute dal quotidiano La Repubblica sono contenute precise accuse nei confronti dei vertici dell'intelligence egiziana

Delle mail, inviate al quotidiano La Repubblica da un presunto membro della polizia segreta egiziana, lanciano precise accuse per la morte di Giulio Regeni. Le missive, acquisite dalla Procura di Roma all'indomani del vertice al Cairo tra investigatori italiani ed egiziani, svelano dettagli fino a questo momento segreti - riguardanti la natura delle torture inflitte al ricercatore - e per questa ragione sembrano provenire da fonte molto ben informata. 

Un passaggio di una delle mail

«L’ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza nazionale. Fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per 24 ore».



Le mail a La Repubblica raccontano anche cosa accade dopo il sequestro di Giulio. 

«Viene privato del cellulare e dei documenti e, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell'Ambasciata italiana, viene picchiato una prima volta. Chi lo interroga vuole conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando. 

Quindi tra il 26 e il 27 gennaio per ordine del ministro dell'Interno Magdy Abdel Ghaffar, Regeni viene trasferito in una sede della Sicurezza nazionale a Nasr City. Tre giorni di torture non vincono la sua resistenza, e allora il ministro dell'Interno decide di investire della questione il consigliere del presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l'ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari a Nasr City perché venga interrogato da loro. 

Seguono torture sempre più violente fino alla morte del ricercatore italiano. Giulio allora viene messo in una cella frigorifera dell'ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne. La decisione viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell'Interno, i capi dei due servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la Sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja.
 Nella riunione venne deciso di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore. Il corpo fu quindi trasferito di notte dall'ospedale militare di Kobri a bordo di un'ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria».

IL "SACRIFICIO" DA PARTE DELL'EGITTO. Il nome di Shalabi viene fatto anche da fonti al Cairo de La Stampa, secondo cui l'Egitto intende "sacrificare" il generale (già condannato nel 2003 da un tribunale di Alessandria per aver torturato a morte un uomo e falsificato i rapporti della polizia, ma reintegrato dopo la sospensione della sentenza) nel nome dei buoni rapporti con l'Italia.



In Evidenza

Potrebbe interessarti

Omicidio di Giulio Regeni, «ecco chi sono gli assassini del ricercatore»

UdineToday è in caricamento