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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Gianfranco "Frank" Tonon: dal Friuli a Melbourne nel segno della Vespa

Oggi ha 73 anni, e alle spalle una storia da emigrante vecchio stampo, di quando non c'erano aerei per tutti e internet. L'infanzia in Valcellina, poi la maturità "down under"

«In Canada faceva troppo freddo, a New York dovevi prendere la macchina per vedere il sole e in Australia? Boh, non sapevamo niente dell'Australia. E allora siamo partiti!» Inizia così la storia di Gianfranco Tonon, nato a Zara nel 1941, friulano d'adozione, partito a 10 anni con i genitori e ora titolare del Vespa House a Melbourne, un vero punto di riferimento per i vespisti australiani, nonché il club all'estero più antico. «O almeno credo», dice oggi 73enne, più Frank che Gianfranco, ogni giorno in officina con la T-shirt della Vespa e gli attrezzi da lavoro sempre in mano. Gli piace parlare con la gente, ricordare la sua Italia e dare consigli sui motori, colori, modelli e sulla vita.

Il suo racconto è uno di quelli dei “vecchi” migranti, quelli veri, partiti più di 50 anni fa, senza internet, biglietti aerei e passaporti. Di quelli che ti fanno pensare: «una volta era più facile», ma che poi ad ascoltarli ti rendi conto, che era tutto fuorché facile.

«In Italia non c'era più lavoro – dice Gianfranco – mio padre aveva una fabbrica a Zara, che è stata rasa al suolo dai bombardamenti. Così ci siamo trasferiti a San Leonardo, in Valcellina, ma avevamo perso tutto. Tutti partivano per andare in America, Nord Europa e in Australia. Per noi la Germania è stato solo l'inizio del nostro viaggio. Nel 1951 siamo saliti su una nave e dopo un mese siamo arrivati a Port Melbourne».

Dal porto sono stati subito assegnati al campo profughi. «Ci davamo da mangiare – spiega – e avevamo un posto sicuro dove dormire. I miei genitori lavoravano alla giornata, una volta per raccogliere l'uva, poi i pomodori e così via, a seconda di quello che c'era. Abbiamo vissuto più di un anno nel campo e non era proprio l'Australia che ci immaginavamo. Eravamo un po' giù di morale. Poi mio padre, una mattina se n'è andato. È tornato qualche giorno dopo e ha detto: 'Andiamo, ho trovato un lavoro a Melbourne'». Così se ne sono andati senza dare troppo nell'occhio e il padre di Gianfranco ha iniziato a lavorare in una fabbrica di carbone. «Nel 1850 avevano trovato l'oro a Ballarat (a un'ora e mezza di treno da Melbourne ndr) – continua - ma così tanto oro, che le città erano in continua espansione, si costruiva ovunque. C'era ricchezza e si vedeva, ma c'era anche tanto da fare». Un'Australia tutta da inventare. Dalla fabbrica di carbone, il padre di Gianfranco è passato a lavorare in un'officina. Di vespe.

«Importavano e aggiustavano le lambrette, le vespe e le biciclette – dice – dall'Inghilterra. Mio padre ha imparato tutto lì. Ma non parlava ancora inglese. Quindi andavamo tutti a scuola: io e mio fratello la mattina, lui e mia mamma la sera, dopo il lavoro. C'era chi non riusciva a studiare, perché in Italia non avevamo mai imparato a leggere né a scrivere». Tantissimi italiani di vecchia migrazione, infatti, parlano solo “dialect”, come dicono loro. Che poi significa mille dialetti: calabrese, siciliano, pugliese e un misto tra italiano e inglese. «Ho imparato tutto da mio padre e nel 1956 ho comprato e aperto il negozio di Collingwood – racconta – e sono ancora qui con i miei due figli: Dean e Jamal». E con Goetz Neuge Bauer, il meccanico tedesco. Lui prima con le vespa ci correva e adesso le ripara.

«E l'Italia, Gianfranco, non ti manca?» «L'Italia è bellissima – risponde – mi piace per andarci in vacanza, ma non c'è lavoro. Qui si sta bene, di lavoro ce n'è sempre. Certo bisogna fare sacrifici, stare lontani dagli affetti, imparare una nuova lingua e una nuova cultura. Ma ci si abitua... ci si abitua a tutto».

Ilaria Gianfagna, Just Australia

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