Fragile e positiva al Covid lasciata per tre giorni in Pronto Soccorso per mancanza di letti disponibili
A raccontare la vicenda è la stessa famiglia della paziente, la quale è stata spostata in reparto soltanto tre giorni dopo il ricovero. Un'odissea di dolore e preoccupazione, smorzata solo dall'umanità e dalla disponibilità del personale sanitario, stremato - ci riferiscono - per la situazione.
Tre giorni. Tanto è il tempo in cui una paziente "fragile", e positiva al Covid, ricoverata in pronto soccorso a Udine a causa di gravi problemi respiratori ha dovuto attendere su una barella in corridoio per poter essere poi assegnata ad un reparto. Non si tratta di un caso di malasanità, non si tratta di una sterile polemica contro la sanità. Si tratta di una storia vera, accaduta a molti gentiori, parenti e amici nel momento peggiore, quando la pandemia torna a farsi sentire, soprattutto per chi non ha le armi per potersene difendere.
La vicenda
Facciamo un passo indietro. A segnalare l'accaduto, è la stessa famiglia della paziente. "Mia madre, 76 anni, è entrata in pronto soccorso a Udine il giorno 12 luglio 2022 per problemi di respirazione causa un tumore alla gola ed uno ai polmoni che è anche alle ossa - ci raccontano - A causa di questi mali ha forti dolori alla schiena e alla cervicale ed è sottoposta a morfina già da alcune settimane, inoltre non potendo deglutire a causa del tumore alla gola non può alimentarsi con i metodi tradizionali. Fino a prima di entrare in ospedale aveva una totale e autonoma capacità motoria"
"All'ingresso in pronto soccorso le è stato diagnosticato il Covid, nonostante 3 dosi di vaccino e in totale assenza di sintomi da febbre, tosse o raffreddore. Al terzo giorno che di allettamento in barella in pronto soccorso, senza mai, mai alzarsi e con dolori enormi alla schiena nonostante la morfina, il personale che abbiamo contattato per due volte al giorno, ci riferisce di non sapere dove collocarla poichè tutti i vari reparti Covid sono pieni".
"Ci sono voluti tre giorni, fino a giovedì 14 luglio per ottenere un letto in reparto Covid".
"Tutto questo accade nel rinomato e, spero tutt'ora, efficiente Ospedale di Udine, in un momento in cui i letti Covid dovrebbero essere senza dubbio disponibili stante che il contagio Covid, seppur in aumento, abbia dei numeri bassissimi rispetto ai picchi invernali".
Una storia che fa riflettere, spaventa che ci riporta indietro con la memoria alle prime fasi della pandemia.
"Il personale - d'altro canto - è stremato, ma nonostante tutto di una grande umanità e disponibilià - prosegue la famiglia - Addirittura coloro che lavorano nel turno di notte riferiscono di venire richiamati al mattino per assenza di personale".
"Mi chiedo cosa stia succedendo alla nostra sanità, un tempo una delle migliori in Italia, ed ancora mi chiedo come sia possibile come dopo anni di "pandemia" non siano disponibili "letti Covid" anche quando il numero dei casi Covid sia basso come in questo momento o quanto meno non sia in una fase di picco - concludono - E' questa la migliore sanità della nostra Regione? E' giusto che una persona fragile debba vivere tali disagi? E' giusto che il rinomato personale sanitario friulano sia stremato?".