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Cronaca

Il Fogolâr Civic si schiera a favore di un “no” federalista

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di UdineToday

"Le genti alpino-adriatiche votino 'no' ad una riforma costituzionale antifederalista!". Così titola il documento firmato nel giorno di San Martino, 11 novembre 2016, a Udine, presso il celeberrimo Caffè Contarena, dalle rappresentanze dell'ormai trentennale Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico "Fogolâr Civic" guidato dal prof. Alberto Travain. "Pur comprendendo la necessità di razionalizzare un governo della compagine territoriale italiana, facilmente, come noto, intaccabile nelle sue dimensioni particolari così come in quella generale statale, e pur riconoscendo non immediata una minaccia alle autonomie delle regioni speciali di quel Nordest italiano compreso nell'area storica transfrontaliera da cui procede il sodalizio in firma, il sottoscritto Movimento Civico Culturale Alpino-Adriatico 'Fogolâr Civic' non può non leggere nella proposta riforma costituzionale italiana soggetta ora a referendum una sottrazione di competenze riconosciute alle regioni ordinarie della Repubblica tra cui anche quelle rientranti nella medesima area suddetta, negazione di quegli auspici di federalismo su basi regionali che costituiscono ideale storico del sodalizio in parola, e non può, quindi, non invitare segnatamente le genti venete, friulane, giuliane, lombarde, trentine e sudtirolesi a votare 'no' in occasione della prossima summenzionata consultazione referendaria!": questo il testo, frutto di sintesi di una riflessione procedente dai principi statutari del Movimento e dai suoi capitolati programmatico-propositivi del 2013. "Il nostro orizzonte alpino-adriatico, non solo friulano, orizzonte di quella che amiamo chiamare 'Europa aquileiese' ovvero dell'area mitteleuropea di cui a Aquileia fu prima metropoli, ci invita senz'altro a non abbandonare le nostre regioni lombarda e veneta al possibile baratro di un'Italia con nuovi rigurgiti di centralismo. Il Fogolâr Civic vuole certamente un'Italia federale su base regionale e un'Europa unita come auspicata federazione di 'euroregioni': non è questa la strada!" ha detto perentorio il presidente del sodalizio, prof. Travain.  Vari i punti di vista e le sensibilità espressi in sede di dibattito tra sodali. "La proposta riforma costituzionale Renzi-Boschi è il risultato di un mancato vero federalismo in Italia, dove vi è stato invece un regionalismo, a mio parere, senza responsabilità. È evidente che ora lo Stato vuole riprendersi il controllo di una situazione sfuggitagli di mano, ma non può essere questa la soluzione migliore. Abbiamo bisogno di un federalismo ai cui capi figurino da un lato l'Europa e dall'altro, rispettati, tutti i nostri territori" ha detto lo scrittore Maurizio Di Fant. L'insegnante Maria Luisa Ranzato ha tenuto a sottolineare come non proprio tutta la prospettata riforma sia effettivamente da avversare: "Il dato negativo sta in particolare, a mio avviso, nel fatto che il Senato non venga più eletto direttamente dai cittadini. È la commistione tra cose appropriate ed inopportune che impedisce di votare 'sì' alla prossima consultazione referendaria!". Il critico Alfredo Maria Barbagallo ha voluto segnalare, da un lato, il sussistere di un modello statale rispettoso dei territori, quale ad esempio - ha detto - quello statunitense, "per cui pur avendo ricevuto la Clinton più voti in assoluto in occasione delle ultime presidenziali, è risultata perdente nel computo relativo ai singoli Stati della Federazione"; dall'altro, l'intellettuale ha rimarcato il carattere accentratore di un sistema quale quello francese od inglese, imperniato sostanzialmente su grandi metropoli alla stregua di Parigi o Londra, capitali mondiali, luoghi universali dell'Umanità. "L'Italia, nel corso della sua plurimillenaria vicenda, ha potenziato le proprie particolarità. Ecco che accentrare in Italia significa andare davvero contro la Storia. La direzione giusta, naturale, è quella di potenziare le culture regionali, che costituiscono veri piccoli mondi, nazioni e popoli". "Le regioni a statuto speciale, in particolare, sono nate in gran parte allo scopo di tutelare comunità di cittadini in terre lontane dai veri grandi interessi economici nazionali e, ad un tempo, in grado di autogovernarsi, di essere in qualche modo autosufficienti. In questo campo inoppugnabilmente noi Friulani abbiamo saputo fare bella figura: ci siamo dimostrati davvero capaci di fare 'di bessôi'" ha sottolineato con orgoglio il geometra Sergio Bertini, mentre il priore laico Giuseppe Capoluongo non ha mancato di ricordare come il "no" al prossimo referendum costituzionale rappresenti anche un'occasione significativa per testimoniare la più varia contrarietà civica alle iniziative realizzate o mancate dal Governo in carica. Il giurista Carlo Alberto Lenoci ha manifestato la sua preoccupazione per il fatto di vedere affidato, grazie alla riforma in parola, al controllo di un solo partito organi supremi della Repubblica quali Capo dello Stato e Corte Costituzionale. Il presidente prof. Travain ha voluto infine mettere in evidenza la scarsa coscienza storica che a suo parere suffragherebbe lo svilimento per vari aspetti di una Camera rappresentativa recante l'antico nome di "Senato" in una Repubblica Italiana che per ragioni territoriali più di altre riverbera quell'antica, pertinente a "Senatus Populusque Romanus", dalla cui massima assemblea politica, ancor oggi in tante lingue, nel mondo, traggono la propria denominazione numerosi parlamenti nazionali o loro qualificati rami. "Se si svilisce l'erede diretto del Senato di Cicerone, si è figli degeneri di un passato decisamente sproporzionato rispetto alla mediocrità del presente" ha concluso amaramente il leader del Fogolâr Civic pur convito della "necessità di riformare l'ordinamento della Repubblica, non per ridurne i privilegiati ma i privilegi; non per avvilirne le autonomie ma per renderle virtuose".

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