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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Effetto Brexit, udinesi a Londra perplessi: «Campagna manipolatoria e svolta razzista»

Le sensazioni e il clima che si respira nella metropoli della Gran Bretagna dopo l'uscita dall'Unione Europea raccontate da due friulane

La Gran Bretagna ha detto addio all’Unione Europea e le ipotesi sul possibile effetto “Brexit” sono molteplici: crisi dei mercati e possibili ripercussioni sull’occupazione oltre alle dimissioni, già avvenute, del premier Cameron. A temere sulle proprie sorti, però, ci sono anche alcuni udinesi che si trovano per lavoro sull’Isola.

Viviana ha 31 anni ed è una giornalista: si occupa di moda e scrive come freelance per alcuni magazine del settore, oltre che di arte e design. «Vivo a Londra da quasi quattro anni – racconta - . Ho lasciato l'Italia per svolgere un master in giornalismo di moda al London College of Fashion. Putroppo (o per fortuna, dipende dai punti di vista) mi sono innamorata di un britannico. Quindi sia per lavoro che per amore sono rimasta qui. Ma sto iniziando a chiedermi quanta voglia abbia di restare dopo quello che è successo: un'idea che prima non mi aveva nemmeno sfiorato».

Sull’esito di “Brexit”, Viviana è chiara: «Mi fa paura. E sono triste perché le persone che hanno votato per la Brexit sono per la maggior parte over 55, senza istruzione e che non vivono in posti ad alta densità di stranieri. Sono tutti e solo inglesi: alcuni avranno visto sì e no un immigrato in tutta la loro vita. La mia opinione è che ha vinto l'ignoranza e la xenofobia. E, credetemi, ne ho vista e sentita tanta da febbraio in poi. Esemplificativo di questo clima xenofobo è l'omicidio di Jo Cox».

Qual è il clima che si respira a Londra, in particolare tra i tuoi coetanei?
«Oggi (venerdì, ndr) Londra è una città sconvolta, in giro ma c’è un’atmosfera davvero strana. La gente pur di votare, ha davvero fatto di tutto: il 75% di persone che in città ha votato “Remain” e tante persone hanno pianto. Il mio ragazzo mi ha persino detto di sentirsi un po’ meno British dal giorno successivo all’esito. Tra i miei amici c’è tanta rabbia, frustrazione e tristezza. Sia inglesi, che europei. Il problema, però, è che Londra, non è il Regno Unito. Non lo è da 40 anni. E, mai come oggi, questo salta subito all’occhio. In più ci sentiamo “rinchiusi” dentro Londra, dato che fuori Londra il resto del paese ha scelto il “Leave” , l’uscita».

Pensi che ci saranno ripercussioni anche sulla tua occupazione? 
«Non lo so cosa succederà per il lavoro. Cameron ha detto che fino a ottobre non ci saranno problemi per gli Europei che vivono in Gran Bretagna. Nonostante ciò, è tutto davvero molto confuso anche perchè il “Leave camp” non ha mai detto cosa succederà in caso di Brexit. Certo è che molte aziende avevano chiaramente detto che avrebbero pensato di spostare le loro sedi altrove in caso di uscita dall’U.E. In più ora che Cameron ha annunciato le sue dimissioni tutto è nel caos. Io sono preoccupata per la svolta xenofoba e razzista della Gran Bretagna. Per gli italiani ed europei cresciuti pensando che il Regno Unito fosse la terra dell’inclusione, delle grandi opportunità, e della tolleranza questo è uno shock enorme».

Anche Giulia, trentunenne udinese, non nasconde la propria perplessità: vive nella capitale del Regno Unito dal 2015 per motivi di lavoro e familiari. «Ho sempre voluto vivere qui perche mi pareva una citta in grado di offrire scelta e libertà, ma l'intera esperienza del referendum ci ha lasciato un po' deluso. A mio parere il risultato non dà una risposta chiara sull'opinione popolare, e decisamente non giustifica un evenuale uscita dall'UE - che comunque deve essere confermata dal governo. Quello che ci ha però lasciato piu sorpresi è stata la campagna di manipolazione, che si è basata esclusivamente su un messaggio di paura e non sui fatti. Da entrambi i lati»

Che cosa succederà? «Non ci sono ancora certezze: lavorando nell'ufficio regionale di una grossa compagnia austriaca, i rapporti con l'unione europea hanno un impatto abbastanza importante sulle mie attività. Ci sarà sicuramente un fastidioso periodo di aggiustamento, con nuove regole e nuove procedure per le importazioni, più qualche correttivo temporaneo dei tassi di cambio. Però non credo ci saranno grossi cambiamenti nei prossimi 2 anni».

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