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Cronaca

Coldiretti Fvg a Roma contro l’invasione dei cinghiali, in Fvg 15mila esemplari

Davanti a Montecitorio migliaia di agricoltori, allevatori, cittadini, esponenti istituzionali e ambientalisti contro l’invasione degli animali selvatici

Sono15mila i cinghiali in Friuli Venezia Giulia. La stima della Coldiretti Fvg arriva nel giorno della manifestazione nazionale che vede una delegazione regionale della Federazione a Roma a testimoniare la gravità di un fenomeno che devasta i campi e costringe gli agricoltori alla risemina.

 «Il nodo – conferma il presidente di Coldiretti Fvg Michele Pavan – sono normative superate che impediscono di ridurre la popolazione dei cinghiali, e dunque si tratta di agire a monte. Come denunciamo da tempo, tuttavia, la presenza incontrollata di cinghiali, ungulati, corvidi, colombi e altro è diventata insopportabile. Non è più possibile seminare, vedersi invasi dai cinghiali e dover riseminare un’altra volta». Di qui la convinta presenza al blitz davanti a Montecitorio, assieme a migliaia di agricoltori, allevatori, cittadini, esponenti istituzionali e ambientalisti contro l’invasione di cinghiali (più che raddoppiati in Italia negli ultimi dieci anni, si è superata quota 2 milioni) e animali selvatici.

L'allarme

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità del problema, gli agricoltori della Coldiretti hanno provocatoriamente portato in piazza un pentolone gigante di polenta e di spezzatino di cinghiale, oltre a cartelli con le foto degli incidenti provocati sulle strade del Paese (10mila all’anno causati dagli animali selvatici, 13 morti da gennaio a settembre 2019, erano stati 11 nel 2018) e dei danni nelle campagne. C’è chi si è trovato un centinaio di cinghiali a pochi metri dalla porta di casa; chi raccoglieva il mais di sera col trattore seguito passo passo dal branco che mangiava le pannocchie rimaste, senza essere neppure disturbato dal rumore; chi ha visto i cinghiali arrampicarsi sulle vigne per mangiare l’uva. Una situazione che costringe le aziende a lasciare i terreni incolti, stravolgendo l’assetto produttivo. Chi si è visto distruggere più volte il campo di mais o di girasoli sceglie alla fine di non seminare più. Il rischio è che venga meno la presenza degli agricoltori, soprattutto nelle zone interne, e con essa la costante opera di manutenzione che garantisce la tutela dal dissesto idrogeologico. Serve responsabilità nella difesa degli allevamenti, dei pastori e allevatori che – sottolinea Coldiretti – con coraggio continuano a presidiare anche i territori più isolati e a garantire la bellezza del paesaggio e il futuro del Made in Italy agroalimentare. «Non è più solo una questione di risarcimenti, ma è diventato un fatto di sicurezza delle persone che va affrontato con decisione – sottolinea il presidente nazionale Ettore Prandini –. Serve agire in modo concertato tra Ministeri e Regioni, Province e Comuni, avviare un piano straordinario senza intralci amministrativi, rendere ancora più efficaci i piani di contenimento e allargare le maglie di intervento perché altrimenti la questione è destinata a peggiorare».

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