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Cronaca Lestizza / Via San Giovanni Bosco

Gravemente malata, senza luce e gas: l'appello disperato di una donna

La vicenda di Celeste Toson, residente col marito a Sclaunicco di Lestizza. Il racconto di una vita tra troppe difficoltà

«Non so quanto mi resta da vivere dopo quello che mi è stato diagnosticato, ma vorrei un minimo di dignità. Aiutatemi». La richiesta arriva da Celeste Toson, originaria dell’Argentina - è figlia di emigranti di ritorno - e residente a Sclaunicco di Lestizza dopo aver passato buona parte della sua vita a Cervignano. La signora Toson, 60enne con un’invalidità del 67%, racconta una storia dura, di indigenza, malattie e difficoltà che sembrano aver travolto lei e suo marito - anche lui invalido al 75% a causa di una cardiopatia - in maniera inesorabile

Mobilitazione per Celeste Toson: i primi aiuti in arrivo

Lo stato di salute

«È da dicembre che sto particolarmente male - spiega -. Non avevo i soldi sufficienti per una visita a pagamento, e così sono andata avanti aspettando. Appena mi hanno vista i medici hanno capito che si trattava di qualcosa di grave, e il 6 giugno sono stata ricoverata. Mi hanno operata l’8, in ginecologia. Prima dell’intervento mi avevano assicurato che mi avrebbero applicato una pompa antalgica con della morfina appena terminato tutto. Me l’hanno messa solo la sera, quando ero fuori di me dal dolore, e funzionava pure male. Alla sera è pure andato fuori vena l’ago. Il braccio e la mano si sono gonfiati e sono diventati neri. Ho chiesto aiuto all’infermiera di turno, ma mi ha detto che la cosa non era di sua competenza, rifiutandosi di togliermi l’ago. Dopo un paio d’ore di sofferenze, su indicazione del mio legale, ho prima chiamato i carabinieri, che mi hanno detto di avvisare subito il 118. Pensavo che mi avrebbero presa per pazza, ma sono arrivati e mi hanno tolto tutto». Le cose non sono migliorate in seguito all’intervento. «Adesso sto peggio - ammette Celeste -. Non so più quanto mi resta da vivere. Nonostante l’operazione il tumore si è già infiltrato. Dovrei cominciare a fare la radioterapia, ma non so se ne ho la forza viste le condizioni limite in cui mi tocca vivere».

La condizione economica

«Dobbiamo vivere con i 1000 euro di pensione di mio marito - racconta Celeste -, che non può più lavorare dopo una vita da gruista e autista a causa dei problemi al cuore, ma tolto l’affitto e un debito che dobbiamo estinguere (sui 600 euro complessivi) ci resta ben poco per vivere. Ci hanno tagliato la luce e il gas (le utenze sono con Agsm energia) e pare non ci sia possibilità di rateizzare. Per caricare un po' il cellulare vado dalla mia vicina. Non avrei mai pensato di arrivare in una situazione del genere, abbiamo venduto anche le fedi per pagare le bollette. Senza energia, come potete immaginare, non è possibile fare nulla. Sono reduce dall’operazione e non posso nemmeno lavarmi, dovrei tenere dei medicinali in frigo e invece mi tocca cercare i posti più freschi della casa per sperare che non vadano a male».

L’avvocato

La situazione di Celeste e del marito è stata presa a cuore dall’avvocato romano Alberto Biasciucci, conosciuto per essere stato uno dei legali di parte civile nel processo relativo alla morte del piccolo Claudio, un bambino di 16 mesi gettato dal padre nel Tevere da Ponte Mazzini nel marzo del 2012. «Mi ha contattato via Facebook - spiega il legale - , proprio perché Cleste era rimasta colpita dalla tragedia di Claudio e mi seguiva. È una donna molto sensibile e merita una mano. Ho contattato l’amministrazione comunale, i carabinieri, l’Asp Daniele Moro di Codroipo e la Croce Rossa. Non si è mosso ancora nulla. È davvero una situazione disperata, questa gente ha bisogno di aiuto. Capisco che con le utenze sono morosi, è indiscutibile, ma ci vorrebbe un po’ di umanità».

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