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Cronaca Premariacco

Morta in piscina a 11 anni, la Cassazione conferma la responsabilità dei gestori

L'analisi del caso e la necessità di sicurezza negli impianti dell'avvocato Nicola Cannone

La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità dei gestori del circolo privato “W La…”per la mancata predisposizione del servizio di salvataggio in occasione della morte della piccola Aurora Vulcano, di soli sette anni, il 10 luglio del 2011

La vicenda

La piccola era andata a trascorrere la domenica pomeriggio al circolo sportivo assieme al papà. Intorno alle 14.30 un bagnante notò il suo corpo sul fondo della piscina; la piccola si era divisa per qualche minuto dal genitore, alla ricerca di uno scivolo con cui giocare.

L’analisi

Come dovrebbe tutelarsi una struttura in questo caso, per garantire ai bagnanti il massimo livello di sicurezza? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Nicola Cannone, che oltre a esercitare la professione di legale a Udine ha conseguito il brevetto di assistente bagnanti e svole, come volontario, il servizio di salvataggio in manifestazioni sportive acquatiche con la Lifeguard Academy di Gemona del Friuli.

Qual è la disciplina normativa sugli impianti?

“La sentenza attiene a un fatto del 2011, quando la legge regionale del Fvg 1/2018, che detta le disposizioni in materia di sicurezza delle piscine a uso natatorio, non era ancora in vigore. È bene premettere che la normativa regionale vigente prevede, in maniera incondizionata, l’obbligo di predisposizione del servizio di salvataggio per tutte le piscine pubbliche o private aperte al pubblico".

Ci sono situazoni “equivoche”?

"Qualche zona d’ombra permane con riferimento alle piscine definite “a uso collettivo”, cioè quelle inserite in strutture già adibite ad altre attività ricettive, accessibili ai soli clienti o soci della struttura stessa. In questo caso l’obbligo dell’approntamento del servizio di salvataggio è rimesso alla previsione di una specifica disposizione di un regolamento di attuazione, che però non è mai stato emanato. L’accordo della Conferenza Stato-Regioni del 16.1.2003 sulla vigilanza delle piscine, da cui trae origine la citata legge regionale, non pare ammettere alcuna deroga di sicurezza in materia se non, a tutto concedere, per le piscine con profondità inferiore a 60 centimetri".

La Cassazione è intervenuta considerando questa “lacuna”?

"Esatto. Proprio su questa zona d’ombra interviene la sentenza della Suprema Corte. Il fatto era avvenuto in un circolo privato in cui dovrebbero essere ammessi solo i soci. La sentenza tuttavia sgombra il campo da qualsiasi dubbio, affermando che l'obbligo di approntare un servizio di assistenza bagnanti qualificato a bordo piscina discendeva comunque dalle disposizioni del secreto ministeriale 18 marzo 1996, che si applica agli impianti sportivi nei quali si svolgono manifestazioni e attività sportive regolate dal Coni, a cui i gestori della piscina erano affiliati, con il conseguente obbligo di rispettare la relativa normativa di sicurezza. La Corte rileva inoltre – e non pare superfluo ricordarlo – l'irrilevanza giuridica dell'impegno scritto, assunto dal genitore all’atto dell’accesso alla piscina, di sorveglianza del proprio figlio minore, perché ciò consentirebbe di eludere facilmente le fonti normative da cui discende l’obbligo di approntamento del servizio di salvataggio".

La Cassazione sembra insistere sulla necessità di sicurezza

"Si. Deve ancora essere sottolineato l’esplicito riconoscimento della Suprema Corte in ordine all’importanza del servizio di salvataggio svolto dall’assistente bagnanti, quale professionista specializzato nel primo soccorso deputato non solo ad intervenire in caso di annegamento, bensì a prevenire – in termini più generali - l'evenienza che una persona in acqua sia colta da un qualche malore improvviso che può condurre rapidamente alla morte qualora manchi un tempestivo soccorso".

È un caso paradigmatico quello della piccola Aurora?

"Certo. La questa sentenza rappresenta un importante arresto sul generale necessario rispetto delle esigenze di sicurezza degli utenti che dovrebbe governare la gestione di un impianto natatorio, considerati i rischi intrinseci che derivano dall’immersione di un corpo nell’acqua. Tale rischio impone un obbligo di prevenzione per il gestore, adibendo alla sorveglianza un assistente ai bagnanti, quale soggetto – definito dall’articolo 11 della legge regionale 1/2018 – abilitato alle operazioni di salvamento e di primo soccorso, che vigila sulle attività che si svolgono in vasca e negli spazi perimetrali della stessa".
 


 

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