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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Casa delle farfalle di Bordano: quello che non è stato detto

La versione dei fatti descritta da Stefano Dal Secco

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di UdineToday

La vicenda "Casa delle farfalle" di Bordano ha riempito qualche pagina di quotidiani e magazine, negli ultimi mesi. Tuttavia ci sono degli aspetti che non sono stati descritti e raccontati. La versione dei fatti di Stefano Dal Secco, pubblicata sul suo blog. 

Sulla querelle relativa alla Casa delle Farfalle di Bordano, in questi mesi sono state dette e scritte una lunga serie di verità estremamente parziali e di inesattezze, fino ad alcune affermazioni completamente (e strumentalmente) false.

Non ho ritenuto di intervenire, fino a questo momento, perché le polemiche fanno perdere un mucchio di tempo che può invece essere impiegato in maniera più proficua o più piacevole e non ottengono mai alcun risultato. Tuttavia, dal momento che durante la conferenza stampa indetta per il 6 marzo dalla cooperativa Pavees, un piccolo ma compatto fronte di soci e amici di quest’ultima, ha iniziato a mettere in moto la “macchina del fango” nei confronti della nostra azienda, ritengo opportuno intervenire per far chiarezza su alcuni punti.

Preciso intanto che intervengo in quanto presidente della cooperativa “Farfalle nella testa”. La nostra società è stata fondata nell’autunno scorso e sta oggi lavorando alla realizzazione di un progetto di serre tropicali simili a quella di Bordano in due diversi capoluoghi della penisola, inoltre sta fornendo consulenze scientifiche e didattiche e realizzando allestimenti museali, sia sul territorio dove ha sede (Bordano) che a livello nazionale; è infine impegnata in alcuni progetti di ricerca sia in Italia che all’estero. Inoltre concorreremo alla prossima gara per la gestione della Casa delle Farfalle di Bordano. Sono anche stato il presidente della cooperativa Pavees (che gestisce da 11 anni la Casa delle farfalle) durante la scorsa stagione. Credo quindi di poter parlare di un paio di cose con cognizione di causa.

La Casa delle farfalle chiude

Sembra che non si parli d’altro. Continuano ad arrivarmi messaggi e telefonate di conoscenti e colleghi che chiedono se davvero la Casa delle farfalle stia per chiudere. Spero proprio di no, ma ho riletto gli articoli della stampa locale e i siti web, e non ho trovato traccia di questa minaccia. È palese che la stagione inizierà molto in ritardo e si perderanno mesi preziosi; questo non sarà un bene per nessuno e tanto meno per noi o per chiunque altro riuscisse a vincere questa gara e dovesse affrontare una furiosa lotta contro il tempo.

È stato detto, durante la conferenza stampa che “l’altra cooperativa, quella con tre ex presidenti” (non credo ve ne siano altre che ricadono in questa condizione quindi mi ritengo chiamato in causa) godrebbe di un vantaggio dal ritardo con cui è stata indetta questa gara. Ancora meglio, si è detto che si è tirato per le lunghe proprio per favorire noi! Ho immaginato ovviamente che si trattasse di una battuta di spirito! (e penso sia sciocco querelare i comici). L’obiettivo che avrebbe l’eventuale assegnatario sarebbe quello di aprire al pubblico un’attività basata sulla stagionalità con un ritardo di mesi, e avendo davanti almeno un ulteriore mese in cui dovrebbe solo spendere per adeguare le strutture e in cui ogni giorno mancata apertura sono biglietti non staccati e incassi perduti. Se qualcuno racconta che questo stato di cose fa comodo a un nuovo gestore non credo abbia chiaro cosa significhi il piano finanziario di un progetto di questo tipo. Ogni giorno che passa, per noi come per un qualunque altro attore che si proponga di gestire la Casa delle farfalle, è un dramma. Chi da tutto questo ne ha il danno minore può essere solo chi ha già tutto pronto e può aprire il minuto successivo all’eventuale assegnazione.

Di chi è questa casa?

A nessuno sembra che si stia facendo una terribile confusione (che torna molto utile ad alcuni) tra la cooperativa Pavees  e la Casa delle farfalle?

Un consigliere regionale è intervenuto stupendosi dell’inaudita bagarre riguardo a questa gara, come non ne aveva mai viste di simili in una semplice situazione come dovrebbe essere questa. C’è tanto rumore e tanto sbattere di pentole proprio perché esiste un’ambiguità di fondo su che cosa sia e di chi sia la Casa delle farfalle, un’ambiguità che fa gioco all’attuale gestore, che può organizzare campagne al grido di “salvate le farfalle” (che suona molto meglio di “salvate la mia azienda”). La Casa delle farfalle è stata creata da alcuni amministratori che oggi sono tornati a essere dei privati cittadini; è poi stata gestita per 11 anni da una società cooperativa che ha fatto molte buone cose. È stato un colpo di genio, crearla, ed è stata ammirevole la determinazione con cui tante persone si sono succedute nel gestirla e farla crescere.

Tuttavia rimane proprietà di un ente pubblico (e perciò di tutti) che la affida in gestione a chi meglio è in grado di svolgere questo compito. Non ne ha l’esclusiva il politico che ha avuto l’idea di crearla, e non ne ha l’esclusiva l’azienda che l’ha avuta in gestione fino a ieri. Pavees parteciperà certamente alla gara, così come vi parteciperà la mia azienda. Ma vorrei sapere che cosa c’è di disdicevole nel fatto che un soggetto che non si chiami “cooperativa Pavees” voglia proporsi per questo compito partecipando a una gara pubblica?

Ex presidenti che complottano

Nella cooperativa “Farfalle nella testa” non ci sono solo 3 ex-presidenti che hanno dato di matto, ma c’è buona parte della cooperativa Pavees di un anno fa (e quella di 2 anni fa e quella di 5 anni fa), compresi presidenti, responsabile scientifico, direttore, responsabile didattico, guide, keepers (i curatori degli animali), medici, grafici, ufficio stampa, e tanti altri soci operativi che hanno lasciato la Pavees nel corso del 2013. La nuova cooperativa ha quasi 30 soci e una parte significativa sono ex Pavees.

Dall’autunno dello scorso anno molte di queste persone hanno iniziato a studiare, a incontrarsi, a progettare, a scrivere, per cercare di creare il miglior progetto possibile, con la migliore squadra, le migliori collaborazioni e far tornare la Casa delle farfalle ancora migliore di quella che è stata, per i visitatori e per chi ci lavora. Fin dallo scorso autunno, molti di questi collaboratori hanno iniziato però a ricevere lettere che li accusavano di ogni tipo di bassezze, si sono sentiti apostrofare in pubbliche assemblee con epiteti poco edificanti, sono stati minacciati fisicamente, si sono visti ricordare che “io e te siamo in guerra” e “se ti metti con loro qui non lavori più”.

Non che il bullismo mi faccia paura, ma mi fa arrabbiare, e ancora di più mi fa arrabbiare il fatto che oltre ai molti collaboratori che sono usciti da Pavees, ve ne sono alcuni altri che pur volendolo non hanno potuto farlo, dal momento che non avrebbero potuto permettersi di perdere il lavoro, qualora la gestione fosse rimasta alla Pavees. E questa cosa, al di là di ogni altra considerazione che troverete in queste righe, per me è abominevole.

Sediamoci a un tavolo e vogliamoci tutti bene

Le persone che l’altro giorno ho visto, melliflue, chiedere di trovare una mediazione, sono quelle stesse che nel 2013, per sei mesi di fila, non hanno voluto cedere su una virgola, con nessuno. Io lo scorso anno ho fatto per sei mesi il presidente come volontariato, in quella azienda, la maggior parte dei quali spesi a cercare inutilmente un tavolo di mediazione per non far perdere posti di lavoro, per provare di nuovo a lavorare insieme, per non perdere alcune delle persone per le quali Pavees era “casa”.

Quelle stesse persone che oggi raccontano alla stampa che “hanno un sogno” e che “mettono il cuore in questo progetto”, fino all’altro ieri hanno preso in giro fino a farli piangere (e non lo dico in senso metaforico) i collaboratori che lavoravano il doppio delle ore per cui venivano pagati dal momento che credevano nel progetto Casa delle farfalle, i collaboratori che si vedevano negare il saluto dai dirigenti. Questi che ora “hanno un sogno” mi spiegavano allora che “i collaboratori che ci mettono il cuore sono quelli che fanno fallire le aziende”.

Un’azienda sana

Meno di un anno fa in assemblea della cooperativa Pavees, veniva ribadito con toni di voce affatto sereni che “questa azienda sarebbe in liquidazione da tre anni se non fosse per i contributi pubblici”. Oggi quelle stesse persone dichiarano che la stessa cooperativa è una realtà che “si regge sulle proprie gambe”. Insomma, quale è la verità: è un’azienda sana o è in punto di morte?

Io so per certo che questa azienda era una meraviglia, era il posto di lavoro più bello in cui mi sia capitato di stare, e i visitatori respiravano quell’atmosfera, e ti dicevano che non capivano il motivo ma a Bordano c’era un’aria diversa da tutte le altre. Io credo di sapere perché, e non si tratta di farfalle, tartarughe e camaleonti. Io so che alla Casa delle farfalle c’erano un tempo persone che accoglievano i visitatori con un sorriso grande e tutti i denti in parata, persone con preparazione e grande voglia di fare.  Persone che sono cresciute insieme e che a un certo punto riuscivano a fare cose straordinarie solo con l’intelligenza e la determinazione, e mezzi economici risibili. A Bordano si riusciva a chiudere il bilancio e a stare allegri.

Da qualche anno il mio lavoro è quello di gestire società, ovvero di far lavorare insieme le persone. Oggi molte delle persone che erano alla Casa delle farfalle sono in questa nuova squadra, e come succedeva un tempo tornano a lavorare insieme ridendo. Stiamo portando tutta l’esperienza e la professionalità che si è formata all’interno della Casa delle farfalle in giro per l’Italia e nel mondo. Tuttavia io ho scelto di abitare a Bordano, alcuni anni fa, e molti di noi hanno un grosso pezzo di cuore dentro a quelle serre. Quindi ci piacerebbe poter tornare a fare anche qui, quello che sappiamo fare bene e abbiamo già fatto, e di farlo molto meglio ancora. Per stabilire se lo possiamo fare meglio noi oppure un’altra azienda ci sarà una gara pubblica, e non una guerra.

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