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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Adunata, banda alpina rende gli onori ad un reduce. Applausi e lacrime

È successo in centro a Treviso, per puro caso, in zona Università. La fanfara ha infatti notato a bordo strada l'anziano alpino in sedia a rotelle e gli ha tributato l'Inno, il tutto mentre l'uomo, con tutte le forze che aveva, si è alzato ed è rimasto sull'attenti con l'aiuto della moglie

È stato uno dei momenti più toccanti dell'adunata di Treviso, per semplicità ed emozione. In zona piazza dell'Università una banda alpina ha reso gli onori ad un reduce di guerra incontrato casualmente per la strada. Un momento commovente e magico, sia per gli adulti che per i bambini presenti. A documentare il tutto è stato su Giancarlo Addonisio, Responsabile UO di Radiologia all'Ospedale Civile di San Donà di Piave (VE). Ecco le sue parole:

Io non amo le armi, e dunque capite che non posso amare i soldati: sono tra quei poveri disgraziati convinti che al mondo si faccia poco all'amore, e che questa sia una delle cause di cattivi caratteri, liti condominiali, guerre civili e tra nazioni.

Poi però vado lo stesso in giro per Treviso, c'è l'adunata annuale degli Alpini, e mi godo i colori, gli odori, i suoni della festa. Cori mozzafiato, gente che ha tirato su tende piccole e grandi per dormire anche nei prati delle case di padroni benevoli, ex soldati dal cappello con la penna nera che grigliano carne bevendo birra e offrono aranciata ai bambini.

Faccio le mie foto, in fondo sono sempre un radiologo, e alla fine mi avvio verso casa. In zona università vedo due vecchi, due davvero molto vecchi: lui è seduto su una sedia, con gli occhiali scuri. Si muove a fatica mentre lei gli sistema il bavero della giacca perché, si sa, i vecchi hanno sempre freddo.

A un certo punto una banda militare, tutti con i capelli da alpino in testa e le magliette blu elettrico, si fa incontro alla coppia. I musicisti li circondano in silenzio, li mettono al centro del cerchio e attaccano l'inno ufficiale degli Alpini. Semplicemente, stanno tributando a un quasi centenario l'onore più grande: essere sopravvissuto quasi un secolo, e per giunta con quel cappello piumato in testa.

Il vecchio sente la musica, gli occhiali neri mi fanno temere che sia cieco, e con grande fatica si mette in piedi. Sta rigido, sta sull'attenti, sta con il mento in alto mentre canta silenziosamente il suo inno da Alpino. La moglie gli sta accanto e un po' lo tiene, un po' lo accarezza, un po' muore di orgoglio per quel suo marito indistruttibile, quel supereroe mutante che ha resistito alle guerre, alle carestie, al boom economico, a Fred Bongusto e alla sua rotonda sul mare, al terrorismo, alla caduta del muro di Berlino, a Berlusconi e a Prodi, ai morti in mare tra Libia e Sicilia, alle stragi mafiose, alle stragi di stato, a Ustica, a tutto. E il suo abbraccio sembra un ballo, un ballo elegante intorno al suo uomo, quello stesso che i musicisti stanno onorando come un eroe della resistenza, come mai nessun politico infame potrà essere onorato, un ballo semplice e degno di una prima alla Scala di Milano. Chiude gli occhi, la moglie, e chissà a cosa pensa quando la musica finisce e scatta un applauso interminabile che accompagna di nuovo suo marito sulla sedia, fermo sotto un sole timido da fine febbraio, coperto come un bambino, con ancora il mento orgoglioso puntato in alto.

Io avevo su gli occhiali da sole e per me è stata una fortuna. Ma forse sarebbe stato meglio se mio figlio mi avesse visto piangere: perché avrei potuto spiegargli che, ecco, questo per me è l'amore vero, l'unico per cui valga la pena di tornare a casa dopo una guerra mondiale, l'unico che giustifichi la fatica terribile di un' esistenza intera. E così avrei anche potuto dirgli che il vero amore fa piangere sempre: di gioia, o di dolore.

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