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Dalla Palestina all'Italia per giocare a calcio, la storia di Ahmed scampato all'incendio di Pasian di Prato

Il giovane palestinese Ahmed è in Italia da cinque mesi, di cui quattro passati nella struttura di Grions del Torre chiusa dai Nas

Dentro l'appartamento andato a fuoco a Pasian di Prato l'ultimo giorno del 2022, oltre a Ledjan Imeraj, morto nell'incendio, e al suo compagno di stanza ancora ricoverato in gravi condizioni, c'erano altri nove ragazzi. Ognuno di loro stava costruendo passo dopo passo la sua strada e proverà a farlo ancora. Ognuno di loro ha una sua storia. Vi raccontiamo quella del palestinese Ahmed, che quando è scoppiato l'incendio era arrivato a Pasian di Prato da soli due giorni, dopo aver passato gli ultimi quattro mesi a Grions del Torre, nella struttura sempre gestita da Aedis chiusa dai Nas per mancanza delle condizioni igienico-sanitarie. «Come dite, voi? Che sfortuna eh». Già, quasi come se il cosmo gli stesse dicendo qualcosa.

Dalla Palestina all'Italia

Quando gli chiediamo come e perché è arrivato in Italia sorride e ci dice che qui il calcio è tutto. Non possiamo dargli torto. Ma più prosegue con il racconto, più ci rendiamo conto che la sua passione lo sta davvero spingendo oltre i limiti della sventura. Prima la chiusura della struttura di Grions del Torre, poi il tragico incendio di Pasian di Prato. Ma lui viene dalla Palestina, scappa dagli orrori da quando era piccolo, e vuole farcela. Come tutti, vuole "solo" stare meglio. La sua speranza per il futuro, il suo sogno del presente, si chiama calcio. Gli chiediamo in che ruolo gioca, sorride, ci dice «Ala destra, come Mo Salah!». Per chi non lo conosce, Mohammed Salah è il forte e carismatico attaccante egiziano del Liverpool, un vero mito per i suoi connazionali e non solo. Nato in Palestina, fuggito in Egitto con tutta la famiglia quando era solo un bambino, Ahmed ha deciso poco più che adolescente di prendere il coraggio a piene mani e inseguire il suo sogno. 

Ahmed solleva la coppa con il numero 10 sulla maglia

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«Sono partito dall'Egitto per l'Albania per giocare a Tirana, stavo facendo tutti i documenti, poi è scoppiata la guerra in Ucraina e tutto si è fermato». Il suo italiano è semplice ma efficace e quando non riesce ad esprimere un concetto più complesso usa l'inglese. Gli facciamo i complimenti e lui risponde che se si vuole qualcosa, anche solo imparare una lingua in poco tempo, bisogna impegnarsi. In Italia è arrivato poco più di cinque mesi fa, dopo che si era reso conto che le cose in Albania non sarebbero evolute favorevolmente, dato che il suo visto era in scadenza. E la soluzione poteva essere solo una: mettersi in cammino. 

Albania, Kosovo, Serbia, Ungheria, Slovacchia e Austria. Un cammino lunghissimo, soprattutto se sei un adolescente lontano dalla famiglia. Ma il sogno del calcio è troppo forte e allora un confine in più da attraversare non può essere un ostacolo insormontabile, e così Ahmed finalmente arriva in Italia. Da Bolzano viene trasferito a Milano, dove rimane due settimane, da lì lo spostano a Genova, dove resta per dodici giorni e, infine, Grions del Torre. «A Genova era bello, ma in Friuli ho trovato una squadra con cui allenarmi». Non possiamo non chiedergli come era la struttura gestita da Aedis, visto il provvedimento dei Nas che ne ha disposto la chiusura. «Nessuno stava con noi e c'era acqua calda solo per pochi minuti al mattino. Non bene per la salute!», riesce a dirci sempre con il sorriso. Poi ci racconta che ad aiutarlo a giocare a calcio è stato il cuoco che lavorava nella struttura, che lui chiama affettuosamente "Bicio". Ad accoglierlo in squadra i Grigioneri di Savorgnano del Torre. 

ahmed

Il sogno continua

Poi sono arrivati i Nas, il provvedimento di chiusura e il trasferimento a Pasian di Prato. Due giorni per provare ad ambientarsi, con il pensiero di un nuovo spostamento a breve finalmente con i documenti in tasca: destinazione Pero, in Lombardia. Ancora una volta il destino però mette sulla strada di Ahmed un ostacolo. L'incendio, la morte di Ledjan, e tutti i pochi beni in suo possesso che vanno persi nel rogo, documenti compresi. «Ho aspettato cinque mesi per avere le carte e quando finalmente sono arrivate si sono bruciate». La prossima settimana Ahmed però ripartirà ancora, è emozionato. Pensa alla famiglia rimasta in Egitto, che fa il tifo per lui. Mamma, papà, tre fratelli e due sorelle. E poi i parenti in Palestina. Pensa a chi lascerà qui in Friuli, ai compagni di squadra che lo hanno visto correre sul campo di Povoletto, ai compagni di comunità e a quel magro ragazzo albanese che si imbarazzava a far vedere il suo sorriso. E ricomincia a inseguire il suo sogno. 

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