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Martedì, 23 Aprile 2024
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A Udine va il primato negativo per il consumo del suolo

Secondo i dati elaborati nell'edizione 2021 del rapporto sulla situazione italiana, il capoluogo friulano è il peggiore in regione

A livello comunale, Udine con 5,09 ettari, è al primo posto per incremento di consumo di suolo, nel biennio 2019-2020. Se si prende in considerazione il consumo di suolo con l’estensione territoriale, la città è al secondo posto come comune più consumato, con il 42,4 per cento. Al primo posto Monfalcone con il 45,9 per cento, al terzo, invece, Pordenone con il 40,6 per cento.

La situazione in Friuli

Dati che devono far riflettere ma che, a livello regionale, sono in controtendenza rispetto al resto dell'Italia. Questa la situazione che emerge dalle'edizione del rapporto sul consumo di ruolo in Italia realizzato dal sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) in collaborazione con Ispra e tutte le agenzie regionali o provinciali per la protezione dell’ambiente.

In Friuli Venezia Giulia il contesto appare leggermente migliore, quantomeno per alcuni indicatori. La regione è al settimo posto della classifica che prende in considerazione la percentuale di suolo consumato. Elevato anche il consumo pro capite (525 m2 /abitante rispetto alla media nazionale di 359). Questo indicatore è solo apparentemente consistente poiché è parzialmente dovuto alla densità di popolazione medio-bassa rispetto al panorama italiano.

L’aspetto sicuramente positivo è rappresentato dal cambio di tendenza rispetto agli anni precedenti. L’incremento percentuale di consumo di suolo dal 2019 al 2020 è, infatti, tra i più bassi d’Italia, 0,10 per cento, pari a 65,27 ettari, rispetto alla media nazionale dello 0,24 per cento. Se consideriamo il biennio precedente la quota si è addirittura dimezzata. Infine, il rapporto SNPA evidenzia come in Friuli Venezia Giulia il consumo di suolo nelle aree protette è tra i più bassi d’Italia, assieme a Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta.

In Friuli Venezia Giulia si assiste quindi a una significativa frenata nel consumo di suolo, interpretabile in termini di una migliore gestione del territorio.

La situazione italiana

A livello nazionale le colate di cemento non hanno rallentato nel 2020, nonostante il lockdown. Ormai in Italia è stato cementificato il 7,11 per cento del territorio. In altre parole, ogni italiano ha a disposizione 359 m2 di superficie cementata, negli anni cinquanta il valore calcolato era di 160 m2.

Ma quali sono i potenziali costi per l’ambiente connessi alla continua crescita delle coperture artificiali? Se il consumo di suolo mantenesse la velocità di crescita registrata lo scorso anno, nel 2030 il costo complessivo potenziale per la perdita di ecosistemi sarebbe compreso tra 81 e 99 miliardi di euro. Anche dal punto di vista dell'agricoltura ci sono dei problemi: dal 2012 ad oggi il suolo sottratto alla produzione di alimenti non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli. Colpito anche il sistema idrogeologico con l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie invece che essere assorbiti dal suolo. Con conseguenze potenzialmente disastrose in alcuni casi. e per quanto riguarda l'inquinamento, si calcola lo stoccaggio di quasi tre milioni di tonnellate di carbonio, l’equivalente di oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di km. In altre parole due milioni di volte il giro della terra.

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