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Attualità Cervignano del Friuli / Piazza Indipendenza, 34

Apologia degli spettacoli in era covid: ma quanto fa bene andare a teatro?

Regole serrate, distanziamento, posti limitati: il mondo dello spettacolo dal vivo soffre, ma i luoghi della cultura sono tra i più sicuri da frequentare e regalano tante emozioni

Non mi pento di essere andata a teatro ieri sera, non posso pentirmi: mi sono divertita, ho riso come non succedeva da mesi, ho gioito, mi sono sentita appagata e piena e ho pensato finalmente che la nostra vita di oggi è anche altro, rispetto alle legittime preoccupazioni. Mi sono sentita viva, nonostante i due posti vuoti alla mia destra e i due posti vuoti alla mia sinistra e un teatro che, in questo modo, era da considerarsi "pieno".
Però quando Alessandro Bergonzoni, dopo essere tornato in scena quattro volte spinto dagli applausi del pubblico, ha lasciato spazio al sipario che lentamente si è chiuso e alle luci che piano piano hanno illuminato la sala, un po' di malinconia mi ha preso lo stomaco. 

Avevo ancora il rumore delle mie stesse risate che mi rimbombava sul cuore che un pensiero al limite dell'angoscioso si è fatto largo: sarà sempre così? Teatri che possono tenere 1/3 delle persone e quindi rischiano di chiudere, artisti disbituati alle scene emozionati come al primo giorno di scuola, distanziamento e sorrisi nascosti dalle mascherine, compagne ormai fedeli che lasciano libertà d'espressione solo agli occhi?

Ieri non ho potuto rinunciare all'occasione di assistere allo spettacolo dell'amore (artistico) di una vita, Alessandro Bergonzoni.. ma poteva essere chiunque. Volevo tanto tornare a teatro, volevo riprovare ancora quella sensazione che solo l'arte ti da, empatia, coinvolgimento, sentimenti che esplodono nei loro colori: come si fa a rinunciare a tutto questo, così a lungo? Come si fa a viverlo con il pensiero che sia precario, che potrebbe finire, non tornare più come prima?

Se per me era questo, per lui, per Bergonzoni, erano sette mesi di mancanza dalla scena. Mi ha commossa quando lo ha detto. Ho pensato a un pizzaiolo che non fa pizze per sette mesi, a un giornalista che non scrive un articolo per sette mesi, a un insegnante che non fa lezione per sette mesi: è come tirarsi via un braccio, rinunciare a un pezzo di sé. Per gli artisti non è "solo" lavoro, è una vocazione, una passione. 

Lui ha ringraziato noi, pubblico diligente e composto ma divertito e appassionato. A me veniva da ringraziare lui e chi ha avuto la tenacia di voler iniziare una stagione teatrale in condizioni assolutamente precarie. In questo caso il Css, che ha inaugurato con lo spettacolo di ieri la stagione del Teatro "Pasolini" di Cervignano del Friuli, quest'anno titolata profeticamente "t'immaginovicino".

Mi sono guardata attorno: una poltrona piena ogni tre, una capienza ridotta, un guadagno non assicurato, non tangibile, "solo" cultura per amore della cultura. Chi lavora nello spettacolo soffre ma rispetta le regole: gli occhi erano pieni e sorridenti, nonostante tutto, nonostante le mascherine portate così diligentemente, nonostante le distanze sempre rispettate, nonostante le poltrone vuote che difficilmente si riempiranno in tempi brevi. 
E non è giusto fare paragoni, "al bar no, al parco no, per strada no": semplicemente qui sì, in questi luoghi di cultura ogni regola viene rispettata, perché la cultura è rispetto.
E allora no, non mi pento di essere andata a teatro e non mi pentirò, in questi giorni, di andare al cinema e di immergermi il più possibile nei nostri luoghi della cultura, indossando la mascherina, rispettando le distanze, lavandomi le mani, e cercando di riempirmi il più possibile di arte e condivisione.
Con rispetto.

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