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«È una questione anche di compassione, sono esseri umani come noi», il prefetto sui migranti

Il prefetto di Udine Angelo Ciuni lancia un appello ad amministrazioni e privati: "il fenomeno migratorio non si fermerà, è necessario trovare gli spazi per la prima accoglienza"

«Ho fatto richieste e lanciato appelli, ma se in un primo momento si erano fatti avanti alcuni privati, poi si sono ritirati tutti». Non fa nulla per nascondere l'amarezza per la situazione in corso, Angelo Ciuni. Il prefetto di Udine pensa con grande preoccupazione a quello che sta accadendo in Friuli Venezia Giulia in questi mesi: il flusso migratorio dalla Rotta balcanica è attivo e gli arrivi di persone migranti sono quotidiani, ma nessuno è disposto ad accogliere queste persone nemmeno per il periodo della quarantena obbligatoria nell'attesa di trasferimenti. E la situazione diventa ingestibile, dal punto di vista della gestione sanitaria ma anche e soprattutto da quella umana.

«Non dobbiamo scordarci che è una questione anche di compassione: non sono numeri, ma esseri umani come noi», commenta il prefetto Ciuni parlando con evidente scoramento. «In questo momento non ho nessuna alternativa: le persone continuano ad arrivare e io non ho a disposizione luoghi dove fargli fare la quarantena. Nessuno, tra privati e amministratori, ha voluto mettere a disposizione delle strutture e questo crea e creerà dei problemi di sicurezza pubblica e di ordine sanitario». 

«Al momento i posti per gestire la quarantena dei nuovi arrivati sono solo quattro: Tarvisio, Tricesimo, Paularo e Socchieve. Il punto è che sarebbe indispensabile avere diversi luoghi dove poter gestire gruppi di 30/40 persone, per facilitare la gestione sanitaria dell'aspetto». Occhio, però: per Ciuni non si tratta di ripristinare il sistema di accoglienza diffusa: «non posso commentare la decisione di averlo smantellato, perché è una questione politica, anche perché riguardava l'accoglienza di piccoli gruppi in appartamenti mentre qui si parla di gestire un'emergenza sanitaria in strutture più grandi».

Il secco rifiuto degli amministratori locali a mettere a disposizione caserme o altre strutture, però, sta rendendo difficilissimo il compito di Ciuni che nei giorni scorsi si è visto costretto a lasciare una settantina di persone in pullman, all'interno del parco dell'ex ospedale psichiatrico in via Pozzuolo. «I cittadini di Tricesimo si lamentavano perché non volevano vederli sulla scalinata del Santuario, ma nessuno ha accolto l'appello mettendo a disposizione un luogo: l'unica soluzione percorribile è stata quella di trovare un'area demaniale dove far sostare i pullman nell'attesa di un luogo idoneo. Avremmo potuto mettere le corriere davanti all'ex caserma Cavarzerani, ma era evidentemente una strada non percorribile, e con la collaborazione del Comune e dell'Azienda sanitaria abbiamo optato per il parco di Sant'Osvaldo».
Ieri anche le ultime persone sono state trasferite tra Gorizia e Trieste, dopo che la Caritas aveva preso in carico un primo gruppo: «è evidente che la soluzione non può essere questa, però. È utopico pensare che i flussi cesseranno, il fenomeno migratorio è destinato a perdurare e solo collaborando si può gestire senza ripercussioni questa situazione. Questo riguarda anche l'ex caserma Cavarzerani, dove tutti sono stati bravi, mediatori culturali, forze dell'ordine e anche gli ospiti che, eccezion fatta per un piccolo momento di tensione hanno sempre collaborato».
Per Ciuni sono dunque giornate intensissime, dense di impegni e decisioni delicate. «È davvero un momento complesso e molto impegnativo, non pensavo che sarei arrivato alla pensione vivendo una situazione così (al prefetto mancano tre mesi per il pensionamento, n.d.r.), ma fino all'ultimo cercherò di fare al meglio il mio lavoro, che è quello di garantire la pace sociale e il benessere per tutti».

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