A Trieste "rischio" riammissioni in Slovenia, ecco perché i migranti arrivano a Udine
Nelle ultime settimane la maggior parte dei rintracci avviene nella periferia del capoluogo friulano. Sullo sfondo il fenomeno delle riammissioni in Slovenia e la Rotta balcanica che si trasforma in un vortice senza fine
Se la possibilità di venire controllati nella fascia di dieci chilometri dal confine comporta il rischio di venire riammessi in Slovenia entro 24 ore dal rintraccio, ecco che il passaparola tra i migranti e i passeur si fa sempre più fitto e stravolge i flussi provenienti dalla Rotta balcanica. L’aumento di rintracci registrato nel territorio di Udine nelle ultime settimane sarebbe diretta conseguenza, in virtù di una precisa lettura degli elementi che contraddistinguono il fenomeno dell’immigrazione sul confine orientale, della diffusione delle notizie sulle riammissioni sia tra i diversi gruppi di migranti, sia tra i passeur che li trasportano oltre confine.
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Le Rotte
Le ramificazioni che la Rotta possiede vengono così a modificare la mappa degli itinerari – un po’ come accadde un paio d’anni fa quando la Commissione di valutazione delle domande di asilo era stata trasferita da Gorizia a Trieste, rimodulando i flussi in direzione dell’Italia. Nonostante il trasferimento degli uffici dal capoluogo isontino non rappresentasse la motivazione principale, è evidente come fosse un fattore alquanto fondamentale nella scelta del percorso. Oggi, l’impossibilità di riammettere in Slovenia i migranti fermati oltre i dieci chilometri dal confine manifesta una particolare flessibilità del fenomeno, dimostrando la capacità, da parte di chi intravede nella Rotta un affare facile facile, di interpretare le decisioni assunte in Friuli Venezia Giulia e modulare li proprio interesse a seconda del possibile spazio di manovra concesso.
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Il fenomeno: quando nasce e cos'è
Le riammissioni affondano le radici in un accordo bilaterale firmato dall’Italia e la Slovenia nell’ormai lontano 1996 e che verrebbe aggiornato sulla base di “protocolli operativi che ne modificano gli orari, i limiti nello spazio e quelli temporali”. Secondo le associazioni umanitarie che operano a cavallo della frontiera, i dettagli tecnici “non sono presenti in quell’accordo. Il testo non rappresenta neanche una legge, visto che viene fatto passare come una legge sostitutiva perfino dell’accordo di Dublino”.
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La storia di Ahmed raccontata da Euronews
Il 20 luglio scorso verso le 12 Ahmed sarebbe stato trovato dalle forze dell’ordine a Trieste nel piazzale davanti la stazione e da lì, trasferito in una tenda presumibilmente a Fernetti. Da qui, alle 17 sarebbe stato trasferito in un van e riconsegnato alle autorità slovene che, a loro volta, l’avrebbero rimandato in Croazia ed infine nuovamente nel paese da dove è partito, vale a dire la Bosnia. A pubblicare la sua storia è stata Euronews, riprendendo la personale vicenda già raccontata da Ahmed all’Ong Ipsia. Nonostante le autorità preferiscano non commentare il fenomeno, le voci si rincorrono e vengono confermate anche dalle note stampa diffuse dalla Polizia slovena.
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Le zone in Slovenia interessate dalla Rotta
Durante le ultime settimane abbiamo pubblicato numerosi report inerenti ai rintracci avvenuti oltre la linea confinaria. Le aree maggiormente interessate dalla Rotta sono sempre le stesse. Postumia, l’area del Dipartimento di polizia di Capodistria e il territorio a ridosso del monte Sneznik (Nevoso in italiano ndr), vero e proprio varco migratorio tra Slovenia e Croazia. Oggi, sembrerebbe che la maggior parte dei rintracci che avvengono invece nella zona di Udine, provengano dai cosiddetti valichi minori: Pulfero, la zona nord del Collio goriziano e, forse, perfino Uccea.
I movimenti tra Italia, Slovenia e Croazia
Le notizie che vengono inviate alla stampa da parte delle autorità slovene raccontano di riammissioni da parte delle autorità italiane, anche se nella prima metà di luglio venivano diffuse informazioni anche su quelle effettuate da Lubiana in territorio croato – ed ora, chissà perché, svanite. Tuttavia, a luglio il governo sloveno è finito nel mirino della corte amministrativa di Lubiana. La Slovenia è stata infatti condannata “per violazione del diritto all’asilo” negato “ad un 24enne camerunense”. I giudici, secondo l’Asgi, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, “scrivono che è stato violato il principio del non respingimento perché non è stato tenuto in conto del reale rischio di essere sottoposto a tortura o trattamento inumano in Croazia”.
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L'analisi e il commento
In conclusione, il fenomeno delle riammissioni porta con sé strascichi che sfiorano marginalmente il dibattito istituzionale – la politica sembra essere quasi disinteressata a tutto ciò o incapace di prendere provvedimenti. Sul campo restano i flussi, il loro significativo aumento durante i mesi passati e i tentativi di governare il fenomeno della Rotta balcanica attraverso le decisioni che, da un lato arrivano direttamente da Roma – si veda l’invio di rinforzi sulla frontiera – e dall’altro, verrebbero sbandierate dalle Prefetture coinvolte sul territorio regionale. L’ultima presunta decisione in ordine di tempo sarebbe quella relativa alla chiusura notturna dei valichi secondari.
La rivolta di Udine
Sul fronte del contrasto invece, dopo la rivolta scoppiata alla caserma Cavarzerani di Udine questa mattina, è stato lo stesso governatore del Fvg Massimiliano Fedriga a chiedere un intervento immediato. "Cacciateli subito – ha tuonato l'esponente leghista –. Entrano illegalmente e si permettono pure di fare rivolte se chiediamo la quarantena per tutelare la salute pubblica". Un problema che coinvolge i vertici regionali, spaventati dal possibile aumento dei contagi da CoViD-19 e che nasce da lontano. Se la capacità di rimodulare la tratta in base alle scelte istituzionali italiane è reale – ed il transito in Croazia e Slovenia scorre senza (quasi) nessun impedimento – allora c’è da aspettarsi che la Rotta subisca l’ennesimo cambiamento dimostrando, ancora una volta, il totale fallimento di qualsiasi gestione del fenomeno e di qualsivoglia colore politico.