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guerra in ucraina / Centro / Via Giosuè Carducci, 50

Nel cuore ucraino di Udine, tra alimenti dell'est e solidarietà

In via Carducci si trova il Mini Mix, piccolo market dove si trovano prodotti dall'est Europa: dentro lavorano Oksana e Nataliya che, in questi giorni, sono impegnate anche ad aiutare tante persone che cercano notizie dall'Ucraina e a smistare i beni raccolti per solidarietà

Oksana e Nataliya sono originarie della stessa regione dell'Ucraina, vicina al confine con la Polonia. «In quelle zone il conflitto sembra ancora lontano, ma arriverà presto. In questo momento sono i luoghi in cui si concentrano maggiormente le persone che scappano e cercano di attraversare il confine». Le due donne sono le commesse del Mini Mix, il piccolo market di via Carducci a Udine, dove si trovano per lo più prodotti ucraini e, in generale, alimenti dall'est Europa, che fa parte della catena Mix-Markt. In questi giorni è uno dei crocevia della solidarietà ma anche della ricerca di informazioni. Quando entriamo c'è il solito viavai: qui vengono a fare la spesa non soltanto le donne ucraine in città da anni, ma anche persone originarie dalla Romania, dalla Russia, dalla Polonia e dall'Italia. Il civico 50 di via Carducci è sempre stato un punto di riferimento per la comunità dell'est in città, ma vista l'ampia scelta di prodotti nonostante il piccolo spazio a disposizione, qui non è mai stato difficile incontrare anche friulani e friulane, chi in cerca di una salsa piccante, chi di una crema viso all'olivello spinoso, chi soltanto di soddisfare la propria curiosità. E per chi frequenta da tempo questo piccolo market nel cuore di Udine, non è stato difficile che la spesa diventasse una piacevole abitudine.

  • Mini Mix, supermercato ucraino a Udine

In questi giorni, però, il viavai ha una frenesia diversa, il telefono squilla continuamente, la radio è sintonizzata su canali che trasmettono notizie di guerra e dentro il negozio le persone si fermano tra i due stretti corridoi a parlare, scaricare pacchi e lasciare dei soldi. In cassa c'è un grande barattolo trasparente per la raccolta fondi a favore dell'esercito ucraino. «In realtà i soldi passano per la Croce Rossa ucraina, anche se tantissime persone ci chiedono il modo di far arrivare finanziamenti direttamente a singoli rimasti là, cosa che non è possibile». Oksana non smette di sistemare pacchi alimentari nemmeno un secondo, mentre mi parla. Gli occhi le si inumidiscono continuamente, ma è un dettaglio a cui bado io, non lei. Lei pensa ad agire, ordina pacchetti di patatine negli scaffali, si sposta dietro il bancone della gastronomia per sistemare l'etichetta della carne affumicata e poi risponde al telefono. Catturo un frammento della conversazione. «...No, signora, ha parlato con me ieri. Non possiamo mandare dei soldi a questa persona, possiamo solo parlare con le organizzazioni...». Riattacca, si gira e ricomincia a parlarmi. «Ci sono soprattutto anziani e disabili rimasti là, mia suocera è in coma in ospedale, vicino a Kiev. Sta morendo e mio marito che è in Ucraina da un po' di tempo, non può raggiungerla. Persino gli animali hanno bisogno di aiuto... a me si spezzerebbe il cuore se vedessi il mio gatto morire di fame. In tante persone ci chiedono se possiamo mandare soldi ai loro parenti o amici di amici.. ma questo non lo possiamo fare». Come Nataliya, anche lei è in Italia da una decina di anni. Per diverso tempo ha fatto la badante, sa cosa significa aiutare, sa di cosa hanno bisogno le persone fragili. Sa che sono proprio queste ultime a subire le conseguenze peggiori di una guerra. «Le guerre le fanno i potenti contro i potenti, a soffrire sono però i deboli e i civili. Persino al confine, chi aveva le macchine grosse lo facevano passare per primo, mentre gli altri erano tutti fermati per i controlli», quasi ruggisce. Mentre parliamo, una signora di una certa età paga la sua spesa e poi lascia 50 euro nel barattolo per la raccolta fondi. Poco dopo un'altra donna si ferma in cassa per dare il suo contributo. «È rumena», mi dice Nataliya. La guardo e mentre lei ricambia lo sguardo si mette a piangere. «Tutto questo non ha senso, domani potrebbe succedere a noi». So che quel "noi" probabilmente si riferisce al suo popolo di origine, ma so anche che in fondo quel noi riguarda tutti i popoli, dell'est, dell'ovest, poco importa. 

Raccolta abiti e medicinali

«Vieni, vieni che ti faccio vedere». Oksana attira la mia attenzione. Nel negozio è entrato un uomo con diversi sacchi, si dirige in fondo al market. Una ripida scala a chiocciola di metallo conduce nello scantinato, dove due volontarie stanno smistando le cose offerte da quanti hanno saputo che al Mini Mix si raccolgono beni da inviare in Ucraina. Ci sono soprattutto vestiti, ma anche medicinali. «La solidarietà è grande, ma c'è anche qualcuno che non ha capito bene come farla», mi dice una donna tirando fuori da uno scatolone alcuni oggetti, tra ironia e amarezza. Ci sono medicinali scaduti, garze usate, flaconi di unguenti aperti e quasi finiti, traverse per i letti sporche e sandali estivi logori. «Sta nevicando, in Ucraina. Non capisco cosa se ne possa fare una persona di un paio di sandali estivi e consumati. Nè di traverse sporche o medicinali scaduti... non siamo animali», dice senza celare la frustrazione. Una volta che il materiale sarà organizzato, un furgone partirà per Verona, dove c'è il centro di raccolta ufficiale, e da lì in direzione Ucraina. Oksana e Nataliya hanno parte della famiglia ancora là, impossibilitata a muoversi. «Vorremmo raggiungerli. Se sai che ti stanno portando via la casa, l'unica cosa che vuoi fare e proteggerla, unirti ai tuoi cari. Anche le donne hanno deciso di combattere, pur sapendo che è una guerra senza senso. Lui (Putin, n.d.a.) è un pazzo, non gli manca niente, ha soldi, terre e potere... non ha senso, non ha senso». Nataliya mi sorride, le chiedo se posso scattare a lei e Oksana una foto. Prendono la bandiera dell'Ucraina e si avvicinano l'uno all'altra. «Grazie», mi dicono. «Riceviamo tanta bontà, credo che molte persone abbiano capito che domani potrebbe toccare a loro». 

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