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la testimonianza / Codroipo

L'incubo di un friulano prigioniero a Shangai: "Ogni giorno qualcuno si buttava dalla finestra per farla finita"

Edoardo Petri ha vissuto per cinque anni nella città cinese che in questi giorni sta allentando le misure restrittive. Ma quello che vissuto nnegli ultimi due mesi prima di riuscire a tornare a casa resterà per sempre indelebile nella sua memoria

Edoardo Petri è tornato a casa, a Codroipo. L’uomo risiedeva da cinque anni a Shangai dove lavora come progettista architettonico con uno showroom in centro città. Ha vissuto sulla sua pelle il più duro lockdown avvenuto in Cina per contenere la pandemia da coronavirus. Ma non è facile raccontare cosa abbiano dovuto passare i 28 milioni di cittadini di Shangai negli ultimi due mesi. La cortina di fumo, censura e disinformazione creata dal governo cinese non mostra agli occhi del mondo la sofferenza e gli enormi problemi di una popolazione messa in ginocchio dalle restrizioni. Dal primo di giugno, le autorità locali hanno iniziato ad applicare tiepide riaperture alle attività commerciali, eliminando anche alcune limitazioni al movimento delle persone. Ma questa è solo una parte della storia. L'altra è che il presidente Xi Jinping ha voluto dare un messaggio forte ad un presunto gruppo di dissidenti che lo vorrebbero allontanare dal potere. Pare che proprio da Shangai ci sia in atto un movimento contro il regime e il governo abbia utilizzato questo lockdown sanitario per dare prova di cosa è capace contro chi non si piega alle decisioni del regime. Almeno questo è quello che ci racconta Edoardo quando iniziamo a parlare di quanto è accaduto. (foto e video nell'articolo)

L’intervista

Quando è iniziato il lockdown a Shangai?

Siamo stati chiusi in casa da fine marzo. Prima quando veniva scoperto un caso, isolavano il distretto o l’area e venivano testate tutte le persone che erano entrate in contatto con il positivo. Faccio un esempio, se una persona si recava in un ristorante e all’ingresso la sua temperatura era superiore ai 37,5 gradi, le autorità fermavano tutti. Facevano prima il tampone alla persona sospettata di aver contratto il Covid . Se questa persona fosse risultata positiva allora tutti presenti avrebbero dovuto essere sottoposti a screening. Tutti restavano bloccati all'interno del ristorante fino a che non fossero arrivati i risultati. A volte ci volevano anche 24 ore e quindi restavi bloccato là. Se fossi stato negativo saresti stato liberato. Mentre il caso positivo veniva portato in isolamento in appositi centri attrezzati.

Com’era la situazione prima che il governo chiudesse tutto?

Premetto che dopo una piccola parentesi in Italia, ero riuscito a tornare in Cina a settembre 2021, con non pochi problemi visto che avevano cancellato quasi tutti i visti. Qui la situazione non era nemmeno paragonabile all’Italia. Ad esempio, l'obbligo di mascherina c'era solo all'interno degli shopping mall e della metropolitana. Solo per gli spostamenti da una città all’altra dovevi procurarti una sorta di green pass grazie ad un tampone negativo. Se fossi arrivato da una zona considerata a rischio allora avresti dovuto fare una quarantena di qualche giorno. Tutto organizzato perfettamente, senza particolari problemi.

E la campagna vaccinale?

Io ho fatto Sinovac ma la campagna vaccinale è praticamente inesistente. Non c’era l’obbligo e quindi la percentuale di vaccinati è molto bassa anche nella popolazione anziana. In più pare che la copertura dei due vaccini di produzione cinese non sia molto elevata.

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