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mandi pierluigi / Pozzuolo del Friuli / Piazza della Chiesa, 1

"Grazie per la tua smisurata preghiera, Pierluigi"

Oggi si sono svolti i funerali di don Pierluigi Di Piazza

Ci sono occasioni in cui ti muovi da sola, senza accordarti con alcuno. E poi esci, e ti ritrovi circondata da amici, persone care, di quelle nei cui sguardi ti riconosci all’istante, persone che magari non vedevi da tempo, ma che sai esserci. Ma anche sconosciuti che portano dentro qualcosa di te senza saperlo, che con te condividono un pezzetto di vita, anche taciuto. Ecco. Oggi al Centro Balducci è andata così: centinaia di persone che, anche ignorandolo, sono state e – magari, chissà - continueranno ad essere una grande famiglia. Questa è, è stata e sarà per molto ancora, la forza di Pierluigi Di Piazza. Unire e non dividere, conoscere e riconoscere. Oggi è andata così, ancora: nel giorno dell'ultimo saluto a lui, la sua famiglia si è riunita. E no, le frecciate a quella parte di Chiesa che non l’ha voluto capire non sono mancate, ma non è certo questo quel che rimarrà nel cuore delle persone che oggi hanno partecipato ai funerali di Pierluigi.

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Un amico

Ah, scusate. Io l’ho sempre chiamato così, per nome. E non credo di essere l’unica. Oggi mi è stato chiesto di pensare a tre cose belle di lui e la prima che mi è venuta in mente è che a presentarci è stato un nostro amico comune, un anziano bestemmiatore che, come lui, ha sempre cercato di far del bene agli altri. E allora ho sentito che sì, chiamarlo per nome va bene, perché è la confidenza che si riserva alle persone amiche. In questi giorni ho letto moltissime testimonianze di persone che hanno sentito il bisogno di ricordarlo e salutarlo. Alcune, candidamente, confessavano di non averlo mai conosciuto. Altre hanno condiviso momenti intimi, profondi o pubblici. Un flusso di coscienza enorme, che ha continuato ad alimentarsi anche oggi, in questa casa - il Centro Balducci - che Pierluigi ha voluto costruire per farla diventare quella di quanti e quante ne avevano bisogno. Una casa oggi strabordante di persone, tante da dover cercare posto anche sui prati all’esterno della grande sala Petris del centro di accoglienza.

Le parole per parlare di lui

Durante le esequie, da uno degli appartamenti del centro si alza la voce di un bimbo, parlotta, poi grida. Penso che Pierluigi lo senta, conosca il suo nome, la sua storia. Penso che Pierluigi stia sorridendo, nel sentirlo, anche se la voce del bimbo copre le parole dell’Arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato che sta celebrando i funerali. Parole la cui formalità si scontra con l’esplosione di colore ed emozione che detta il passo di questo saluto così difficile e sentito. Intorno al feretro ci sono le bandiere più care a don Di Piazza, prete definito degli ultimi ma che non avrebbe chiuso la porta in faccia nemmeno al primo dei primi: la bandiera, immancabile, della pace, quella di Libera e quella dedicata a Giulio Regeni. «Caro Pierluigi, tu continuerai a dare luce, ispirazione a consegnarci le bussole esistenziali, quella del Vangelo nel campo della fede e quella della Costituzione nel campo della laicità. Continui ad essere testimone di una fede autentica e di una solidarietà praticata e potremo contare sui tuoi libri come il tuo testamento spirituale». Vito Di Piazza, fratello di Pierluigi, prende parola e ci parla di lui. Anzi, parla a lui, usando il tempo presente. Sospira ma non ferma il suo saluto. «Hai creduto nella Chiesa povera, perché ricca di fede e spiritualità, essenziale, accogliente e misericordiosa, ricca di pluralismo», ha detto il fratello prima di ricordare anche la sua profondità intellettuale. «Ti sei laureato in Teologia a Roma e la tesi era "Morire oggi, riflessioni e impegno per la vita". La tua laurea, purtroppo, non è stata mai utilizzata dalla Chiesa locale. Peccato. Han perso grandi occasioni e forse a qualcuno qualche dubbio spero venga, anche dopo i grandi riconoscimenti che hai avuto in questi giorni». Una frase diretta, che si è meritata l'applauso di tutte e tutti. E poi sono arrivati i saluti degli amici e delle amiche più care, a partire da don Luigi Ciotti.

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In direzione ostinata e contraria

Dopo un'ora e mezza la cerimonia ufficiale termina, i macchinoni con le autorità se ne vanno e a Zugliano rimane la grande famiglia, quella di chi si conosce o si riconosce. Rimangono i volti tumefatti che si sforzano però di sorridere, in fondo c'è il sole, in fondo si sente il profumo della primavera. Rimangono le canzoni, i cori e ancora parole: in tanti e tante vogliono salutare Pierluigi, raccontare qualcosa di lui, regalare quel pezzo di vita condiviso. E rimangono le domande, come quelle che Pierluigi sempre poneva agli altri e a se stesso. «Adesso come faremo?», sento ripetere più volte. Non so più chi abbia risposto, ma il senso lo sappiamo tutti e tutte. «Adesso tocca a noi». Noi che a Pierluigi Di Piazza ci eravamo tutte e tutti abituati, come ci si abitua a un simbolo che si ritiene immortale, finendo quasi per darlo per scontato. Noi che abbiamo il cuore avvolto di dispiacere, rendendoci conto dell’ineluttabilità di un cambiamento irreversibile, quello della morte. Noi, così impauriti di fronte al coraggio di essere noi stessi da affidare inconsciamente lo scomodo affare a qualcun altro.

Pierluigi Di Piazza è stato fedele a se stesso e a Gesù Cristo fino alla fine e sapere che ora lui, su questa nostra vita terrena, non c'è più, ci spaventa. Sapere che c’era qualcuno che viveva così, senza compromessi e pieno di fede, ci ha offerto l’alibi per continuare a nasconderci in parte o del tutto. Piangere un uomo e un prete così significa accettare di aver perso una bellezza inestimabile. Sorriderlo può voler dire che possiamo, tutti e tutte noi, fare ora la nostra parte... perché Pierluigi, da domani, riposerà finalmente sotto l'ombra di un bel fior

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