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E dopo, quale vogliamo sia la nuova normalità? Una riflessione sul post-coronavirus

Questo momento eccezionale però deve impegnare noi tutti, da cittadini e da membri di una comunità, ad avviare una necessaria riflessione pubblica. La riflessione di Ivano Marchiol, del Comitato autostoppisti, sul dopo coronavirus

La situazione difficile che stiamo vivendo ci deve far rispettare rigorosamente le indicazioni che ci vengono fornite e i nuovi limiti, a beneficio di tutti. Questo è un modo concreto che tutti abbiamo per agevolare il lavoro di chi, negli ospedali, è davvero in prima linea. Questo momento eccezionale però dovrebbe anche impegnare noi tutti, da cittadini e da membri di una comunità, ad avviare una necessaria riflessione pubblica. A quale normalità vogliamo rapidamente tornare? Per meglio dire, verso quale normalità vogliamo andare al termine di questa emergenza? Qui sotto il contributo di Ivano Marchiol, del Comitato autostoppisti Udine

Interdipendenza: comunità di valori e comunità di persone

OGGI

“È stato disposto il divieto di uscire da casa se non per esigenze lavorative autocertificabili, per esigenze indifferibili, o per motivi di salute. Aderire a queste richieste è l’unico modo per fermare la diffusione del virus. Confidiamo sul senso di responsabilità perché è in gioco la salute di tutti”. Così dicono a tutto volume gli altoparlanti del mezzo della Protezione Civile che passa per le strade vuote della città.

Ci si rende subito conto di essere parte non solo ideale ma anche materiale di una comunità, di come il comportamento del singolo può effettivamente contribuire a costruire una soluzione o, al contrario, distruggere un territorio. All’improvviso, tutti quei valori e diritti primari che davamo per scontati e immutabili, vengono messi in discussione. Nell’accettare tutte le nuove indispensabili e giuste limitazioni, in questo momento di emergenza ci si accorge in modo chiaro e concreto di come i diritti fondamentali siano strettamente collegati tra loro. Salute, libertà, sicurezza, lavoro sono una comunità di valori tanto quanto lo siamo noi. Ognuno di questi valori deve essere concretamente presente e costituisce per l’altro nel contempo un limite e un compimento.

Da molti esponenti pubblici si sente spesso il semplice refrain di “torniamo presto alla normalità”. Si sentono anche varie proposte di misure ordinarie volte ad affrontare questa situazione. L’impressione però è che siano proposte impregnate, per non dire prigioniere, dello stesso tipo di atteggiamento che caratterizzava troppo spesso la normalità dalla quale siamo usciti. Una normalità che era troppo spesso caratterizzata dalla contrapposizione e dal conflitto tra valori fondamentali, invece che dalla loro effettiva compresenza. A me sembra che troppo spesso si riteneva che le singole persone, come i singoli valori, potessero affermarsi solitari a prescindere da tutto il resto. Forse la situazione che stiamo vivendo, ci dovrebbe invece far capire che siamo parte di un tutto.

A questo punto, una delle domande che noi tutti cittadini e membri di una comunità dobbiamo porci è a quale normalità vogliamo rapidamente tornare. Per meglio dire, verso quale normalità vogliamo andare al termine di questa emergenza?
 

DOMANI

Se non esistono risposte certe e preconfezionate, esiste però la possibilità di costruire una risposta efficace assieme. Come? Possiamo partire dalle tre parole chiave dell’annuncio che abbiamo sentito fare a tutto volume alla Protezione Civile: responsabilità, salute, tutti.

Ecco che forse è giunto il momento di creare una città che metta veramente al centro delle sue azioni il rispetto e l’effettiva compresenza dei valori fondamentali che vediamo scossi in questi giorni: salute, sicurezza, libertà, lavoro. Senza limitarsi ai soliti fragili artifici, si provi invece a prendere forza dalla nostra storia, dalle conoscenze scientifiche e dalle buone pratiche. Dobbiamo tradurre in pratica la consapevolezza che siamo interdipendenti, noi e i nostri valori fondamentali. L’attenzione va dunque posta maggiormente sulle relazioni tra i soggetti e tra i valori che vogliamo promuovere, piuttosto che ad azioni di promozione di un singolo corpo sociale o di un singolo valore. Si progredisce solo assieme e nel rispetto dell’ambiente in cui siamo inseriti.

Facciamo degli esempi concreti.

Innanzitutto, dovremmo partire dal primo luogo di relazione che vede coinvolti tutti, lo spazio urbano. Uno spazio urbano che non sia più ostaggio dello “sviluppo” di una sua componente singola o, ancor peggio, di un mezzo singolo, come l’automobile. Nonostante le sue significative esternalità negative, ad essa abbiamo asservito la città a discapito di tutto il resto. Vi abbiamo infatti dedicato una quantità immensa di spazio pubblico precludendoci ogni altra possibilità. La sua presenza ubiquitaria non è però compatibile con un maggior benessere di tutti, non è compatibile con il dover rispettarci l’un l’altro e con l’effettiva compresenza di valori quali salute, sicurezza, libertà e lavoro. Dovremmo pensare a uno spazio urbano dove ci sia rispetto per la salute delle persone, che è fatto dal preliminare rispetto del contesto ambientale, e dove ci sia il rispetto della storia dei luoghi, che è fatto anche da una particolare attenzione alle attività commerciali ed economiche. Come fare? A tal proposito, esistono conoscenze teoriche e pratiche validate e in città ci sono e le competenze per metterle in pratica. Questo ripensamento dello spazio urbano significa anche rimettere al centro il commercio di prossimità e promuovere la residenzialità cittadina. Significa inoltre ragionare su una collocazione ottimale delle funzioni in città nonché promuovere e prestare maggiore attenzione a tutte quelle attività che ci consentono non solo di “sviluppare” la società ma di farla progredire. Significa cioè concentrare risorse e spazio per attività a più alto tasso relazionale, attività a più alto valore aggiunto, attività volte all’innovazione e attività di rilievo culturale. Udine lo può fare anche promuovendo nuove modalità di collegamento e dialogo tra i suoi corpi sociali e le istituzioni del suo territorio, nonché garantendo in città luoghi organizzati di espressione e creazione, unendo il sapere con il fare, la storia con il futuro. Finita l’emergenza, in questo modo potremmo andare verso una nuova normalità che metta al centro le persone e badi all’effettiva compresenza dei valori fondamentali. Una città che coltivi la propria interdipendenza, diventando un luogo con una migliore qualità nelle relazioni ambientali, sociali ed economiche. Non si tratta tanto della quantità di cambiamenti d’apportare ma della profondità di essi e del loro essere vicendevolmente concatenati, dandosi forza a vicenda.

In altre parole, la situazione che stiamo vivendo ci fa capire che siamo parte di un tutto e che senza una maggiore sostenibilità non può esserci un futuro libero e sano. Maggiore sostenibilità significa che non esiste un futuro senza un rapporto equilibrato con la natura e l’ambiente, non esiste un futuro senza maggiori responsabilità individuali, non esiste un futuro senza una solidarietà collettiva forte e continua, non esiste un futuro senza la competenza e la lungimiranza di chi decide.

E per voi, c’è bisogno di una nuova normalità?

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