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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Sopravvissuto a terremoto e al porno sul web, il Covid rischia di far chiudere il Diana

Unico cinema a luci rosse rimasto in tutta la regione e tra i pochi in Italia, il Diana ora deve fare i conti con la chiusura imposta dal Dpcm. Così fosse se ne andrebbe un pezzo di storia di Udine

Partiamo subito da una premessa, il cinema Diana o, per chiamarlo come lo conoscono gli udinesi “il Diana”, non chiude. Almeno per ora.
Costretta dal Dpcm ad abbassare le serrande come tutti i cinema e teatri, l'unica sala a luci rosse rimasta in vita in tutto il Friuli Venezia Giulia (e tra le poche in Italia) rischia però di non riaprire se le limitazioni dovessero perdurare fino a inizio 2021.

Sopravvissuto alla furia del terremoto e del web

Eppure “il Diana” ne ha passate – e superate – di difficoltà. Scampato al terremoto del 1976, quando inaugurò pochi mesi prima della scossa di maggio, il cinema era riuscito a sopravvivere anche a dispetto dell'avvento sul mercato della pornografia online. "Chi mai – si chiedevano i gestori delle altre sale a luci rosse –, entrerà più da noi quando basta un click e hai accesso a migliaia di video pornografici e per giunta gratis?".

"Costretti a chiudere a causa di un Governo di incapaci"

Andrea, amministratore delegato della società familiare che gestisce il cinema di via Cividale, invece no. Lui ha voluto resistere e lo ha fatto. “Ora però – confessa a UdineToday – se non riusciremo a riaprire a gennaio sarà veramente dura proseguire. Il Governo ha emanato queste disposizioni senza tenere conto delle tante e diverse realtà. Certo – confessa – capisco che non sia facile, ma non si può dire genericamente chiudete tutti senza prima aver valutato, caso per caso, il reale rischio o meno di lasciare aperta un'attività. Siamo quindi stati costretti a chiudere a causa di un Governo di incapaci”. E senza tanti giri di parole, Andrea il suo pensiero lo ha stampato nero su bianco su un cartello che ora fa compagnia sulla vetrina del Diana, a fianco del poster dell'ultimo film proiettato, “Detenute ninfomani”.

Una storia che parte dal lontano 1948

Il cinema aprì per la prima volta nel 1948. Nel 1976 venne poi rilevato dall'attuale famiglia di Andrea. Agli inizi degli anni Ottanta, con il fiorire del mercato a luci rosse, gradualmente passò a quel genere di programmazione. Andrea, sessant'anni, diploma da geometra e due lauree, lavora lì dal 1987 circa, prima come dipendente, poi come membro della società che ha in gestione la sala. “La mia fortuna – ci racconta – è che sono da solo e non ho dipendenti. Mi occupo di tutto io, dalla biglietteria alla proiezione fino alle pulizie. Con le normative in vigore, tra l'altro, c'è stato un impegno anche economico notevole per sanificare più volte al giorno tutto il cinema. Eppure lo abbiamo fatto. Ora, invece, hanno deciso che dovevamo chiudere, quando in realtà ormai tutti sanno che cinema e teatri sono tra i luoghi più sicuri”.

Anni fa militari e molti cittadini riempivano la sala

La sala può ospitare 250 spettatori, ma con le ultime normative anticovid i post si erano ridotti a una sessantina. “Sufficienti comunque per tirare avanti – ci racconta Andrea – visto che di solito a vedere un film ci sono al massimo poco più di dieci persone per volta”. Certo, sono lontani i tempi in cui i militari presenti in Friuli riempivano quella sala. "Anche se – precisa il gestore – non erano i soli. Anzi, i militari rappresentavano a malapena il 40% di tutti gli ingressi".

Dai mesi invernali arriva il 50% degli incassi dell'anno

Il Diana era già stato costretto a chiudere durante il primo locwdown. “Avevamo riaperto il 6 giugno – continua Andrea – pur sapendo che i mesi estivi si lavora solo per pagare le spese. Tuttavia era importante dare un segnale ai nostri clienti, nella speranza di arrivare presto ai mesi invernali quando si riesce a fatturare il 50 per cento di tutto l'anno. Farci chiudere ora è una vera mazzata. Speriamo – si augura il gestore – di poter riaprire a gennaio”.

L'affetto della clientela

Nel frattempo, già in diversi hanno chiamato il numero scritto sul cartello all'ingresso per sapere quando riaprirà. C'è da sperare nel “non c'è due senza tre” e che dopo aver vinto il terremoto e il dilagare del porno sul web, quello che per molti è un presidio della storia di Udine e di tutto il Friuli resista ancora una terza volta. E che quelle sbarre dietro alle “Detenute ninfomani” si alzino per accogliere nuovamente i clienti di quel, a modo suo, romantico, piccolo cinema di Udine.
 

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