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Quanto è aumentata la violenza domestica in Fvg nel primo mese di quarantena

Dal 2 marzo al 5 aprile 2020, nel primo mese della quarantena, oltre 160 donne in Friuli Venezia Giulia hanno chiamato un centro anti-violenza

La violenza, purtroppo, non è in quarantena. Dall'inizio dell'emergenza santiaria, i casi di violenza domestica fisica e psicologica sulle donne e sulle persone omosessuali sono notevolmente aumentati. 

Violenza sulle donne

Sono 2867 le donne che nell'ultimo mese si sono rivolte ai centri antiviolenza secondo i dati raccolti dalla rete di centri antiviolenza D.i.Re – Donne in rete contro la violenza: l'incremento, che testimonia quanto la convivenza forzata tra le mura di casa sia un fattore determinante, è del 74,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il dato che balza all'occhio, è che dal 2 marzo al 5 aprile 2020 i centri antiviolenza D.i.Re sono stati contattati anche da 806 donne (il 28% di 2867) che non si erano mai rivolte prima ai centri antiviolenza D.i.Re, ovvero persone che si sono trovate per la prima volta in situazioni di violenza: nel 2018 i nuovi casi rappresentavano il 78% del totale delle donne accolte, quindi significa che molte donne non sanno a chi rivolgersi in caso di violenza. Solo il 3,5 per cento, infine, sono transitate attraverso il numero pubblico antiviolenza 1522.

In Friuli Venezia Giulia

Durante questo primo mese di quarantena, in Friuli Venezia Giulia sono state 159 le donne considerate “vecchi contatti” a rivolgersi ai centri antiviolenza e una cinquantina i contatti nuovi, di donne che si sono rivolte per la prima volta. 

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Violenza omotransfobica

La violenza domestica, fisica e psicologica, riguarda non soltanto le donne ma anche le persone omosessuali. 

Nelle ultime settimane lo sportello ascolto/ chat amica LGBTI+ FVG, il servizio di ascolto e supporto anonimo operato da Arcigay Friuli dal 1990, ha registrato un preoccupante incremento delle richieste di aiuto da parte di persone LGBTI+ vittime di violenze all’interno dei nuclei familiari, fenomeno che già prima della quarantena veniva segnalato dagli utenti come uno dei contesti principali di violenza vin Regione, assieme a quello del bullismo omobitransfobico a scuola, che si è visto aggravato dal confinamento.

I dati

Mentre nel 2019 il servizio ha registrato un totale di 52 richieste di ascolto e supporto in 12 mesi, il numero registrato soltanto nei mesi di 2020 (da gennaio ad aprile) si eleva a 27, delle quali 21 registrate soltanto nel mese di quarantena (marzo/aprile) e 19 che corrispondono a richieste di aiuto di persone in situazioni di violenza intrafamiliare. Oltre a queste segnalazioni, è stata registrata anche una pesante aggressione verbale e fisica a una donna trans a Pordenone uscita a passeggiare il cane così 

Sportello di ascolto

In questi 30 anni di servizio di attività dello sportello ascolto, sono stati riscontrati centinaia di casi di violenza intrafamiliare omobitransfobica: le famiglie sono il primo scenario di relazione delle persone con l’esterno.  

"L'utilizzo del linguaggio in maniera persuasiva è la forma più comune di violenza che inibisce i sentimenti della persona LGBTI+", si legge in una nota di Arcigay Friuli. “Sei una bambina, il blu è per i bambini”, “Meglio un figlio ladro che un figlio omosessuale”, “I trans fanno schifo”, “Se avesse una figlia lesbica mi ucciderei”, “Non fare il frocio, smettila da piangere”, sono tra gli esempi più ricorrenti. "A questo utilizzo del linguaggio accompagnano spesso altre azioni come la mancanza di riconoscimento dell’altro, sia verbalmente sia fisicamente attraverso l'atto di ignorare volontariamente la persona, il silenziamento, la manipolazione o atti pensati strategicamente per esercitare una pressione emotiva nella persona forzandola a modificare la sua condotta e la minaccia della punizione".  

La violenza 

La principale materializzazione delle punizioni che viene riscontrata sono le proibizioni e restrizioni attuate come barriere di controllo che attaccano direttamente i gusti e le preferenze della persona LGBTI+ quando comincia a esprimere la sua sensibilità. "Altre volte, specialmente nell’adolescenza, le proibizioni toccano anche la sfera delle amicizie, e le persone LGBTI+ si vedono obbligate a rinunciare alle amicizie per pressioni e controlli mirati a evitare che frequentino persone che possano incidere nelle sue condotte. In questo contesto abbiamo riscontrato, negli ultimi anni un particolare, controllo diretto dei cellulari da parti dei genitori (controllo delle conversazioni e messaggi, rubrica, app scaricate e ricerche sul web, così come controllo fisico e confisca del dispositivo evitando così il contatto con l’esterno). Questo tipo di controllo viene spesso accompagnato da ritenzioni di supporti economici (nella misura in cui la persona dipende economicamente dei genitori) e affettivi (smetto di parlarti e non ti voglio più bene) arrivando anche alla limitazione della libera mobilità della persona come forme di pressione".  

Violenza fisica

Le punizioni si materializzano anche attraverso la violenza fisica, quella più visibile e identificabile, "che può manifestarsi in molteplici forme dallo schiaffo al pestaggio, dal tentativo di omicidio alla la violenza sessuale con fini correttivi, dall’induzione al suicidio alla tortura, una delle forme più riscontrate specialmente nella forma di terapie riparative ed esorcismi".  

Difficoltà a denunciare 

Tante persone LGBTI+ arrivano ad accettare e permettere queste circostanze di violenza con la paura che le conseguenze siano peggiori alla situazione di partenza. "Basandoci nella nostra esperienza possiamo identificare diversi fattori che incidono nella non denuncia di questi casi di violenza intrafamiliare: la paura di mettere ancora più in pericolo la propria integrità fisica, la paura di essere sbattuti fuori casa, la persuasione che altri membri della famiglia denunciano responsabilizzando la vittima delle possibili conseguenze per il nucleo familiare, la paura di essere rinnegati dal resto della famiglia, la mancanza di autostima derivata da questa situazione di maltrattamento e di conseguenza di coraggio ad intraprendere la via legale, l’ignoranza degli strumenti e le vie per sporgere la denuncia, la paura di non essere credute o essere derisi e che i vissuti vengano minimizzati da parte dei funzionari pubblici e la dipendenza economica".

Cosa si può fare?

Di fronte a questi casi viene riscontrata sempre la stessa problematica: dove possono andare le persone LGBTI+ vittime di violenza intrafamiliare in situazione di necessità se decidono denunciare e/o scappare di questa situazione e avere garantita la sua sicurezza? 
"Negli anni passati abbiamo trovato, in situazioni in cui l’emergenza lo richiedeva, sistemazioni temporanee nelle case dei volontari, ma l’esperienza ci ha insegnato che questa ovviamente non è una soluzione a lungo termine".

Casa rifugio per persone LGBTI+

Questa situazione di confinamento, con l’incremento di richieste d’aiuto e l’isolamento forzato, ne è la prova. "Perciò non possiamo altro che cogliere l’occasione per ribadire pubblicamente la necessità di una casa-rifugio in Regione per persone LGBTI+ che provengono da contesti di violenza e/o discriminazione e si ritrovano in condizioni di difficoltà. Una progetto di casa-rifugio che permetta attivare, proprio a partire da un bisogno primario e fondamentale come la casa, percorsi di reinserimento sociale, seguendo altri progetti simili avviati in altre regioni, purtroppo lontane al nostro territorio, come Piemonte, Lazio e Campania". 

Spazio di ascolto in Fvg

Arcigay Friuli, per tutto il periodo dell’emergenza Covid-19, ha attivato il servizio straordinario “chat e telefono amico SMART”, uno spazio d’ascolto telematico anonimo e neutrale dove le persone LGBTI+ avranno la possibilità di parlare di sé e delle proprie difficoltà. 
Per accedere al servizio si può una mail a sportelloascolto@arcigayfriuli.it chiedendo la possibilità di un colloquio con gli operatori e le operatrici specificando la modalità con cui preferiresti che esso avvenga (videochiamata, chiamata, chat) e le tue disponibilità (giornate ed orari). Nella mail di risposta saranno definite la giornata e l’ora del colloquio e fornito il link hangout a cui connettersi.

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