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Non c'è più acqua per tutti: l'Italia verso il razionamento

L'arrivo della nuova ondata di caldo colpisce una penisola riarsa da mesi di siccità e diverse regioni sperimentano una crisi idrica anche in aree solitamente senza emergenze. Allarme anche in Friuli

La siccità era già allarmante a inizio primavera e ora, mentre l'anomalia climatica diventa sempre più evidente con temperature record registrate a maggio, la mancanza di acqua potabile potrebbe dar luogo a razionamenti in territori solitamente esenti da queste problematiche estive.

In Italia

Se in Lombardia si va verso lo stato di crisi idrica regionale, l’incubo del razionamento dell’acqua potabile è forte nel Lazio dove la quasi assenza di precipitazioni sta diventando allarmante: calano significativamente i livelli dei fiumi Tevere e Liri, ma anche dei laghi di Bracciano e di Nemi. A segnalarlo è l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche. "Se la perdurante condizione di siccità sul Nord Italia ha permesso di concordare azioni di contrasto alle criticità idriche, il repentino precipitare della situazione in Centro Italia obbliga ad interventi d’emergenza" commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). Nel Nord Italia è in calo il livello dei grandi bacini (solo il Lario è stabile) con il lago Maggiore, che è prossimo a sfiorare nuovamente il minimo storico dal 1946, e diminuiscono le portate dei fiumi.

In Lombardia, nonostante le piogge cadute soprattutto sul Nord della regione (registrati fino a 70 millimetri), le riserve idriche restano largamente deficitarie (-51,4% sulla media e -60% sul 2021), così come quelle nivali (-77% sulla media); il fiume Adda, pur in leggera ripresa, si conferma ai livelli più bassi del recente decennio. Situazione analoga si registra in Emilia Romagna, dove piogge disomogenee hanno portato leggero ristoro agli esangui corsi d’acqua, ma non hanno impedito che il bilancio idroclimatico di alcune zone scendesse al di sotto dei minimi storici: nei bacini montani dal Parma al Trebbia, dove anche le precipitazioni sono inferiori al record  negativo; nei bacini di pianura dal Parma al Tidone; nei bacini di pianura a Nord della foce del fiume Reno, dove la pioggia caduta a Maggio è stata la metà di quella di un già difficile 2021 (mm.36 contro i 70 millimetri di 12 mesi fa). Largamente deficitaria è anche la situazione alle dighe piacentine (Molato e Mignano), i cui bacini, con poco più di 10 milioni di metri cubi complessivamente invasati, registrano la peggiore performance del quinquennio (oltre 7 milioni di metri cubi in meno rispetto all’anno scorso). In Veneto, infine, come tutti grandi fiumi del Nord continua a calare il livello dell’Adige, confermandosi ai minimi del recente decennio; in calo anche il Piave, mentre migliorano leggermente la condizioni idriche di Livenza, Bacchiglione e Brenta. Grave è anche la situazione dei fiumi toscani, dove l’ormai “torrente Arno” ha una portata pari al 27% della media e l’Ombrone è in grande sofferenza, trasportando solo 1,56 metri cubi al secondo. Piove troppo poco anche in Abruzzo dove, nei mesi scorsi si sono toccati deficit superiori al 90% (Penne: -93,3%). Nonostante le piogge, cadute però con intensità diversa da zona a zona, i fiumi delle Marche stanno tornando ai livelli del 2021 con improvvisa discesa anche dei volumi idrici trattenuti nei bacini ed ora superiori solo a quelli, scarsi, dello scorso anno. In Campania, il fiume Garigliano rimane sui livelli più bassi in anni recenti, così come si segnalano in calo i volumi dei bacini del Cilento e del lago di Conza: pertanto, il rischio siccità resta presente. Gli invasi di Basilicata e Puglia, complici le alte temperature, registrano una vistosa decrescita nei volumi trattenuti, calati rispettivamente di oltre 7 milioni e di quasi 8 milioni di metri cubi. Preoccupanti anche i dati praticamente dimezzati nell’invaso alla diga S. Anna di Isola Capo Rizzuto, in Calabria: oggi trattiene 5,98 milioni di metri cubi contro una media pari a 11,23 milioni di metri cubi negli scorsi 6 anni: praticamente riserve dimezzate.

In regione

"Richiamo la popolazione e tutti i settori della società civile ad un impegno collettivo nel ridurre gli sprechi d'acqua. Siamo nel mezzo di una prolungata assenza di piogge che sta causando siccità un po' ovunque e serve quindi una maggiore attenzione ed un monitoraggio costante anche da parte dei cittadini". È l'appello con cui l'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, energia e sviluppo sostenibile Fabio Scoccimarro ha accompagnato l'illustrazione fatta alla Giunta del rapporto sullo stato delle risorse idriche in Friuli Venezia Giulia di marzo, che fotografa una situazione preoccupante su tutto il territorio regionale. Il rapporto, redatto dal servizio Gestione risorse idriche della direzione centrale ambiente, ha messo in evidenza alcune situazioni critiche sulla portata dei fiumi. In particolare sul fiume Tagliamento, la zona tra Venzone e Osoppo risulta particolarmente delicata per la presenza della derivazione del Consorzio di bonifica Pianura Friulana. Qui, è ben evidente la "curva di esaurimento" del fiume che ad oggi ha una portata di magra spinta pari a 14 metri cubi al secondo, tra i valori più bassi mai registrati. Sul torrente But si segnala la chiusura delle centrali della società cooperativa Secab per mancanza di portata sufficiente. "Purtroppo non si tratta di un caso isolato nel territorio regionale - ha rimarcato Scoccimarro -. Dal 10 dicembre scorso si sono registrati soltanto due eventi di pioggia, peraltro non molto significativi, a gennaio e febbraio. Se si escludono queste due precipitazioni, i giorni "asciutti" dal 10 dicembre ad oggi sono stati circa cento. Le conseguenze sono tangibili sulle portate naturali dei corsi d'acqua che registrano valori di magra vicini ai minimi storici. A questo si aggiunga che i volumi degli invasi montani al momento hanno un volume complessivo di acqua immagazzinata inferiore al 20 per cento della capacità".

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