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Giovedì, 28 Marzo 2024
Animali

Il ruolo dei cani nella terapia assistita, il Progetto Àncora: un caso di successo

Abbiamo intervistato le dottoresse Tania Tessera e Roberta Fornasari, tra le responsabili del Progetto Àncora

L’epidemia da Covid-19, che stiamo ancora vivendo sulla nostra pelle, da più di un anno ha causato milioni di vittime stravolgendo in maniera improvvisa le nostre vite, lasciando su alcuni soggetti anche conseguenze fisiche. La pandemia però, ha agito anche su altri livelli, quelli meno evidenti. La socialità è diminuita in modo drastico, abbiamo cambiato tante abitudini, ma soprattutto abbiamo dovuto convivere con minori libertà di movimento.

A soffrire maggiormente di tutto questo sono i più piccoli, privi dei loro momenti di svago e, nei casi peggiori, alle prese con perdite importanti. Fortunatamente, i nostri amici a quattro zampe hanno fornito un valido aiuto ai bambini e questo è quello che ha dimostrato il Progetto Àncora ideato e avviato a Natale 2020 dalla dottoressa Eleonora Caire, responsabile di progetto, medico di medicina generale e attualmente in servizio nelle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) in collaborazione con altri colleghi Medici di Medicina Generale dell'Asl Città di Torino ed in collaborazione con le colleghe dell'Associazione "La Casa del Sole - APS”, la dottoressa Tania Tessera, psicologa referente, e la dottoressa Roberta Fornasari, coadiutore del cane.

Il Progetto Àncora è dedicato in particolare ai bambini più fragili a cui purtroppo la pandemia ha provocato sintomi legati al Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD). Abbiamo intervistato le dottoresse Tessera e Fornasari per approfondire meglio questa iniziativa.

Come e perché è nata l’idea di questo progetto?

Il Progetto Àncora nasce con l’obiettivo di essere un intervento terapeutico. In piena pandemia la dottoressa Caire si è resa conto che in quel periodo alle persone con positività Covid quello che mancava era un contatto che fosse reale. Per ovvie ragioni, questo contatto non poteva essere garantito da un altro essere umano, ma da un animale sì. Da qui è nata l’idea di impegnare le terapie assistite con i cani. Non è stato semplicissimo, soprattutto trovare qualcuno che ci desse un aiuto economico, come anche far conoscere il progetto a tutti gli enti socio-assistenziali e sanitari del territorio piemontese, ma poi siamo partiti a tutti gli effetti.

In cosa consiste la terapia e come vengono coinvolti i cani?

Sono i medici di medicina generale e delle Asl a segnalarci i pazienti che potrebbero aver bisogno della terapia. Il Covid ha effetti nel lungo termine dal punto di vista sociale, relazionale, emotivo e di socializzazione, ma anche legati all’ansia e allo stress che hanno lasciato strascichi su bambini, bambine e pre-adolescenti. Per il reclutamento, si parte da una scheda anagrafica e da una prima riunione d’équipe, poi si prosegue con una valutazione in itinere e monitoraggi ad hoc perché le capacità relazionali e cognitive sono differenti. Infine c’è un questionario conclusivo perché con le terapie assistite con gli animali più ricerche scientifiche ci sono e meglio è.

Quindi si può parlare di una vera e propria terapia?

Più che di pet therapy si può parlare di interventi assistiti con animali. Questi interventi si dividono in tre tipologie: l’attività assistita con l’animale, l’educazione assistita con l’animale e la terapia assistita con l’animale che hanno ambiti differenti. Il primo è ludico, il secondo educativo e il terzo terapeutico. I primi due, con obiettivi nobilissimi, non hanno obbligo di valutazione, non c’è prescrizione medica, non c’è obbligo di progettazione, una struttura che invece hanno le terapie che consentono anche di vedere risultati. Il Progetto Àncora è tutto collegato ai medici di base, alle Asl e alle neuropsichiatrie infantili.

Quali miglioramenti si notano nei pazienti?

Quello che si nota di più in quasi tutti i casi è la riconquista della fiducia, ma anche l’apertura verso l’altro perché, ad esempio, durante la seduta si crea una sorta di “micro-gruppo” formato dal paziente, dal cane e dagli esperti. La presenza del cane crea un setting non prestazionale. Anche chi arriva con difficoltà fatica meno a mettersi in gioco e di conseguenza si notano subito dei miglioramenti rispetto all’inizio. Più è lunga la durata dell’intervento e più il miglioramento è significativo. Da tutti i questionari e dai riscontri che effettuiamo abbiamo sempre dei rimandi positivi: la presenza del cane è subito benefica perché aumentano i livelli di endorfina e serotonina, e si abbassano quelli di cortisolo. Chi ha difficoltà motorie o relazionali, stando in una situazione rilassata, riesce a mettersi in gioco molto meglio. Anche le testimonianze dei medici che hanno effettuato l’invio e che rivisitano i bambini/e sono positive.

Come hanno reagito i pazienti che hanno partecipato al progetto?

Ci fa piacere riportare testualmente la testimonianza di Giorgia, una 14enne che soffre di una sintomatologia da PTSD correlata a Covid-19: “Dopo il Covid mi sono resa conto che mi sono rinchiusa in me stessa, i problemi e i pensieri soprattutto invadevano la mia testa ogni giorno, sono diventata molto più fredda di prima, non riuscivo a trasmettere queste emozioni, sono diventata come una cassaforte chiusa con un lucchetto. Nessuno poteva entrare e nessuno poteva uscire. Da questa esperienza ho capito che non sempre la fiducia si deve guadagnare, ma bensì si può imparare a fidarsi e ognuno di noi può trovare dei modi per superare gli ostacoli. Mi dispiace che questa sia stata l’ultima seduta e spero con tutto il cuore che questo progetto vada avanti. Aiuterà tantissime persone.”

In concreto, come si svolgono le sedute?

Le sedute sono tutte personalizzate, nessuna è uguale all’altra perché dipende dall’esigenza del bambino/a. Quello che non cambia sono alcuni momenti della seduta, come ad esempio quello dei saluti iniziali al cane e la presentazione del pet. Poi, in base al disturbo e a come si è svolto il colloquio con chi ha in cura il paziente, si costruisce la seduta, decidendo quali e quante attività si possono fare per raggiungere l’obiettivo che è volto al miglioramento. Se, ad esempio, ci sono bambini che hanno difficoltà nella motricità, si studiano dei giochi interattivi con il cane che vanno a potenziare questi movimenti. Oppure, se il bambino ha difficoltà nel linguaggio, si sfrutta la possibilità di utilizzare il canale comunicativo non verbale e spesso questo porta a maggiori probabilità di espressioni verbali spontanee, perché il pet è uno specchio e si spera che diventi una proiezione della persona. Le sedute, della durata di un’ora ciascuna, si svolgono una volta a settimana per un totale di 3-5 volte, dipende molto dalle patologie e per quelle più gravi si cerca di dare più spazio.

Per entrare a far parte della terapia, il cane deve avere caratteristiche particolari?

Il pet in quel momento è un co-terapeuta, non unicamente un membro della famiglia. Ad assisterci c’è Jackie, una labrador che è adatta per tutti i bimbi: ha fatto un corso specifico ed è seguita costantemente da un veterinario che la monitora prima che inizi il progetto, in itinere e dopo. In effetti, bisogna valutare se è stressata o meno, sia perché l’animale viene sempre al primo posto, sia perché se non sta bene, non riuscirà mai a far star bene il paziente.

Il cane impiegato deve avere una certa resilienza alle situazioni, ma anche essere in possesso di una serie di certificazioni cliniche comportamentali, perché a volte deve sopportare delle condizioni critiche: ad esempio, i ragazzi in difficoltà possono avere dei movimenti un po’ bruschi. L’animale è un motivatore, accentratore di attenzione, non giudicante, non prestazionale e permette di lavorare sull’autostima, sui miglioramenti cognitivi e motori.

Come è cambiata la visione delle terapie in cui sono coinvolti i cani?

Queste terapie sono state interrotte durante i lockdown. Ultimamente, però, c’è stata una particolare attenzione rispetto alla relazione con l’animale e al legame con lui, evidenziate anche da studi sugli ormoni e sui neurotrasmettitori che il cane riesce a stimolare. Il contatto con l’animale, durante il covid, era sicuro perché riconosciuto come vettore passivo, quindi, con attenzione alle regole igieniche, che ben conosciamo, poteva essere coccolato e ciò ha portato ad una rivalutazione di queste terapie.

Voi aiutate tanto i vostri pazienti, ma c’è qualcosa che noi possiamo fare, anche in vista del Natale?

Con la fine del lockdown, le richieste sono diventate sempre più numerose e giustamente per potervi rispondere al meglio abbiamo bisogno di fondi perché ci piacerebbe soddisfarle tutte. Se qualcuno volesse fare una donazione libera, qualsiasi somma può fare la differenza per aiutare il maggior numero possibile di persone, acquistare materiali, affittare locali. In questo momento, con i fondi che abbiamo a disposizione, stiamo effettuando meno sedute rispetto alle richieste.

Se anche voi volete aiutare il Progetto Àncora ad avere un supporto ancora maggiore, potete inviare il vostro libero contributo con bonifico a "La Casa Del Sole APS", con causale: Donazione a favore dell'associazione "La Casa del Sole APS" a supporto del Progetto Ancora - Emergenza Coronavirus; IBAN IT23B0306909606100000157236.

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