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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Sanità, sindacati uniti: "La Regione non ci ascolta da mesi, serve un confronto"

Cgil, Cisl e Uil annunciano una mobilitazione per il 22 luglio. Prevista una manifestazione in piazza Oberdan a Trieste, a pochi passi dal Consiglio regionale

Sulla sanità Regione e sindacati non si confrontano da mesi – l'ultima richiesta di un incontro è stata inoltrata il 13 maggio –, ma secondo quanto sostenuto da Alberto Monticco (Cisl) i rapporti sono inesistenti dall'esordio della giunta Fedriga. L'occasione per l'accusa è rappresentata dall'incontro che si è svolto stamane a Udine, nella sede della Cgil, alla presenza dei vertici regionali delle tre sigle sindacali maggiori. Con Monticco c'erano il padrone di casa Villiam Pezzetta e il collega Giacinto Menis (Uil), oltre ai responsabili dei compartimenti della funzione pubblica. 

Gli interventi

"Le dimensioni epocali dell’emergenza che abbiamo vissuto, e che non è ancora superata, rendono più difficile appurare come e quanto abbiano pesato, nell’amplificare gli effetti dell’epidemia, carenze e limiti strutturali del nostro sistema sanitario – attaccano i segretari –. Di sicuro, però, gli interventi da mettere in campo non possono limitarsi a una logica emergenziale e di breve periodo. Più volte abbiamo sollecitato occasioni di confronto con l’assessore: sull’andamento dei contagi, sulla gestione dell’epidemia negli ospedali e nelle casi di riposo, sugli organici e sulle assunzioni. È quanto chiediamo anche adesso, rivendicando l’esigenza di un nuovo piano di emergenza per gestire un’eventuale nuova fase di recrudescenza del contagio, ma nell’ambito di una più generale strategia di potenziamento e riorganizzazione della sanità pubblica e della rete dei servizi socio-assistenziali. Strategia che non può essere il parto di una gestione dirigistica e monocratica, ma il frutto del confronto con tutti gli stakeholder, a partire dai lavoratori e dalle loro rappresentanze. È questa esigenza di confronto – tuttora inascoltata dall’assessore e dalla Giunta – che ci porta qui oggi, assieme alle federazioni regionali del lavoro pubblico e dei pensionati, per lanciare l’ennesimo messaggio all’assessore, e che torneremo a esprimere pubblicamente, con una manifestazione che si terrà a Trieste il 22 luglio. Abbiamo sintetizzato le criticità da affrontare in dieci punti – spiegano i sindacalisti –, che non riguardano soltanto l’emergenza Covid-19, ma tutti i nodi lasciati irrisolti da ben due riforme sanitarie succedutesi nel giro di pochi anni e il cui processo di attuazione appare fermo, nonostante gli obiettivi dichiarati siano in buona parte comuni e condivisi anche dal sindacato".

Da sinistra verso destra Alberto Monticco (Cisl), Villiam Pezzetta (Cgil) e Giacinto Menis (Uil)

sindacati.cgil.cisl.uil

Le priorità

Liste di attesa. Tra gli effetti dell’emergenza c’è un pesante aggravio delle liste di attesa e dell’arretrato accumulato sulla diagnostica, su prelievi ed esami, sugli interventi chirurgici. Un quadro destinato a peggiorare ulteriormente, perché il tetto massimo di prestazioni erogabili, per evidenti motivi, potrà tornare solo gradualmente ai livelli pre-epidemia. Chiediamo pertanto all’assessore interventi volti all’obiettivo inderogabile di recuperare l’arretrato, a partire da un allungamento degli orari degli ambulatori attraverso nuove assunzioni, che a noi appare indispensabile, mentre siamo contrari a un maggior incremento del ricorso al privato. Solo così, infatti, si può garantire una sanità veramente universalistica e inclusiva, che non scarichi il problema delle liste di attesa sui cittadini-utenti e in particolare sulle fasce più deboli. Se la risposta del SSR non sarà efficace, il rischio, molto reale, sarà quello di spingere una parte della cittadinanza a decidere di rinviare o non chiedere le prestazioni necessarie alla propria salute. Resta poi l’esigenza di chiarezza verso un servizio che riguarda tutti i cittadini: non è, infatti, pensabile che gli ultimi dati pubblici sui tempi d’attesa risalga a maggio 2017. In quest’ottica si sollecita la Giunta al rispetto di quanto disposto dal Piano nazionale di Governo delle liste d’attesa per il triennio 2019-2020, recepito dalla Regione Fvg, soprattutto per quanto attiene la promozione dell’informazione e comunicazione sulle liste d’attesa, le modalità di accesso alle prestazioni, i percorsi di garanzia in caso di sforamento dei tempi massimi.

Personale. Strettamente connesso al nodo delle liste è quello degli organici. Solo l’emergenza Covid-19 ha invertito una tendenza che dal 2010 al 2018 ha visto la perdita di 600 unità tra i lavoratori del comparto. Sui numeri delle assunzioni fatte per gestire l’emergenza non abbiamo certezze: si aggirano attorno alle 500 unità, ma in molti casi si tratta di personale precario. E questo non ha impedito che tra marzo e maggio, cioè in tre mesi, siano state prestate ben 57mila ore di straordinario, per un valore mensile pari a 128 lavoratori a tempo pieno. Qual è il numero delle assunzioni effettuate azienda per azienda? Quanto pesano, tra queste, i contratti a termine e precari? Perché in alcune realtà, come Pordenone, questi contratti non sono stati rinnovati? E quali sono i programmi di assunzione per garantire, oltre al pieno riassorbimento delle liste di attesa, il recupero dei posti persi dal 2010, un più efficace gestione di nuove emergenze e il diritto alle ferie e al riposo del personale, oltre a un giusto riconoscimento per la dedizione con cui i lavoratori hanno affrontato l’epidemia? In questo contesto va altresì prestata massima attenzione ai lavoratori somministrati che hanno lavorato durante l’emergenza nei reparti Covid e che non si sono visti rinnovare le missioni di lavoro e vanno verso l’esclusione degli incentivi regionali previsti per Covid.

Rapporto pubblico-privato. Nel 2019, come noto, la Giunta regionale ha aumentato dal 3,8 al 6% la quota di spesa sanitaria dedicata al convenzionamento con i privati. Questo ha significato un aumento annuo pari a circa 50 milioni delle prestazioni private erogate in convenzione. Non può essere questa la strada per affrontare la crescita delle liste di attesa. L’emergenza Covid ha confermato in modo inequivocabile l’importanza fondamentale di un servizio sanitario pubblico forte e solidamente finanziato. Per questo ribadiamo con forza il nostro no a un maggiore ricorso al privato e rivendichiamo un deciso e coerente piano di potenziamento della sanità pubblica, in linea con le politiche e le strategie di investimento individuate a livello statale ed europeo.

Risorse. È in atto un confronto sulle risorse da destinare alle Regioni speciali, fondamentali per le politiche di bilancio della Regione nella sanità, che assorbe il 50% nella spesa, ed extra sanità. Nondimeno esiste già una stima di ripartizione, pari a circa 450 milioni, che dovrebbe consentire non solo di mettere in sicurezza la spesa corrente, ma anche di varare un piano di rafforzamento che giudichiamo, come detto, indispensabile.

Mes. Sempre a proposito di risorse, il ricorso al Mes rappresenta a nostro avviso un’opportunità imperdibile, e auspichiamo che sia così anche per la Giunta. Chiediamo di spingere sul Governo per l’utilizzo di questa fondamentale leva, che può portare in dote, secondo le attuali stime, 700 milioni per il potenziamento del nostro servizio sanitario regionale.

Emergenza in sanità. A meno di non mettere il carro avanti ai buoi, prima di parlare di nuovi piani emergenza bisognerebbe avere chiari i numeri dei contagi sugli operatori, distinti per azienda e reparti. Questo anche per analizzare le criticità e le cause dei contagi (carenza di Dpi, tardiva attuazione dei protocolli, ecc.). Ma i numeri dei contagiati non ci sono mai stati forniti, se non nelle prime settimane dell’emergenza. Chiediamo di metterli a disposizione affinché il confronto parta da dati certi e condivisi.

Emergenza nelle case di riposo. Allo stesso modo chiediamo un bilancio trasparente sulla gestione dell’emergenza nelle case di riposo: il numero di contagiati tra gli operatori e tra gli ospiti, i decessi, i rapporti tra la mappa dei contagi e dei decessi struttura per struttura, per comprendere come le croniche carenze negli standard residenziali e assistenziali di molte case di riposo, in particolare polifunzionali, possa aver impedito o ritardato l’adizione di contromisure adeguate. Chiediamo inoltre come sia stata affrontata l’emergenza a Trieste dopo l’abbandono dell’opzione nave-ospedale, che era stata individuata come l’unica adatta a soddisfare i requisiti di urgenza nell’isolamento e nel ricovero dei contagiati. E giudichiamo improrogabile una politica che affronti in modo serio una gestione diversa della non autosufficienza, più attenta anche alla dimensione umana, individuando nuovi strumenti per una politica di forte abbattimento delle rette, oggi insostenibili per molte famiglie. Non si tratta soltanto di mettere mano ai regolamenti, ma di ripensare profondamente il modello di risposta ai bisogni delle persone anziane e fragili, partendo dalla parola d’ordine della domiciliarità e dalla messa in rete dei soggetti, attualmente non coordinati, che si occupano quotidianamente di questi bisogni: istituzioni sanitarie, famiglie, Comuni, Mmg, terzo settore e volontariato.

Servizi territoriali. Lo svuotamento dei reparti di pronto soccorso durante l’emergenza, se da un lato è stato indubbio fattore di riduzione dei livelli essenziali di assistenza, è anche la dimostrazione che un’adeguata politica di investimento sui servizi territoriali sarebbe in grado di rispondere meglio a una mutata domanda di salute e di servizi, legata all’andamento demografico e alla crescita delle patologie croniche, riducendo la pressione sulle strutture ospedaliere e migliorando la risposta ai cittadini-utenti. Chiediamo pertanto quali siano le strategie per definire e potenziare il ruolo dei distretti, l’assistenza medico-infermieristica sul territorio, la continuità terapeutica e assistenziale, investendo sulle aggregazioni ambulatoriali, sugli infermieri di comunità, su un incremento dei medici di base, sulla digitalizzazione delle prescrizioni e sulla telemedicina, sull’integrazione tra servizio sanitario e la rete dei servizi sociali dei comuni, anche in un’ottica di sostegno all’assistenza domiciliare ad anziani e non autosufficienti.

Civid-19 e nuove ondate. Alla luce delle criticità messe a nudo dalla prima ondata, va predisposto un piano di emergenza capace di intervenire rapidamente in caso di una malaugurata recrudescenza del contagio, nell’ambito di un più generale piano di potenziamento e riorganizzazione del servizio di prevenzione e protezione, della rete ospedaliera e socio-assistenziale.

Prevenzione. Chiediamo infine se esista un piano analogo anche per il rafforzamento dei dipartimenti di prevenzione delle Aziende sanitarie, invertendo un lungo trend negativo che ha indebolito la capacità di risposta del sistema, e non solo in fasi di emergenza. In particolare, urge potenziare le attività e le prestazioni volte a tutelare la salute e la sicurezza della comunità. Considerato che il Piano di prevenzione 2014-2018, prorogato a tutto il 2019, è scaduto, e in attesa del piano di prevenzione nazionale 2020-2024, va ripreso il confronto sulla valutazione del piano regionale 2014-2019 e delle possibili ipotesi successive. È evidente la necessità di potenziarlo con un cospicuo aumento di personale qualificato e formato nella prospettiva che i servizi di prevenzione sul territorio servano a ridurre il carico delle strutture territoriali e ospedaliere.
    
Non è certo in un documento breve come questo possono trovare posto tutti i temi che intendiamo discutere con l’assessore. È solo una sintesi concentrata delle priorità e delle ragioni che ci porteranno in piazza il 22 luglio, per quello che intendiamo come un estremo appello alla ripresa del confronto. Confronto ineludibile e improrogabile, se vogliamo che il livello di tensione nelle relazioni sindacali, già forte in alcune realtà territoriali, venga ricondotto a una corretta dialettica sugli obiettivi strategici e sugli interventi da mettere in campo. Se questa esigenza continuerà a non trovare risposta, la strada, per il sindacato, non potrà che essere quella della mobilitazione.

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