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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica

Patto per l'Autonomia e referendum costituzionale: le ragioni della contrarietà

Scevri da poltrone o interessi di bottega da difendere sentiamo l’importanza, come Patto per l’Autonomia, di sostenere le ragioni del "no" per il prossimo referendum costituzionale

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di UdineToday

Siamo convinti della necessità di addivenire al più presto a una vera e condivisa riforma della configurazione istituzionale, ad esempio con la soppressione di una delle due camere in Parlamento, ma non possiamo condividere questo provvedimento che riduce le forme di partecipazione democratica consegnando ancor di più alle segreteria di partito le sorti politiche e personali dei parlamentari. Inoltre, circostanza che ci dà forti motivazioni è l’evidenza che ancora una volta non si fornisce alcuna risposta alle legittime rivendicazioni di salvaguardia delle minoranze linguistiche che sono presenti nel territorio Regionale.

Demagogia al potere 

Sentiamo nei corridoi della politica, tra i referenti dei partiti che il provvedimento del taglio dei deputati e dei senatori l’hanno approvato, numerosi distinguo e un mal celato spirito di contrarietà rispetto a quanto deciso a Roma ma questo malcontento non può essere espresso. Sotto traccia c’è consapevolezza che la riduzione dei parlamentari è frutto di posizioni demagogiche tese alla ricerca del facile consenso e che non ha alcuna portata di interesse per i cittadini. La controprova? Finora nessuno parla del Referendum intestandosene la bontà e ne perora con convinzione l’approvazione. Anzi stiamo registrando un inaudito e ingiustificato silenzio che vogliamo interrompere con la nostra posizione di contrarietà. Ma procediamo per con ordine. La definizione del numero dei parlamentari ha portato fin dall’introduzione della Costituzione a ripetute espressioni da parte del Parlamento. Se inizialmente il numero di parlamentari era proporzionale alla popolazione nel 1963 si è definito l’attuale struttura fissa con 630 deputati e 315 senatori, con un minimo di 7 per le Regione meno popolose a eccezione della Valle d’Aosta che ne elegge solo uno. Il provvedimento approvato e in fase di consultazione referendaria modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione riducendo da 630 a 400 i deputati e, contestualmente, portando i senatori a 200 rispetto gli attuali 315. Anche le circoscrizioni estere subiranno un taglio con 8 deputati, contro i 12 attualmente previsti, e 4 senatori rispetto i 6 ora eleggibili. La nostra contrarietà nasce da una duplice considerazione.

Risparmio indennità

Innanzitutto la consueta populistica leva dei paventati risparmi che sono irrisori rispetto il costo complessivo della pubblica amministrazione. I minori esborsi ammonterebbero a 57 milioni di euro che rappresentano lo 0,007 percento della spesa pubblica. Per precisione, raffrontando i costi complessivi del Parlamento, si tratta di un contenimento del 3,7 percento frutto del taglio delle sole indennità poiché i costi delle strutture, personale e gestione degli immobili, rimarrebbero invariati… ben altro sarebbe l’effetto della chiusura di una delle due camere tenuto conto che la Camera dei Deputati costa annualmente circa 975 milioni di euro mentre il Senato si assesta a 550 milioni di euro per esercizio.

Indicatori di democraticità

La seconda considerazione è che se si esegue una valutazione comparativa degli effetti della riduzione dei parlamentari si apprende, nelle note che accompagnano il provvedimento alla Camera, che il Friuli – Venezia Giulia registrerà un calo di 5 deputati passando da 13 a 8 e lascerà sul tavolo 3 dei 7 attuali senatori. Una forte disparità rispetto le province autonome di Trento e Bolzano che hanno un trattamento ben più conservativo e di tutela: i deputati calano da 11 a 7 mentre, e qui la più grossa beffa, i senatori passeranno a 7 a 6. Ciò accade proprio per il ramo del Parlamento in cui è più determinante il voto di ciascun eletto, come a dire che dove la possibilità di incidere è più pervicace Trento e Bolzano hanno garantita una maggiore garanzia di pesare nei momenti decisivi della vita parlamentare. Per il Friuli – Venezia Giulia l’incidenza negativa è confermata anche nel raffronto con tutte le altre Regioni d’Italia: se la media del taglio a livello nazionale per la Camera è del 36,5 percento, contro un 39 percento, la nostra Regione registra al Senato una contrazione del 43 percento e solo Umbria e Basilicata sono trattate peggio. Il peso del taglio democratico è evidente anche a livello di comparazione con il dato dei partner europei. Se l’Italia è la sola nazione dell’Unione Europea ad avere ancora un farraginoso sistema bicamerale perfetto, con le note lungaggini per l’approvazione delle leggi, il taglio dei parlamentari non ne aumenterà l’efficacia ma darà sicuramente più potere alle segreterie dei partiti in attesa della nuova legge elettorale che ovviamente non avrà alcun riferimento alla salvaguardia delle minoranze linguistiche del Friuli – Venezia Giulia. Amara consolazione è che l’Italia sarà la prima della classe per numero complessivo di cittadini rappresentati da un singolo deputato poiché il rapporto passerà dai 96.000 italiani per ogni onorevole ai 151.000 residenti per ogni eletto. Eravamo in una posizione mediana ora porremo alle nostre spalle spagnoli (133.000 rappresentati per eletto), francesi e tedeschi (entrambi con una media di 116.000 rappresentati per eletto). Per quegli Stati dov’è presente una Camera alta il confronto con il Senato ci vedrà soccombenti dopo il taglio solo ai tedeschi (un eletto ogni 1.200.000 abitanti) ma con un eletto ogni 300.000 italiani ci seguiranno i francesi (un eletto ogni 193.000 abitanti), spagnoli (un eletto ogni 175.000 abitanti) e gli inglesi (un eletto ogni 83.000 abitanti). Mentre se tutto dovesse rimanere come è attualmente in vigore il rapporto in Italia sarebbe di un senatore ogni 192.000 abitanti.

Conclusioni

In conclusione, si è dimostrato che la riduzione dei parlamentari non produrrà un significativo risparmio e nemmeno una migliore efficacia gestionale dei due rami del Parlamento. Rimangono invece sul tappeto forti perplessità in termini di rappresentanza democratica oltreché il sentore che non vi saranno garanzie di salvaguardia delle minoranze linguistiche. Infine un’ultima considerazione. Se la logica perseguita dal provvedimento, approvato da una rilevante maggioranza dei parlamentari, è che meno politici ci sono in giro meglio si sta, è nostro obbligo evidenziare che certo, meno politici incompetenti o corrotti ci sono migliori saranno le leggi prodotte dal Parlamento: ma questo purtroppo non è garantito in alcun modo dal loro numero.

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