Stop alla guerra in Syria, Udine scende in piazza
Udine scende in piazza per protestare contro la guerra in Syria. Appuntamento sabato, in piazza Venerio, alle 17. Il messaggio del comitato organizzatore.
I bombardamenti al gas sarin che nella mattina di martedì 4 aprile hanno ucciso almeno 80 persone (di cui 20 bambini e 17 donne) a Khan Shaykhoun vicino ad Idlib, hanno confermato in modo abominevole che il vero nemico del governo di Basar Al Assad e dei suoi alleati russo-iraniani non sono i "terroristi" jihadisti o i fanatici dell'ISIS, ma la popolazione civile siriana. Per l'ennesima volta, infatti, il sedicente Presidente non ha esitato a massacrare nel peggiore dei modi decine di cittadini innocenti per assicurarsi il controllo di quelle sacche territoriali ancora estranee al suo dominio. Lo fece già nel 2013, in un sobborgo di Damasco, quando i morti furono oltre mille. Oggi come allora, la nostra impotenza ed il nostro orrore di fronte alle immagini dei civili uccisi si accompagnano all'immobilismo ed alla cecità ipocrita dell'Unione Europea, degli Stati Uniti, dell'ONU e del suo Consiglio di Sicurezza: per tutti questi, la retorica dell'indignazione è soltanto uno strumento utile a mascherare gli squallidi equilibri politici e le alleanze economico-strategiche di cui la Siria è il tragico, sanguinoso palcoscenico da ormai sei anni. Non a caso, l'orrendo crimine contro l'umanità di martedì è stato compiuto pochi mesi dopo la distruzione di Aleppo, poche settimane dopo i "colloqui di pace" di Astana e nello stesso giorno in cui dovevano iniziare le "trattative di pace" in sede ONU a Ginevra. E' quindi un segnale cruento che il dittatore Basar ha voluto lanciare ad un mondo che continua a considerarlo un interlocutore credibile ed un capo di Stato autorevole - come abbiamo sentito ripetere da più parti nelle ultime settimane. Noi crediamo, invece, che la società civile internazionale abbia compreso molto bene che i diritti umani e le brutalità cui assistiamo quotidianamente non potranno mai essere strumento di baratto o di ricatto da parte dei governi o di criminali di guerra in doppiopetto. Che un dittatore sanguinario non potrà mai rappresentare il futuro di una nazione. Che gli interessi delle "grandi potenze" non si concilieranno mai con la democrazia. E che un processo di pace vero, concreto e reale possa iniziare soltanto dal riconoscimento di quelle libertà fondamentali da troppi decenni negate ai cittadini siriani, che le hanno reclamate a gran voce nel 2011. Per questo e per chiedere la fine immediata del conflitto e dei crimini contro la popolazione siriana ci troveremo.