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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"Il prigioniero coreano". Kim Ki-duk al cinema distribuito dalla friulana Tucker Film

Dal 12 aprile arriverà sugli schermi l’ultimo capolavoro del cineasta sudcoreano. Si tratta di una potente storia di attualità politica: un pescatore della Corea del Nord finisce nelle acque della Corea del Sud

Corea del Nord, oggi. Un grande film e una sorprendente mostra fotografica per saperne di più, per capirne di più. Per lasciarsi raccontare, senza filtri, l’invisibile: una realtà che di filtri, storicamente, ne ha sempre avuti troppi. Giornalistici, diplomatici, propagandistici, ideologici. Da un lato, quindi, ecco Il prigioniero coreano, potentissimo thriller dell’anima che porta la firma di Kim Ki-duk e arriverà nei cinema il prossimo 12 aprile sotto il segno della Tucker Film. Dall’altro, e il segno è ancora quello della Tucker Film, ecco la mostra 3DPRK – Ritratti nordcoreani, che porta la firma del fotografo sloveno Matjaz Tancic e troverà spazio all’Anteo Palazzo del Cinema di Milano dal 22 febbraio all’8 aprile: rarissimi frammenti di vita quotidiana, dentro e fuori Pyongyang, in una preziosa gallery tridimensionale.

Corea del Nord e Corea del Sud, oggi. Il prigioniero coreano (The Net), per quanto lontano dalla violenza esplicita dell’Isola o di Moebius, vede Kim Ki-duk indagare sul presente con identica forza narrativa. Un presente intriso di passato. Un presente spezzato a metà, lungo la linea delle due Coree. Il presente di un popolo e anche dell’umile pescatore Nam Chul-woo (un gigantesco Ryoo Seung-bumThe Berlin File).

«Fai attenzione: oggi la corrente va verso Sud», lo avvisa una sentinella, ma a fare attenzione, a farne sempre molta, Nam Chul-woo ci è abituato. Del resto, non puoi permetterti distrazioni quando abiti in un villaggio della Corea del Nord e ti muovi ogni giorno sulla linea di confine. Confine d’acqua, nel caso di Nam, ed è proprio l’acqua a tradirlo: una delle reti, infatti, si aggroviglia attorno all’elica della sua piccola barca, il motore si blocca e la corrente che «va verso Sud» trascina lentamente il povero Nam in zona nemica

Riuscirà il prigioniero, dopo pressanti interrogatori, a convincere le forze di sicurezza sudcoreane di non essere una spia? Ma soprattutto: riuscirà, dopo un rilascio lento e faticoso, a convincere il potere nordcoreano della propria integrità? È rimasto ancora quello che era, cioè un bravo cittadino devoto, o l’infezione del capitalismo («Più forte è la luce, più grande è l'ombra») lo ha contaminato per sempre?

Kim Ki-duk affida tutte le risposte all’ultimo fotogramma e condensa tutta la propria filosofia – poetica, non solo politica – in queste pochissime parole: «Mi sento più sudcoreano o più coreano? Mi sento, semplicemente, coreano, perché un paese non è chi lo comanda: un paese è il popolo». Parole che sembrano nate apposta per diventare la “prefazione” di 3DPRK e dei suoi  Ritratti nordcoreani.

«I media – spiega, infatti, Matjaz Tancic – concentrano tutta l’attenzione sulla dittatura di Kim Jong-un e la nostra percezione della Corea del Nord si divide tra demonizzazioni e idealizzazioni. Entrambi i punti di vista oscurano, necessariamente, l’identità nordcoreana: ecco perché ho voluto fotografare la gente comune. Persone di età, condizioni sociali e mestieri differenti, in cui ognuno, ovunque, si può riconoscere».

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