"Presa Diretta A2" a Palazzolo, di Bruno Aita e Manuel De Marco
Al Centro ArtPort di Palazzolo dello Stella è in corso la mostra di pittura "Presa Diretta A2", degli artisti Bruno Aita e Manuel De Marco. Bruno Aita, artista friulano di Buja di fama internazionale, si esprime attraverso la pittura industriale. Le sue opere trasmettono la sua visione negativa del futuro dell'umanità. Un futuro in cui l'epoca della tecnologia giunge al suo estremo compimento, dove la natura è ormai consumata e uccisa dall'inquinamento e in cui gli esseri umani sono ridotti a umanoidi deformi che necessitano di strumentazioni artificiali per respirare e sopravvivere. Le atmosfere asfittiche che l'artista rappresenta sono abitate infatti da un proliferare di tubi industriali che veicolano agli umanoidi l'ossigeno che è ormai scomparso nell'atmosfera naturale. Essi respirano dunque attraverso maschere antigas che li proteggono, imprigionandoli, da un ambiente esterno corrosivo e totalmente decomposto. I boschi che l'artista raffigura nei suoi trittici meravigliosi sono un tetro allinearsi di alberi morti, calcificati come ossa nel deserto, tra i quali umanoidi mascherati e tubi d'aria si annidano e nascondono in un nero paesaggio di desolante tristezza. Una scintilla di speranza permane all'orizzonte, un barlume di luce azzurra, un fremito di aria rimasta pura che forse l'umanità può ancora afferrare e fare propria. Nelle sue nere visioni Aita è artista profeta che narra e rappresenta gli esiti estremi e il destino ultimo della civiltà industriale e tecnologica. Le paludi nere delle sue lamiere sono un oceano di petrolio che inghiotte e soffoca i residui di un'umanità de-umanizzata. I suoi umanoidi grotteschi sono le vestigia spolpate di una creazione che fu perfetta e ora è distrutta dalla tecnologia e dall'industria. Imbruttimento morale, estetico e paesaggistico sono quindi gli elementi che Aita raffigura nella sua acuta e pungente arte di denuncia sociale.L'umanità dei suoi dipinti è un'umanità meccanica, priva di consapevolezza e di vigore intellettuale, un'umanità estremamente degradata e deturpata, in cui gli atti naturali come il parto sono ridotti a orripilanti azioni di produzione di esseri deformi, privi di ogni affettività e di qualunque barlume spirituale. Asfissia onnipresente, prigionia e nera tetraggine pervadono le opere di Aita, da quelle su carta alle lamiere, lo spazio esistenziale dell'individuo è assimilato a una serie di strette cabine telefoniche irrorate da tubi d'ossigeno in cui ognuno è imprigionato, osservato e sorvegliato da occhi artificiali appartenenti ad arcigne e minacciose maschere nere. Una società artificiale de-emotivizzata, sterilizzata, una civiltà di prigionia, controllo e sorveglianza, è l'amaro futuro che Aita vede incombere inesorabile sull'umanità e su ognuno di noi.
Altrettanto negativo e cupo è il messaggio di denuncia dell'artista concettuale Manuel De Marco, di Basiliano. De Marco giovane pittore ma già ampiamente affermato si sofferma invece sulla decadenza della comunicazione e della relazionalità nell'epoca della tecnica e dei mass-media. Nella poetica del giovane artista la televisione, la radio, la stampa onnipresenti e urlanti nel nostro presente causano con i loro meccanici ed isterici continui messaggi, una de-umanizzazione della comunicazione e dell'espressione. Ci potremmo chiedere come comunicano fra di loro gli umanoidi di Aita.
De Marco dà una risposta attraverso l'espressione di una modalità scarnificata e deturpata della comunicazione. La parola è rotta, distrutta e a tratti abbandonata nelle opere del giovane basilianese. La comunicazione regredisce a forme primordiali come l'impronta e il segno grafico elementare, che sono i rappresentanti di una relazionalità brutale e animalesca. La parola e il gesto perdono la loro valenza emotiva, la loro intenzionalità espressiva, e rimangono vuoti contenitori che non racchiudono più alcun messaggio. La parola "Other", Altro, vuota e spettrale, ripetuta infinitamente, è una parola assente, inefficace, riprodotta da una mente e una mano meccaniche, che nulla più sanno della vera alterità, del rapporto con l'Altro e della relazionalità emotiva umana. Una comunicazione meccanica e ripetitiva propria di macchine robotiche e al contempo di uomini primitivi, è il modello relazionale che si esprime nelle opere di De Marco, perfettamente in linea con la ricerca estetica del Maestro Aita. L'impronta del piede, anch'essa ripetuta ossessivamente, è il sigillo proprio di un essere umano degradato dalla tecnologia e dalla schiavitù imposta dalla società industriale. Un uomo che ritorna primitivo e si esprime in modo primordiale, fisico, corporeo, ossessivo e meccanico, perché ha perso l'accesso al simbolico, alla parola piena, al significato, al senso. La parola è morta nelle opere di De Marco, il simbolico è defunto, e il corpo nella sua auto-rappresentazione attraverso l'impronta, nella sua immagine, è protagonista. Impronta come immagine silenziosa del corpo quindi, un corpo muto come una statua appartenente ad un uomo pre-simbolico. I due artisti Aita e De Marco sono quindi profondamente uniti nella denuncia degli esiti e conseguenze dell'epoca attuale della tecnica e delle comunicazioni di massa. Le nere profezie di Aita trovano pieno completamento nelle riflessioni linguistiche di De Marco. La palude nera, il petrolio esistenziale, inghiotte umanoidi decomposti, incapaci di comunicare, privi della capacità di esprimersi e prigionieri della propria immagine.
I due artisti sono inoltre accomunati non solo nel messaggio ma anche nella tecnica espressiva. La "Presa Diretta" è infatti una tecnica pittorica inventata dal Maestro Aita per allinearsi con le impronte di De Marco. Si tratta di una originale tecnica di stampa carta su carta realizzata con inchiostro nero, attraverso cui l'artista produce immagini uniche di una bellezza straziante. Questa mostra imperdibile è un potente atto di denuncia che attacca le aporie e le contraddizioni della società contemporanea. Una società che produce schiavi de-umanizzati, ed è destinata ad un futuro di distruzione ad ogni livello, a meno che l'uomo non risvegli la propria consapevolezza individuale e sociale e inizi a difendere la propria identità emotiva e spirituale. Solo allora un modello di comunicazione che implichi un rispetto profondo dell'alterità, una comunicazione emotiva ed empatica, autentica e "piena", sarà veramente possibile.