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Management del Dolore Post Operatorio: "Verremo anche a Udine a spargere il seme della discordia"

Il 19 dicembre al Teatro S.Giorgio la rassegna Dissonanze organizza un concerto che promette tanto sudore, sul palco si alterneranno gli Zeman e il Management del Dolore Post Operatorio, band conosciuta ai più per aver fatto scalpore alcuni anni fa al Concertone del Primo Maggio a Roma

"Se il pubblico si aspetta qualcosa, l'artista ha sicuramente sbagliato". Luca Romagnoli, vulcanico leader della band Management del Dolore Post Operatorio non ha certo peli sulla lingua, come ha ampiamente dimostrato davanti a 100.000 persone al concerto del Primo Maggio, due anni fa. Con il suo gruppo si appresta a concludere l'ultima parte di tour, che li porterà per la prima volta in Friuli.

Arrivate per la prima volta in Friuli. Quali aspettative ci sono? "Che mi devo aspettare? Sarà il pubblico, aldilà del posto in cui ci troviamo, nord o sud non cambia, dipenderà da come verrà recepito il live. A volte il concerto è più intellettuale, altre volte è molto più sudato. L’altro giorno mi han fatto notare che è la prima volta in Friuli, quindi mi fa molto piacere, verremo anche da voi a spargere il seme. Della discordia. Battute a parte, è bello sapere che ci sono ragazzi che organizzano queste cose, di fatto è tutta questione di energie. Comunque, per concludere, l’intento sarà omaggiare Udine, apriremo i confini. In un mondo in cui chiudono tutto bisogna aprire e aprirsi!".

Siete arrivati al rush finale del vostro tour in giro per lo stivale, come sta andando? "Bene. Stiamo raccogliendo quanto seminato nel nostro percorso, poi andremo in pausa per un po’, riposeremo, prepareremo il nuovo disco. Siamo un gruppo che ama aspettare le persone sotto al palco, tutto quello che gira fuori dal palco ci interessa molto poco. Siamo dei ‘cafoni’, vogliamo fare solo il nostro lavoro, non prevediamo le stagioni e il meteo, se fuori piove non usciamo di casa".

La vostra caratteristica principale è la provocazione. Questa è anche la terra di Pasolini, il provocatore per eccellenza. Cosa vuol dire essere un provocatore al giorno d'oggi? "Mi ricordo una frase di Orwell, diceva “essere liberi significa dire alla gente quello che non vuol sentirsi dire”. Il sistema discografico italiano sta uccidendo questa libertà, ha ucciso l’idea del talento a causa dei talent che ormai hanno trasformato questa idea. Hanno reso ‘sfigato’ tutto ciò che è fuori da quel mondo, non esistono più gli intellettuali - non mi ritengo tale, sia chiaro - o chi fa cultura perché si trovano fuori dal quel meccanismo. Pasolini fece emergere il paradosso della lettura di Marx stampato dall’industria capitalista. E’ un gioco cibernetico, no? A tutto questo poi si aggiunge la credenza di esser più liberi perché siamo connessi su tutto. Ecco, io sono sicuro che questo sistema ci stia portando a costruire le nuove piramidi, e noi siamo gli schiavi ovviamente. A causa di tutto questo virtuale non lo confonderemo più dal reale, saremo delle bestioline a comando di 4 o 5 persone".

Siete rimasti senza bassista ma si è aggiunto un nuovo componente alle tastiere e synth. Una scelta fatta per riabbracciare le sonorità del secondo disco o c'è un altro motivo dietro? Scelte fatte insieme. C’erano delle cose in ballo, ed è stato deciso così. Rientra nel gioco in cui non vogliamo dare quello che il pubblico si aspetta, sennò non sarebbe una nostra arta ma un’arte di stato. Noi vogliamo fare una cosa: stupire gli altri, mettere in piedi condizioni che permettano di lavorare con l’improvvisato e stupire. L’altro giorno ho letto l’articolo in cui uno spiegava come un musicista riesce a ricavare a fine mese 1200 euro. Questa è follia. L’arte mica è fatta per cercare di guadagnare i soldi, benchè meno cercare di capire come guadagnarli. Gli artisti hanno solo il compito di dire delle cose che la gente normale non riesce a dire. Devono avere l’estro, se c’è quello si fa la differenza, non può essere artista uno che parla delle cose di ogni giorni, tipo il calcio. Tutto questo discorso quindi per dire che se il pubblico si aspetta qualcosa l’artista ha sicuramente sbagliato.

  1. Concludo chiedendoti di spiegare ai nostri lettori friulani i motivi che stanno dietro alla cover del brano "Via da qua" di Lou X. "Questa cover è stata realizzata con i 99 posse apposta, perché sono una band simbolo per la protesta del popolo e questa è una canzone che, oltre che rendere omaggio Lou X, vuole essere un segnale, un inno alla battaglia che il popolo abbruzzese sta combattendo contro Ombrina Mare e la petrolizzazione dell’Adriatico. Una battaglia combattuta con la marcia, la parola, l’arte, la musica. Anche se c’hanno provocato non siamo caduti nella violenza. Fortunatamente, posso anche dirti che la battaglia è stata (quasi) vinta, prima di un certo limite non potranno fare certi lavori nella costa, manca ancora l'ufficialità. E’ stata una vittoria voluta da tutte le parti e da tutte le estrazioni sociali. Pensa che volevano anche far credere che qualcuno fosse a favore alle trivellazioni. Io, da persona che usa nella sua lotta solo ed esclusivamente la parola posso affermare che la questione del petrolio era una cosa illogica, solo un pazzo poteva essere a favore."

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