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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Andrea Scanzi al "Teatrone": «Abbiamo perso il senso di appartenenza »

Il giornalista, assieme a Giulio Casale, sarà protagonista venerdì al "Giovanni da Udine" con "Il Sogno di un'Italia. 1984-2004 Vent'anni senza andare mai a tempo", ritratto di un paese che è l'emblema delle contraddizioni, raccontato attraverso storie, istantanee e tante canzoni

Vent'anni "fuori tempo", che hanno condizionato in maniera inesorabile il nostro presente. È  questo il tema dell'ultimo spettacolo portato in scena da Andrea Scanzi e Giulio Casale, assieme con successo già ne "Le cattive strade", pièce dedicata a Fabrizio De André. Il giornalista ci ha raccontato del lavoro che andrà in scena venerdì sera al teatro "Giovanni da Udine", senza rinunciare a qualche battuta sulle vicende politiche che per lavoro segue da vicino.

"Il sogno di un'Italia. 1984-2004 Vent'anni senza andare mai a tempo". Come sarebbe dovuto essere questo tempo? Perché siamo andati fuori? «Con quel sottotitolo ovviamente volevamo rendere omaggio al grande Jannacci e al suo "30 anni senza andare fuori". Perché siamo andati fuori tempo? Perché in quei vent'anni abbiamo perso il senso di appartenenza. Fino a Berlinguer ci potevamo identificare in un "Noi", un progetto di collettività. Dalla sua morte, nel 1984, abbiamo avvertito un crollo, a favore di un egocentrismo di fondo, fino all'identificarsi solo con un "Io". Ci siamo chiusi in noi stessi, arrivando alla solitudine e ci siamo affezionati a personaggi che l'hanno accentuata. Ad esempio se muore uno come Troisi ti senti solo, e lo stesso è capitato nella musica con Kurt Cobain, o nello sport col trauma dato dalla morte di Senna in diretta. Siamo andati fuori tempo perché più vedevamo cose schifose, una politica corrotta, e più non abbiamo fatto niente, e quindi col mio spettacolo rivolgo una critica a noi stessi, a me stesso. Non c'è stata nessuna ribellione, dov'è finita l'indignazione? L'anno storico più importante in quei vent'anni è stato il 1992, perché dopo la morte di Falcone e Borsellino, sembrava che questo paese avesse preso coscienza di sé. C'era una sensazione di cambiamento. Con il crollo della prima Repubblica ci furono mesi di speranza, mesi in cui si pensò realmente di poter “andare a tempo”, e invece passammo subito dagli insegnamenti e dai messaggi del giudice Caponnetto a Berlusconi».

Nel tuo spettacolo i miti e i personaggi fanno da filo conduttore agli eventi storici e al racconto. Oggi però veri personaggi in cui immedesimarsi e affezionarsi sembra che manchino. Concordi? «Concordo. Per questo i vent'anni che io racconto rappresentano la fine dell'appatenenza. Dal 2004, anno della morte di Marco Pantani, non c'è più, è un' idea ormai franata. Non c'è stato più niente. Spesso mi chiedo di chi parleremo fra vent'anni. Forse è anche dovuto al fatto che la stessa Storia sia cambiata, che negli anni '50 o '60 il legame con certi artisti (mi riferisco alla musica) era più sentito perché c'erano più stimoli. Il presente di adesso dà pochi stimoli. Poi è anche questione di fortuna: nello sport per esempio si va ad annate. La Nazionale del 2006 ha vinto il mondiale perché composta da veri talenti, negli anni '80 ne avevamo di minori. Nella musica invece il presente è meno stimolante, e per raccontare la storia vado a ripescare nel passato».

Qui in Friuli Venezia Giulia è già partita, di fatto, la campagna per le regionali 2018. La Serracchiani, per ora, sembra in grande difficoltà essendo legata al premier Renzi. Secondo te è davvero arrivata a fine corsa? «Posso dare un giudizio a livello nazionale, sul locale non mi permetterei mai non abitando qui. La Serracchiani è in difficoltà perché è una delle figure politiche che ha deluso di più. Si è fatta notare un po' di anni fa con il suo intervento molto critico nei confronti della dirigenza del Pd - alcuni la definirono addirittura "la nuova Obama" e altre cose assurde -. Ci si poteva immaginare un percorso diverso, - un percorso stile Civati - da una come lei che invece è diventata più renziana di Renzi, basandosi all'estremo sull' ottimismo e sui buoni sentimenti fino a diventare noiosa e poco credibile. Lei è una persona intelligente, e quindi se dice delle bugie lo si intuisce subito. Non stento a credere quindi che anche in Fvg ci sia una grande delusione nei suoi confronti, anche perché l'elettorato se ne rende conto soprattutto a livello locale. Ad Arezzo, città più che renziana, il protetto della Boschi ha perso. Immagino che anche da voi ci sarà la stessa fine. Dopo un incontro che ho avuto in tv assieme alla Serracchiani non vuole più vedermi. Approfitto quindi di quest'intervista per dire che vivo serenamente anche se lei chiede di fare dibattiti televisivi senza la mia presenza, ma che non lo trovo un atteggiamento troppo democratico».

Rispetto al referendum del 4 dicembre te la senti di fare una previsione sull'esito e sugli eventuali sviluppi? «Lo dico sinceramente: vincerà il "si", non ho dubbi, ma se non succede tanto meglio. Vincerà perché Renzi ha quasi tutta l'informazione dalla sua parte: chi vede Rai 1 lo voterà, vincerà perché “Basta un sì” è diventato un martellamento continuo, vincerà Renzi perché voterà "si" la maggioranza silenziosa, quella che non scrive nulla sui social, non si informa, va alle urne perché così dicono che bisogna fare. Per colpa o merito questo sarà l'esito finale. Ma non si tratta comunque di una vicenda che mi sta travolgendo in particolare, dormirò serenamente con entrambi gli esiti».

Oltre allo spettacolo ti aspettano altri appuntamenti qui in Friuli, legati alla presentazione del tuo nuovo libro "I migliori di noi" (domenica sarà in Fiera per LibrInsieme). Al di fuori degli impegni, gli spettacoli, i tour, qual è il tuo legame con questa terra? Com'è tornare in Friuli? «È tornare contenti come i bambini, è una regione che ha il mio passo, mi sento a casa le persone ti accolgono e ti fanno i complimenti senza essere invadenti. Mangi da Dio e bevi anche meglio! Provo un affetto totale per queste zone, da sommelier ho conosciuto un sacco di cantine, e tra tutti i miei impegni da queste parti l'ho visitato tutto. Ci sto molto bene, è una regione a cui voglio molto bene e dove ho anche diversi amici, tra cui Mauro Corona».

*Andrea Scanzi sarà disponibile al termine dello spettacolo per firmare le copie del suo ultimo libro. Appuntamento in foyer riservato agli spettatori, accanto al bookshop, alle 22.15 circa.

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