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Lavoratori croati: persa una grande occasione per la tutela del lavoro

Nel caso specifico si poteva dare un forte segnale verso la regolarizzazione del mercato del lavoro delle regioni del Nord-Est, con l'applicazione delle misure transitorie sul diritto alla libera circolazione dei lavoratori croati. Cosa che non è stata fatta

Il Consiglio Sindacale Interregionale (C.S.IR.) Friuli Venezia Giulia/Veneto/Croazia Sudoccidentale (l’associazione che riunisce le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL di Friuli Venezia Giulia e Veneto e SSSH delle contee dell’Istria, Litoraneo-Montana e di Lika-Segna) esprime il proprio rammarico per la decisone del Governo italiano di adottare il regime transitorio per i lavoratori subordinati croati, da pochi giorni divenuti cittadini dell’Unione.
 
La circolare congiunta del Ministero dell’Interno e del Ministero del Lavoro, che nella giornata del 2 luglio è stata emanata precisando i criteri con cui tale regime si applicherà ai lavoratori croati, dimostra come in ultima analisi abbia prevalso all’interno dell’esecutivo una visione poco coraggiosa e poco lungimirante, rispetto alla reale consistenza del mercato del lavoro nazionale e delle regioni italiane del Nord-Est in particolare.
 
Se è vero che il settore del lavoro domestico e di assistenza alle persone anziane o comunque affette da patologie invalidanti, che le rendono non autosufficienti, è da subito liberalizzato, è altrettanto vero che aprendo il mercato del lavoro italiano solamente a pochi altri settori produttivi, è stato dato un segnale politico chiaro ai lavoratori croati, i quali faranno molta fatica a percepire il cambiamento tra l’essere passati dalla condizione di cittadini di un paese terzo a quella di cittadini dell’Unione. Questa scelta, inoltre, difficilmente avrà ricadute positive sulla possibilità di avviare un serio percorso di regolarizzazione dei rapporti di lavoro, che riguardano migliaia di lavoratori frontalieri croati, impiegati nei mercati del lavoro del Friuli Venezia Giulia e del Veneto.
 
Dispiace, inoltre, che il l’Italia non abbia inteso allinearsi alla posizione di quei governi di paesi dell’Unione europea che, considerate le dimensioni relative della popolazione della Croazia e ritenendo quindi che non vi fossero particolari rischi di invasione dei propri mercati del lavoro nazionali, hanno deciso di non comprimere per i lavoratori croati uno dei 4 diritti costitutivi dell’Unione europea, vale a dire quello che garantisce la libera circolazione delle persone.
 
Nell’auspicare che tali misure non vengano reiterate dall’Italia dopo i primi due anni, ovvero dopo il 1° luglio 2015, il C.S.IR. chiede sin da subito alle istituzioni nazionali, regionali e locali di poter avviare un confronto sul frontalierato dei lavoratori croati, che possa portare quanto prima alla costruzione di un quadro giuridico certo, tale da permettere che tale modalità di lavoro sia svolta in condizioni di regolarità.
 
 
Trieste, 3 luglio 2013

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