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Economia

Nuovi segni di crisi nel mondo dell'impresa, per i sindacati non vanno sottovalutati

Pezzetta (Cgil): «Servono politiche industriali, il manifatturiero torna a soffrire»

«Il Friuli Venezia Giulia deve tornare a credere e investire sul suo tessuto manifatturiero, che resta la spina dorsale della nostra economia e che deve essere supportato, di fronte ai nuovi segnali di crisi percepibili anche in regione, da adeguate politiche pubbliche tese a rilanciare gli investimenti». A chiederlo è la Cgil, con il suo numero uno regionale Villiam Pezzetta, che esprime nuovamente la preoccupazione del sindacato per le nuove crisi industriali esplose negli ultimi mesi dello scorso anno, testimoniate dalla ripresa della cassa integrazione e dall’inversione di una dinamica occupazionale che a partire dal 2015 aveva evidenziato un sensibile recupero. 

Politiche industriali

«Nuove emergenze come quelle di Sàfilo e il venire al pettine di vecchi nodi irrisolti come quello della Ferriera a Trieste – dichiara il segretario generale – non devono essere interpretati come fatti isolati, ma sono lo specchio di una congiuntura che è tornata negativa, anche se in un quadro generale profondamente diverso a quello della grande recessione del 2008. Questo momento di difficoltà, infatti, arriva in una fase ancora segnata da fattori di debolezza, come la scarsa e tardiva partecipazione dei giovani al mercato del lavoro, la diffusione della precarietà e del lavoro povero, la difficoltà delle aziende a reperire manodopera specializzata». Da qui, per Pezzetta, «la necessità di riprendere in mano la leve delle politiche industriali, fondamentale non solo a livello nazionale, ma anche su scala regionale».

I numeri

Migliaia, per la Cgil, i lavoratori interessati dai fronti di crisi aperti sul territorio regionale. Ma i numeri, in questa fase, non forniscono ancora chiavi di lettura univoche: «Il ricorso agli ammortizzatori – spiega Pezzetta – resta su livelli ancora bassi in termini assoluti, e anche sul versante occupazionale non registriamo ancora grandi segnali di sofferenza. Tra gennaio e novembre, infatti, le domande di cassa integrazione risultavano in diminuzione dell’8% rispetto al 2018 e la media degli occupati nei primi tre trimestri era ancora in linea con i dati dell’anno precedente, pur evidenziando un calo di quasi 2mila posti. A preoccupare, però, è la difficoltà nella gestione di crisi che si trascinano ormai da più di un anno, come quella del gruppo Kipre, o di tavoli complessi come quello legato al futuro della Ferriera, futuro sul quale l’ottimismo di Regione, Comune di Trieste e dello stesso ministro Patuanelli non basta certo a rassicurarci, oltre al fatto che ipotizzare un riassorbimento degli esuberi di Servola in Fincantieri, allo stato attuale, ci sembra scorretto in vista del referendum su un accordo che verte su altri punti e altre prospettive».

Le crisi

A preoccupare la Cgil, più che i dati pregressi, sono i segnali di una crisi che per ora si manifesta ancora «a macchia di leopardo», anche se con situazioni già difficili in alcuni comparti, compresi quelli più votati all’export, che soffrono a causa della complessa congiuntura internazionale e del rallentamento della locomotiva tedesca. «Il ricorso alla cassa integrazione ordinaria in realtà importanti come Abs o Automotive Lighting e la costanza di ammortizzatori sociali nei principali gruppi del legno arredo – spiega il segretario – sono lo specchio di una situazione che potrebbe anche aggravarsi nei prossimi mesi, con il rischio che, dopo Sàfilo, si aprano nuovi fronti di crisi in un anno che parte già in salita per la siderurgia, la meccanica e la componentistica, impattando come è ovvio sui territori dove il manifatturiero è più radicato, quindi Udine e Pordenone, ma con tante incognite in sospeso, come noto, anche nell’area giuliana».

La Regione

 Alla Regione la Cgil chiede non solo di «rafforzare le misure per attrarre nuovi investimenti, rafforzare le filiere strategiche e per incentivare quelli in innovazione, ricerca, stabilizzazione e crescita professionale dei lavoratori», ma anche gli investimenti su infrastrutture, messa in sicurezza del territorio e patrimonio residenziale pubblico e privato. Fondamentale anche il ruolo che la Regione può svolgere come interlocutore nei tavoli di crisi e naturalmente sul versante delle politiche attive del lavoro, «per favorire un migliore incrocio tra domanda e offerta di impiego, rilanciare il ruolo del collocamento pubblico, potenziare i percorsi di reimpiego per i lavoratori licenziati e disoccupati». Un esempio positivo di attenzione, per la Cgil, arriva dal versante sicurezza sul lavoro, dove la riduzione degli infortuni sul lavoro registrata nei primi dieci mesi del 2019, e in particolare di quelli mortali, scesi da 25 a 13 casi, «può rappresentare il segnale di una rinnovata attenzione da parte di tutte le parti in causa, non solo imprese e lavoratori, ma anche istituzioni, in linea con gli obiettivi del protocollo sulla sicurezza siglato nei primi mesi del 2019»

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