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Martedì, 23 Aprile 2024

Tolgono gli aiuti al figlio disabile, la disperazione della madre 

Loredana Pellecchia costretta a fare ricorso contro la valutazione medica dell'Inps: "Esaminato in soli 10 minuti". Il suo bambino, di sette anni, affetto da disprassia, è stato valutato come "migliorato" (da comma 3 della Legge 104 a comma 1), nonostante i certificati di altri istituti specialistici chiedano il massimo dell'assistenza per raggiungere gli obiettivi. Per lui ora si prospetta un futuro con pochissime ore di sostegno e senza alcun aiuto economico 

A qualche manciata di chilometri dal possibile traguardo. E' questa la sensazione che vive sulla pelle Loredana Pellecchia, madre del piccolo G., che da 7 anni si danna l'anima per aiutare il figlio a superare i suoi disturbi di coordinazione, movimento e linguaggio dovuti a una disprassia certificata.

Disprassia declassata

Sola e con un'altra figlia di 10 anni da dover seguire, in questi giorni ha deciso di fare ricorso contro l'Inps attraverso l'assistenza dell'avvocato Francesco Mangone del foro di Perugia. La commissione medica dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha infatti declassato la disabilità del bambino, prevista e inserita nella Legge n.104, da Comma 3 - grave - a comma 1, ovvero meno grave. Questo, nonostante i certificati di altri due istituti specializzati (La Nostra Famiglia e la Irccs Fondazione Stella Maris), a cui lei si è rivolta in questi anni per le terapie da seguire, dicano esattamente l'opposto, ovvero che nesessita del maggior supporto possibile per superare le sue difficoltà scolastiche e di vita: "Si ritiene necessario continuare a prevedere il supporto individualizzato per il massimo delle ore consentite al fine di rispondere in modo efficace", sottolinea l'ultimo documento redatto dal Centro di Riabilitazione di Pasian di Prato. Eppure, una commissione di 10 esperti in circa 10 minuti di colloquio, ha sentenziato che il figlio ha un "eloquio fluido con impaccio verbale" pur "riconoscendo difficoltá scolastiche, nonostante il miglioramento clinico della disprassia e un profilo cognitivo nella bassa norma".

Un giudizio complessivo impietoso che negherà al piccolo il massimo dell'assistenza necessaria a raggiungere gli obiettivi prefissati. Per lui si prospetta ora un futuro con meno assistenza e meno aiuti economici: passerà dalle 22 ore di sostegno a settimana a 5 ore complessive e non percepirà alcun aiuto economico; dai 290 euro mensili, che prima le erano garantiti per il pagamento delle terapie - 3 sedute a settimana - e per l'acquisto di speciale materiale didattico, a zero euro. La madre perderà, inoltre, le giornate di assistenza diretta da dedicare al figlio.

L'appello agli assessori alla disabilità

"Mi trovo in una situazione paradossale, comune a tanti altri casi, ne sono sicura. Sono preoccupata e mortificata - spiega Loredana -. Questa scelta potrebbe gettare al vento anni di cure e terapie. Mio figlio è stato trattato come se avesse già superato tutti i suoi problemi a soli sette anni. Chiedo e supplico si intervenga subito. Mi rivolgo anche ai nuovi assessori con delega alla disabilità del Comune di Udine e del Consiglio Regionale". Proprio per analizzare questo caso, martedì prossimo, 5 giugno, è stato fissato un incontro con l'assessore Elisa Asia Battaglia. 
 

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