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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Storia di un isolamento: le paure e le emozioni di chi ha vissuto nell'ansia di una risposta

Cosa si prova a non poter toccare i propri cari, cosa si prova a vivere nell'attesa di una telefonata? Questo è il racconto di una donna che ha vissuto in isolamento sotto lo stesso tetto della figlia e del compagno, aspettando il giorno del tampone. La storia di emozioni che non saranno mai cancellate, di un'attesa e di una speranza

Il picco del contagio in regione, dicono, dovrebbe essere in questi giorni. Il maggior numero di malati si dovrebbe registrare proprio adesso, il che significa che sono in tanti ad aver incubato il virus nelle settimane passate e sono in tanti ad aver atteso l'esito di un tampone, nella speranza di un risultato negativo. Come si sa, però, l'attesa è forse lo stato d'animo che regala a chi lo possiede anche l'angoscia, come fossero due gemelli inseparabili.

La storia

Sono in tante, in questo momento, le persone che stanno vivendo l'isolamento forzato, in attesa di effettuare un tampone e in attesa di avere una risposta. Qualcuna è asintomatica, qualcuna ha cominciato a stare male e qualcuna ha somatizzato. Ma tutte queste persone sono unite in un limbo, quello dell'attesa. Noi abbiamo deciso di raccontarvi la storia di una persona che ancor prima che le venisse ordinato dai medici, ha deciso di mettersi in autoisolamento precauzionale, temendo di essere entrata in contatto con una persona positiva. Una scelta responsabile che ha evitato il propagarsi del virus, ma che le è costata molta frustrazione e sofferenza emotiva. Lo facciamo con l'augurio che serva a sentirsi tutti meno soli, in un momento in cui le distanze possono farci sentire più comunità che mai.

La testimonianza

Era una settimana strana, quella. Si cominciava a parlare del virus, ma solo poche maniache come me pensavano durante quelle giornate che fosse il caso di arieggiare continuamente o di non far stare più di tre persone in sala d'attesa. La maggior parte delle persone gridava alla psicosi e io mi sentivo di essere solo molto scrupolosa. Ma forse ho fatto bene ad esserlo...

Mi sono messa in quarantena senza che nessuno me lo dicesse, in attesa del risultato del tampone di una collega con cui avevo parlato e che sapevamo essere stata in contatto con una persona poi risultata positiva. Il suo tampone è arrivato appena 5 giorni dopo.... e cazzo era veramente positivo e poi cazzo per davvero mi ha chiamata una virologa per dirmi che dovevo mettermi in quarantena ancora per una settimana.

Ha preso immediatamente tutto una forma più chiara: quello che prima era uno scrupolo è diventato un obbligo, e quello che prima era un pensiero che aleggiava non troppo attaccato alla pelle è diventato ansia. Non puoi stare nella stessa stanza dei tuoi famigliari, non puoi più mangiare allo stesso tavolo, non dai più né il buongiorno né la buonanotte a tua figlia che si avvicina e si ferma ad un metro di distanza diventando seria “A no...”. Devi utilizzare i guanti in casa e pulire, pulire, pulire e ancora pulire perché era un momento prima che avevi finito di igienizzare il bagno, la doccia, la maniglia, l'interruttore e anche l'asciugacapelli ma cacchio ti scappa un goccio di pipì (perché devi bere tanto e cose calde e fai la pipì di continuo da giorni) e rincominci con un altro paio di guanti a passare il wc... la sera visto che non sapevo dove mettermi, divano no, stessa stanza dei familiari no, me ne andavo in cameretta con un libro e nessuno veniva a salutarmi... cameretta... io, i due pesci rossi che non mi temevano e un sacco di pupazzetti.... nel lettone con il mio compagno, al posto mio, mia figlia. Unico grande passaggio d'amore attraverso mani e bocca i cani e le gatte. Il mio compagno è rimasto a casa dal lavoro, d'altronde con quale tranquillità puoi andare al lavoro sapendo che forse a casa c’è una persona con il coronavirus. E oltre a lui e ai suoi colleghi il pensiero andava fino ai miei genitori e anche a tutte le famiglie viste al lavoro il giorno dopo e quello dopo ancora all'eventuale contagio. Ti ritrovi a sentirti in colpa anche se di colpe non ne hai e ti ritrovi a piangere quando rientrano i tuoi cari col cane tutto sporco di merda dai campi, perché tu non hai voglia di lavarlo tutto... è un po’ come se piangessi perché “ti mancava anche quella” quando in realtà lo sai anche tu che fa ridere tutto sommato e non è mai stato un problema.

L'ansia, infuocata, si prende la sua bella dose di benzina la domenica pomeriggio quando, convinta ti mancassero pochi giorni a quella specie di libertà che nel frattempo ha cambiato comunque i suoi connotati in giro per l'Italia, ti chiama la virologa di turno per dirti che anche se sei asintomatica ti fanno il tampone martedì pomeriggio così mercoledì, se è negativo,sei “libera”. Eh, no! Perché altrimenti se è positivo cambia il modo di stare in quarantena. Eh, sì. Perché poi si tratta di isolamento. Ecco, mi avrebbero lasciato il pasto caldo fuori dalla porta della camera per chissà quanti giorni... ansia livello +10!

Martedì mi grattano col cottonfioc fino nel cervello, continuo a stare bene e mi chiedo se c’è da ben sperare, ma le cose sentite fino a quel momento non mi tranquillizzano perché non c’è una regola fissa. Passo la notte prima della risposta del tampone a sognare, sogno mascherine che si gonfiano mentre le indosso, si gonfiano di marrone... è cacca. Il giorno dopo sono seria come non sono mai stata, prendevo parte ai discorsi che mi facevano in lontananza il mio compagno e mia figlia, pensando invece alle persone con cui avevo avuto contatti nei giorni in cui non immaginavo lonanamente sarebbe andata così. Sapevo che l'Asl te lo chiede per poterli avvisare che sei positiva è che per loro inizia la quarantena. La mattina passa in silenzio e anche parte del pomeriggio, poi suona il telefono. È "solo" mio padre e già questo mi fa capire quanto il cuore non mi sarebbe stato nel petto. Alle 17.00 squilla nuovamente: lo riconosco ormai, è quello il numero. Chiamano ogni giorno per sapere se stai bene, se hai febbre... il cuore in gola e un virologo davvero davvero troppo lento nel parlare e darmi la risposta... lo avrei mangiato vivo.... ero e sono negativa.

Piango rido e butto i guanti,  abbraccio mia figlia e il mio compagno, ma è praticamente l'ultima volta perché... beh, forse qualcosa scappa ogni tanto forte dell'amore che fra noi scorre, non ci si può toccare... bisogna rispettare le distanze, pulire, lavarsi, non uscire e pensare che tu sei stata super fortunata ad aver provato soltanto tutto questo!

Ah sì, poi c’è da dire che la natura va avanti, fiorisce, è calda e azzurra, profuma e preserva il futuro

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