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Cronaca Martignacco

«Piangevano tutti». L'incredulità e la tristezza dei dipendenti della Safilo

Alla notizia della chiusura della sede di Martignacco, arrivata ieri, i dipendenti hanno reagito con sbigottimento

Oggi in Safilo si respirava soprattutto aria di incredulità. «La maggior parte dei dipendenti sono sbigottiti». Così ci racconta un dipendente storico dell'azienda, che avrebbe compiuto i 25 anni di carriera proprio nel 2020. Un traguardo che probabilmente non verrà mai festeggiato.

La notizia 

Un fulmine a ciel sereno. Il famoso modo di dire forse non basta a esprimere lo stato d'animo dei 250 dipendenti che nelle ultime ore hanno appreso le decisioni dei dirigenti: il progetto quinquennale fa leva su una profonda trasformazione digitale e su un drammatico ridimensionamento delle attività italiane. «Ci è stato detto che Martignacco non ha le stesse tecnologie di Santa Maria di Sala e nemmeno la stessa forza sul sttore metallico di Longarone, dunque la manovra colpirà soprattutto noi». Eppure la crisi non è dell'ultima ora, i segnali c'erano e sono rimasti silenti in questi dieci anni, trascorsi nel lavoro e nella speranza, dopo la tremenda crisi del 2009. 

La crisi

L'azienda era sana, con i suoi stabilimenti nel Nord Italia e le firme contrattuali con i grandi marchi. Ma qualcosa era cigolato pesantemente già nel 2009. «La situazione di crisi era stata già affrontata pesantemente 10 anni fa, quando era stato chiuso lo stabilimento di Precenicco e molti lavoratori erano stati assorbiti dalla sede di Martignacco. Ma da quella volta siamo stati ridotti a un numero di 250, dagli oltre 700 che eravamo». Tra le parole si sente una tristezza che i dipendenti non riescono più a trattenere. «Quella volta ci siamo fatti sentire abbastanza, siamo rimasti tre mesi fuori dagli stabilimenti a pestare e ne siamo venuti in qualche maniera fuori. Questo giro la situazione è chiara: i manager ci hanno detto chiaramente che non ci sono volumi. Questo significa che la decisione di chiudere è inevitabile».

L'impotenza

È la sensazione di non poter far più nulla, che attorciglia i sentimenti degli operai e dei dipendenti di Martignacco nella consapevolezza dell'ineluttabile. «Sappiamo di poter solo aspettare i risultati della negoziazione, poi scatterà l'"ognuno per sé stesso". Oggi, però, c'erano tante persone in lacrime perché l'impatto con la realtà è stato abbastanza forte: nessuno si aspettava una mazzata così netta»

Lo sciopero

Venerdì scatterà sciopero di gruppo, anche negli altri stabilimienti Italiani. «È un atto dovuto», commenta sconsolato il dipendente di Martignacco. Dalla sede di Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia, arriva la solidarietà per Martignacco e la preoccupazione per le «Venerdì dovrebbero scioperare tutti, ce lo auguriamo. Il sit in davanti alla nostra sede comincerà alle 8.30 e durerà due ore, ma lo stop al lavoro è previsto per tutto il giorno».

Una vita in Safilo

Alcuni dei 250 dipendenti che saranno colpiti dalla manovra hanno passato un'intera vita lavorativa in azienda. «Sono qui da 24 anni. Nel 2020 sarebbero stati 25. Nei periodi che ho passato lontani dalla sede di Martignacco - ci racconta un dipendente - mi son sempre ripromesso di portare avanti progetti per tutelare questo stabilimento, ma benché stessimo lavorando benissimo sull'innovazione, i dirigenti ci hanno detto che mancano i volumi, e su quello noi dipendenti non possiamo farci nulla».

La sede di Martignacco ha un'importante storia di competenze tecniche da non sottovalutare, anzi. «Dal punto di vista metalmeccanico ma non solo, a Martignacco si è fatto di tutto. C'è un alto livello di know out e di competenze tecniche, a 360 gradi, non solo nel settore dell'occhialeria. Credo che sarebbe un enorme peccato sprecare questa grandissima flessibilità acquisita da operai e dipendenti dell'azienda».

I sindacati

Stamattina e nel primo pomeriggio le assemblee in fabbrica, nel pomeriggio la richiesta di convocazione immediata di un tavolo di crisi agli assessori regionali alle Attività produttive e al Lavoro. Questo il programma della giornata per i sindacati di categoria Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil, all’indomani dell’incontro nel quale i vertici del gruppo Sàfilo hanno annunciato un piano choc da 700 esuberi, oltre il 25% dell’attuale forza lavoro, con la chiusura, in Friuli Venezia Giulia, dello stabilimento di Martignacco, dove operano attualmente 235 dipendenti, per l’80% donne, con un’età media di 40 anni.

Le categorie chiedono alle istituzioni, e in primis alla Regione, di esplorare da subito ogni soluzione che possa scongiurare il fermo produttivo. «Il primo passo – spiegano Andrea Modotto (Filctem), Pasquale Lombardo (Femca) e Nello Cum (Uiltec) – è quello di attivare da subito, con il sostegno della Regione e delle associazioni di categoria, un tavolo di crisi presso il ministero delle Sviluppo economico, che punti a convertire la chiusura in ristrutturazione e si prefigga come obiettivo minimo la cassa integrazione straordinaria per tutti i lavoratori del gruppo che saranno raggiunti da lettere di licenziamento». Lettere di licenziamento che purtroppo, in base a quanto comunicato dall’azienda, potrebbero incominciare ad arrivare da gennaio (il 7 ancora a Padova il prossimo incontro tra sindacati e azienda), visto il drastico calo del volume delle commesse da parte delle grandi griffe dell’alta moda.

I sindacati chiedono un forte impegno  anche da parte della  Regione. «Parliamo di lavoratori e lavoratrici – spiegano ancora Modotto, Lombardo e Cum – con un’elevata professionalità, ma penalizzati dal fatto di operare in un settore come quello del tessile e della moda, cannibalizzato da una crisi che ha ridotto ai minimi termini la sua presenza sul territorio provinciale e regionale, come dimostra la lunga serie di chiusure che hanno colpito il comparto, da quella del sito Sàfilo di Precenicco nel 2009 fino a quella di Confezioni Daniela, sempre nell’hinterland udinese, nel 2018. Ecco perché bisognerà guardare anche ad altri comparti, individuando in tempi brevi percorsi ad hoc di riqualificazione e ricollocamento: un’esigenza indifferibile, anche alla luce della massiccia presenta, tra le maestranze del sito di Martignacco, di lavoratori e in particolare di lavoratrici monoreddito».

In questo senso anche l’appello delle segreterie confederali di Cgil, Cisl e Uil, che con Natalino Giacomini (Cgil), Renata Della Ricca (Cisl) e Ferdinando Ceschia (Uil) sollecitano «un immediato e strenuo impegno delle istituzioni, regionali e locali, e delle associazioni di categoria, che non possono restare inerti di fronte ai nuovi fronti di crisi aperti in un tessuto manifatturiero già pesantemente ridimensionato come quello della provincia di Udine». Forte preoccupazione anche per l’area investita da questa vertenza, quella di Martignacco e del collinare, che ha già vissuto dal 2015 a oggi le chiusure di realtà storiche come la Spav nell’edilizia e della Nuova Tiglio di Fagagna nel tessile. «In assenza di politiche industriali e di un impegno congiunto di istituzioni, parti sociali e società civile – concludono Giacomini, Della Ricca e Ceschia – c’è il rischio concreto che i nuovi venti di crisi spazzino via la timida ripresa occupazionale degli ultimi anni, già segnata peraltro da una crescita del lavoro povero e precario, dalla contrazione della manodopera qualificata, da una crescente difficoltà a incrociare in modo efficace domanda e offerta di lavoro, pregiudicando da un lato le prospettive di crescita delle imprese, dall’altro la ripresa dell’occupazione giovanile e la ripartenza di un ascensore sociale che purtroppo sembra restare fermo al 2008».

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