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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Pozzuolo del Friuli

Lettera di Natale, i preti promuovono Greta e le Sardine ma bocciano la Regione

Un pensiero anche per Papa Francesco e alla giovane cooperante Silvia Romano

Una lettera di Natale intitolata “Dalla religione al Vangelo”, un cammino in ricerca della verità che analizza e manifesta preoccupazione nei confronti del dilagare della violenza verbale ma che premia anche i segni di umanità buona. Sono questi alcuni degli spunti che emergono dalla tradizionale ''Lettera di Natale’' che i 13 preti ''di frontiera'' del Fvg hanno presentato oggi nel Centro di accoglienza E. Balducci di Zugliano. Nella “missiva” grande spazio viene dedicato ai giovani, dal coinvolgimento di milioni di loro in tutto il pianeta grazie alla sollecitazione di Greta Thunberg, fino alla stimolazione da parte del movimento delle Sardine
Osservando la realtà - fanno sapere i sacerdoti - abbiamo notato che i segni positivi arrivano proprio dal loro protagonismo. Ne è un esempio Greta che ha dato il via a una mobilitazione planetaria a tutela dell’ambiente, ma anche le Sardine, fenomeno che riempie le piazze colmando così un vuoto”. 
Non possiamo parlare del Vangelo senza partecipare alla comune conduzione umana, con gli aspetti più difficili ma anche con i segni di umanità che emergono ogni giorno. Va però detto che a volte, la politica non aiuta questo percorso: basti pensare all’apertura del Centro permanente per i rimpatri (Cpr) di Gradisca d’Isonzo".

La lettera

Una lettera di condivisione di vissuti, esperienze, tribolazioni e speranze con le persone che, con le loro diversità, camminano in ricerca della verità, sdegnate per le ingiustizie e appassionate della giustizia, disponibili e impegnate per un’umanità umana e, per chi vive questa esperienza, per una Chiesa che annunci e attui con fedeltà e coerenza il Vangelo di Gesù di Nazareth.

Le doglie del parto e i segni della vita

Viviamo questo tribolato momento storico e la crisi in atto, che ci coinvolge, con fatica e speranza, con la gioia delle “piccole cose” che incoraggiano il cammino. Facciamo nostra l’immagine biblica delle doglie del parto per raccogliere fatica e dolore in prospettiva del nuovo che nasce, della vita che spinge per venire alla luce. Ogni giorno incontriamo segni di umanità buona e disponibile, di dedizioni discrete e ammirevoli; scopriamo i segni del Vangelo, della Chiesa come comunità, della fede vissuta, non della religione istituzionalizzata e rinchiusa in perimetri sigillati. Certo sono necessari i cambiamenti strutturali nella società, nella politica e nella Chiesa, ma è indispensabile la rete quotidiana del bene fatta da tante persone, gruppi, comunità,impegnati con diversa sensibilità, con l’unico fine di rendere più umano questo mondo. L’impresa è ardua. Riteniamo importante vivere convinzioni profonde, resistere e continuare con perseveranza a prescindere dai risultati, sentirsi bene nel compiere il bene. Nell’ambito di queste riflessioni la memoria del Natale può essere solo un coinvolgimento per contribuire ad un mondo più ricco di vita e di umanità. Per questo Gesù è venuto.

Schierati e preoccupati

E per questo riteniamo importante non essere neutrali, ma schierati dalla parte delle persone – “prima e sempre le persone” – con attenzione a quelle più fragili, deboli, ai margini, escluse, senza chiedere chi siano, da dove provengano, quale sia il colore della loro pelle, la loro cultura e fede religiosa. Condividiamo la sofferenza di tante di quelle persone per il momento storico particolarmente tribolato a livello planetario, dell’Europa, dell’Italia, della nostra Regione. Siamo molto preoccupati per la violenza verbale che diventa atteggiamento e azione di avversione, inimicizia, odio nei confronti di ogni altro diverso, soprattutto dei migranti, ma anche dei carcerati, dei nomadi e di altri ancora. La vicenda di Liliana Segre è emblematica; ebrea, espulsa dalla scuola, internata ad Auschwitz a 13 anni, sopravvissuta a quell’inferno, dopo anni di doloroso silenzio è stata esemplare e ascoltata testimone in mezzo a decine di migliaia di studenti di tutt’Italia.

Ha richiamato continuamente l’attenzione sul pericolo dell’indifferenza, più grave ancora della violenza stessa; chiamata dal Presidente Mattarella a essere senatrice a vita, ha proposto una commissione per monitorare, prevenire e contrastare antisemitismo, incitamento all’odio e razzismo. Un orientamento da tutti condivisibile perché concernente valori che si considerano universali. Invece no, perché metà dei senatori si è astenuto adducendo motivi pretestuosi quali il freno alla libertà di opinione. La stessa parte politica non si è alzata ad applaudire la senatrice come segno di rispetto e di gratitudine, dato anche che riceve quotidianamente circa 200 messaggi di insulti; si è provveduto a metterla sotto protezione. Che una testimone di Auschwitz debba essere scortata è un segno preoccupante del degrado culturale ed etico del Paese.
Avvertiamo quindi l’esigenza di ascoltare e comunicare parole semplici, vere, ricche di contenuti umani, ascoltabili e leggibili da tutti coloro che stanno cercando parole che esprimano umanità e costruiscano umanità.

Le grandi questioni e la storia delle persone

Cerchiamo di considerare quotidianamente le grandi questioni dell’umanità: l’impoverimento assoluto di 1 miliardo di persone; la povertà assoluta di 5 milioni di italiani e relativa di 9 milioni (fra loro 1 milione e 200 mila minori); la mancanza di istruzione, salute, lavoro, casa; il lavoro minorile presente anche nel nostro Paese, la dispersione scolastica; le guerre in aumento a formare, come dice papa Francesco, la 3a guerra mondiale in atto; la produzione e il commercio delle armi in aumento del 2,6%; in Italia la decisione dell’acquisto degli F-35 dal costo di 100 milioni ciascuno. La violazione estesa dei diritti umani, le torture inflitte agli oppositori politici e a migliaia di migranti, i milioni di schiavi, il traffico di esseri umani. L’usurpazione, lo sfruttamento e l’inquinamento della terra e dell’ecosistema, con conseguenze devastanti i cui effetti si riscontrano in modo sempre più esteso e preoccupante. Il riferimento al Vangelo di Gesù di Nazareth ci sollecita a prenderci a cuore queste situazioni che riguardano la gran parte dell’umanità; ci sentiamo evangelizzati dai poveri e da coloro che ne condividono la condizione e con loro ci sono maestri. Incontriamo queste grandi questioni nei volti, nei nomi, nelle storie di tante persone delle nostre città, dei nostri quartieri e paesi. In questa società sono aumentati la distanza e il disprezzo per i poveri, perché spesso prevalgono individualismo, egocentrismo, indifferenza, separatezza, privilegio. Sono certamente da evidenziare le tante persone attente, premurose e disponibili e le esperienze significative di accoglienza, concreta prossimità, autentica condivisione.

Esigenza di spiritualità 

È nostra esperienza e convinzione che la spiritualità e il riferimento alla trascendenza e all’ulteriorità siano dimensioni fondamentali della vita; si può intendere la spiritualità laicamente come qualità umana del vivere il quotidiano. Spiritualità e coinvolgimento nelle situazioni della storia possono essere in stretta relazione per non confinare la spiritualità in uno spiritualismo astratto ed evanescente e, d’altra parte, per non essere schiacciati dalla storia e dai suoi esiti contraddittori. È il richiamo che lo stesso Francesco, vescovo di Roma, ha fatto nella sua recentissima lettera apostolica su significato e valore del presepe, invitando a cogliere nel simbolo l’invito a “sentirsi coinvolti nella storia della salvezza, contemporanei dell’evento che è vivo e attuale nei più diversi contesti storici e culturali”, perciò a “incontrare” e “servire” il Cristo “con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi”. Una spiritualità dunque che orienta la storia, la illumina, la attraversa, diventa forza interiore, verifica, sollecitazione e sostegno.

Ugualmente importante è la relazione fra concretezza e mistero, percepito come dimensione che ci coinvolge, ci stupisce, che comporta arricchimenti e interrogativi. Senza riferimento al mistero si può essere travolti dall’efficientismo, dal pragmatismo, dal cinismo, dall’indifferenza, senza più stupore, né passione, né indignazione, né speranza.

La questione dei migranti

La questione dei migranti continua ad essere decisiva perché rivela quali siano le condizioni strutturali del Pianeta, di cui il nostro mondo è stato ed è fortemente responsabile, di fatto le cause delle loro forzate partenze; chi sono loro, i migranti con la loro diversità culturale e religiosa, chi siamo noi, quali la nostra sensibilità, etica, cultura, politica, legislazione, fede religiosa. Per come constatiamo, la questione dei migranti non è stata affrontata in modo adeguato né dall’Europa, né dall’Italia, né dalla nostra Regione. Le esperienze positive in atto, anche se ancora insufficienti ma significative anche in prospettiva, come lo SPRAR, sono state colpite in modo brutale dalle leggi sicurezza. Esprimiamo la totale contrarietà ad esse, speriamo vivamente che vengano cancellate al più presto; denunciamo l’inaccettabile convenzione con la Libia, come accordo con i trafficanti e i torturatori di essere umani, in lager paragonabili ai campi di concentramento nazisti.

Totalmente disumana e abbandonata, ad eccezione della presenza di volontari, è la condizione di migliaia di migranti sulla rotta balcanica; ci riferiamo in particolare al confine fra Bosnia e Croazia in una situazione drammatica: alcuni campi di reclusione, tende piantate nel fango, nel freddo, nella pioggia e nella neve, con scarso o nessun sostegno, anche con episodi di torture. Sono a poca distanza da noi, sono in Europa; ci si gira dall’altra parte con indifferenza e cinismo. Ci si prepara a celebrare il Natale come se loro non esistessero.

Siamo convinti dell’importanza dell’approvazione dello ius culturae per il riconoscimento legale della realtà già presente di decine e decine di migliaia di ragazze e ragazzi; tanti nati in Italia, che frequentano le scuole, che praticano lo sport, che vivono le relazioni e sono inseriti nella vita di questa società. Per loro sarebbe un riconoscimento importante di chi già sono, per tutta l’Italia una espressione della sua apertura democratica, della volontà di una convivenza civile e arricchente delle diversità.

Queste questioni così importanti, decisive e dirimenti dovrebbero essere presenti molto di più in tutte le persone, le istituzioni, la legislazione, la politica, la Chiesa; troppe volte non lo sono perché prevalgono considerazioni parziali, presunzioni di superiorità, chiusure localiste che non considerano l’appartenenza simultanea alla comunità locale e a quella planetaria, l’interdipendenza di tutti gli esseri umani insieme a tutte le forme e le espressioni della vita. La ripetuta espressione “prima noi, prima gli italiani”, come “prima gli europei”, ne sono la manifestazione e sono la conferma di una tragica continuità storica di colonialismo e sfruttamento.

Ci colpisce a riguardo la nascita spontanea dell’iniziativa di partecipazione civile delle cosiddette “sardine” che, in pieno fermento, sta riempiendo le piazze italiane al fine di risvegliare attraverso vie non violente una coscienza politica anti-populista: ci sembra un provvidenziale quanto imprevisto antidoto alla massiva presenza di chi si fa forte con i deboli e gli emarginati del nostro tempo. Certamente sono da considerare con attenzione e serietà le incertezze, il bisogno di rassicurazione e sicurezza, le paure, i problemi irrisolti e le diverse difficoltà di tante persone; condividiamo però la convinzione che solo affrontando insieme i problemi possiamo uscirne e trovare progressivamente soluzioni, solo con il contributo piccolo, ma fondamentale di ciascuna e ciascuno di noi.

Fede, Chiesa, politica

Ci sentiamo umili credenti sempre in ricerca e preti al servizio nella Chiesa, nella società, con convinzione, positiva risonanza interiore, fatica e alle volte sofferenza, richiesta a noi stessi per primi di coerenza e perseveranza, di pazienza attiva e costruttiva. Riteniamo fondamentale il riferimento continuo a Gesù di Nazareth e al suo Vangelo rivoluzionario, alle continue implicazioni con la storia che si fa presente nelle storie delle persone che incontriamo. La Chiesa vive le difficoltà del tempo presente. Esprimiamo vicinanza, piena condivisione, stima, gratitudine e affetto a papa Francesco, convinti che non è sufficiente ammirarlo a distanza, né peggio nominare per dovere il suo nome, ma è necessario far sentire pubblicamente in tanti questa presenza accanto a lui. Sono, infatti, documentati i ripetuti attacchi nei suoi confronti da parte di potentati economici, nazionalisti clericali, tradizionalisti conservatori, politici razzisti; sono sommesse e diffuse anche nella nostra Regione, nelle nostre diocesi e parrocchie le distanze da lui, dalle sue parole e dai suoi gesti, come se lui non ci fosse. Noi camminiamo con lui con convinzione e gratitudine perché ha riproposto con forza e continuità nella storia il volto del Dio misericordia; non lontano e impassibile, non giudice severo e vendicativo, bensì vicino e accogliente tutte le persone in qualsiasi condizione esse si trovino; questo Dio umanissimo, presente in Gesù di Nazareth nelle sue parole e nei suoi gesti, nelle relazioni con le persone. Di conseguenza ha riproposto la Chiesa del Vangelo, del Concilio Vaticano II, accogliente, in uscita per abitare le periferie, fuori dal tempio e da sacralità che diventano separazione dell’umanità; una Chiesa povera e dei poveri impegnata contro le ingiustizie, le corruzioni, le mafie, in dialogo con le altre fedi religiose, mai però neutrale, perché schierata con i poveri, gli umili, gli ultimi.

La questione vera non è la mancanza di preti, ma la credibilità dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo. Si è perso troppo tempo nel non promuovere ministeri diversi nella vita di piccole comunità che si incontrano per celebrare l’Eucarestia, per vivere la preghiera e per praticare la giustizia e la concreta prossimità. Nel recente sinodo dell’Amazzonia finalmente c’è stata una per ora piccola apertura alla possibilità di ordinare presbiteri dei diaconi sposati; a nostro avviso questa è la strada da percorrere, per riconsiderare poi finalmente il celibato obbligatorio per i preti, la possibilità di riprendere il ministero per i preti sposati, la presenza delle donne nelle comunità da valorizzare molto di più con il riconoscimento di compiti di guida e di responsabilità decisionali, fino ad arrivare un domani al presbiterato. Papa Francesco ha interrotto un rapporto tra Chiesa e politica incentrato sulla ricerca di appoggi, consensi e vantaggi, seguendo invece il Vangelo e le sue richieste di coerenza. Se consideriamo la situazione italiana questo è evidente. Sta accadendo un altro fatto: che una certa politica, segnatamente quella xenofoba e razzista, cerchi legittimazione e ampliamento del consenso utilizzando pubblicamente la religione (non più fede) e i simboli religiosi. La situazione non è episodica, ma permanente e molto pericolosa. Il crocifisso è espressione di Gesù di Nazareth, Colui che è vissuto totalmente per gli altri e che per il suo amore rivoluzionario è stato messo in croce dai poteri di questo mondo, primo quello della religione. Lui stesso aveva annunciato: “quando sarò innalzato dalla terra al cielo, attirerò tutti a me”. Nella laicità della storia, il Crocifisso è segno di amore e di dedizione fino a dare la vita.
Maria di Nazareth, la madre di Gesù è Colei che ha cantato il Dio fedele al suo popolo che disperde i pensieri dei superbi, rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, che rimanda a mani vuote i ricchi e dà da mangiare agli affamati. L’uso strumentale della Madonna così come quello di Dio, del crocifisso, dei simboli religiosi è sempre blasfemo, con l’aggravante della volontà di legittimare parole, gesti, decisioni che sono il contrario del messaggio del Vangelo e dei simboli che ad esso si riferiscono.

La cura della casa comune

C’è una questione che desta preoccupazione soprattutto di fronte alle situazioni drammatiche che stanno intensificandosi: la cura della casa comune. Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ del 2015 affronta in modo coraggioso, diretto e coinvolgente tale questione a partire dalle cause strutturali per arrivare agli urgenti cambiamenti politici, economici e legislativi, fino agli stili di vita. Centrale un’affermazione di quel documento: la questione ecologica è inseparabile da quella della giustizia, perché “il grido dei poveri e il grido della terra sono un unico grido” a cui rispondere, per cui l’impegno richiesto a tutti gli abitanti della casa comune è quello per una “ecologia integrale”. Sarebbe molto importante a nostro avviso riprendere in mano l’enciclica, rileggerla personalmente e nelle comunità, farla diventare progetto pastorale per le Diocesi e le diverse zone, introdurla nelle scuole, sottoporla all’attenzione della politica. È infatti urgente prendere coscienza, riflettere, assumere responsabilità e decisioni. Nonostante lo sprone di Papa Francesco, la Chiesa è infatti in ritardo sull’emergenza climatica, così come i governi, ma la gravità della situazione non sfugge ai giovani.

I giovani

Proprio per questo sono i giovani che sentiamo l’urgenza di ascoltare per percepirne sensibilità, fatiche, difficoltà, potenzialità, progetti, linguaggi. È un ascoltare anche di incertezze, fragilità e smarrimenti, coscienti che la condivisione delle fragilità diventa insegnamento e forza nel cammino. 

Il coinvolgimento di milioni di loro su tutto il Pianeta su sollecitazione di Greta – a cui mandiamo una gratitudine e un saluto affettuoso increduli per le offese nei suoi confronti – e di altre esperienze è un segno dei tempi straordinario su cui riflettere: i giovani stimolano gli adulti ad assumersi le loro responsabilità per il presente e il futuro del Pianeta, per la vita delle generazioni future, della terra con tutte le espressioni della vita. La presenza di tanti giovani a Venezia disponibili a operare concretamente in aiuto è un altro segno in continuità con il precedente. Tra i tanti giovani vogliamo ricordare con affetto Silvia Romano, giovane cooperante di Africa Milele, una piccola onlus di Fano che l’ha portata a sostenere i diritti dei bambini delle fasce sociali più deboli ad avere condizioni di vita dignitose, assistenza sanitaria ed educazione. È trascorso un anno da quando è stata rapita in Kenya da un gruppo di uomini armati e da quel giorno non si sono più avute sue notizie. È speranza di tutti il poterla presto riabbracciare.

La cura

È importante pronunciare e condividere la parola “cura” ricca di significati, di coinvolgimenti, di emozioni, di dedizione. L’I care della scuola di Barbiana diventa pedagogia, stile e pratica di vita quotidiana. Prendersi a cuore, prendersi cura di sé stessi, degli altri, di tutte le espressioni della vita, comporta il superamento dell’indifferenza, dell’egocentrismo; l’attenzione, l’accoglienza, l’ascolto dell’altro, la condivisione, l’accompagnamento. Come diceva un grande mistico, padre Giovanni Vannucci, “ogni essere umano è un messaggio irripetibile che Dio manda al mondo”. La cura si esprime con la presenza e con i gesti, con la parola diretta, semplice, comunicativa di profondità; esige l’ascolto come esigenza e qualità fondamentale; libero da pregiudizi e da schemi, dai moralismi e dalla fretta. Abbiamo bisogno di cura tutti, gli uni degli altri.

Un saluto di amicizia, cordialità e gratitudine per gli insegnamenti che quotidianamente riceviamo.

I preti firmatari:

Pierluigi Di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Pierino Ruffato, Paolo Iannaccone, Fabio Gollinucci, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Renzo De Ros, Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santin.

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