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Cronaca

500 firme contro lo sfratto degli alcolisti dalla Casa dell'Immacolata

Si concluderà domani la petizione lanciata in difesa del club di alcolisti, trasferita dopo 32 anni nella parrocchia di San Domenico a causa delle decisioni assunte dai responsabili della struttura di via Chisimaio

Gli alcolisti che venivano seguiti all'interno della Casa dell'Immacolata dallo scorso giugno sono stati invitati a trovare un'altra sede. Una decisione presa e comunicata come un fulmine a ciel sereno dal nuovo presidente della struttura, Paolo Molinari, ai referenti del club, con la giustificazione di voler scindere nettamente le due attività che da 32 anni convivono all'interno della Casa di via Chisimaio, fondata -lo ricordiamo- nel 1952 da Don Emilio de Roja con l'obiettivo di dare accoglienza ai ragazzi con gravi problematiche personali e familiari.

La scelta è stata giustificata dal  nuovo consiglio di amministrazione al club come una soluzione per poter concentrarsi in maniera più efficace sui progetti a favore degli "ultimi", ma ha trovato in disaccordo l'unanime opposione dei familiari degli utenti che combattono contro il male dell'alcol oltre a quella del loro referente, l'insegnante Diego Cinello: fin da subito non si sono rassegnati a questa decisione che trovano assurda e inaspettata e, oltre a trovare ospitalità all'interno della parrocchia di San Domenico, hanno avviato una petizione per trovare l'appoggio della cittadinanza. Domani è fissata la scadenza delle sottoscrizioni sul portale Change.org e le firme al momento raccolte sono ad un passo dalle 500 prefissate. Ricordiamo che la realtà, nata nel 1986 su iniziativa del professore Hudolin con la benedizione dello stesso Don De Roja, ha aiutato più di 250 persone, la metà delle quali uscita riabilitata. 

La petizione

1) Perché gli alcolisti a Casa dell'Immacolata?

Il programma non è nato per un capriccio o per caso; è stato lo stesso prof. Hudolin a proporlo a don Emilio De Roja nel lontano 1986 come una precisa necessità.
Dai dati sulle astinenze e sulle ricadute, che al tempo si rilevavano con cura, era emerso che una categoria di persone ricadeva nell'alcol con più frequenza. Anzi, nella quasi totalità. Persone sole, soprattutto maschi senza famiglia, o con vissuti di grande sofferenza. Da qui l'idea di creare un " surrogato di famiglia", un luogo che desse a queste persone un riferimento preciso, un sostegno che consentisse loro una buona riuscita del trattamento di Castellerio.

2) Provenienza degli ospiti

Per lo più da Castellerio o dalla nascente sezione di alcologia di S. Daniele. 0 dai club che non avevano forza sufficiente per sostenere la gravità dei casi, o da parroci, da sindaci, dal carcere e comunque dall'intera società civile.

3) Qual era il percorso riabilitativo e quali le strategie?

Non c'erano modelli da copiare. Il tutto era fondato sul carisma di don Emilio, sull'appoggio dello staff dell'alcologia di Castellerio, su operatori di club volontari, e su tante figure di sostegno che ognuna nel suo campo portava il proprio contributo. E con l'accoglienza disinteressata e l'assoluta mancanza di giudizio. Grazie a tutte queste forze, con il passare degli anni, si è andato via via delineando un percorso ben definito, codificato in regole, comportamenti e obiettivi. Sempre in stretta collaborazione con i servizi pubblici; Alcologie, S.E.R.T. e servizi sociali dei comuni
E sempre con il grande sostegno del Vescovo. Soprattutto mons. Battisti, il quale ci raccomandava continuamente i carcerati. Cosa che abbiamo cercato di fare.

4) Risorse impiegate e risultati

Naturalmente, dalla sola accoglienza non ci si poteva attendere grandi risultati, soprattutto pensando al fatto che reparti specializzati come l'alcologia avevano lavorato invano. E dunque andava cambiata la prospettiva. Passare da una vita da emarginati, dove l'alcol aveva buon gioco, a una vita in compagnia di altre persone con le quali costruire delle relazioni e soprattutto a una vita attiva.
Ci voleva un lavoro. Fu fondata la Cooperativa " Nascente", dal nome di una Madonna alla quale don Emilio era particolarmente devoto. Cooperativa sociale che è riuscita a dare lavoro alla gran parte degli ospiti che si impegnavano seriamente nel percorso.
L'astinenza dall'alcol, la compagnia, il lavoro, costruivano cosi prospettive impensabili fino a qualche mese prima e la reale possibilità di un futuro autonomo, per queste persone che rientravano a far parte della società a pieno titolo e con ritrovata dignità, non era più un'utopia ma un reale cambiamento e definitivo riscatto.
In questi 32 anni, più di 250 persone sono state accolte e oltre il 50%, per nostra conoscenza diretta hanno raggiunto una solida e duratura autonomia

5) 11 Club

Il club, sul modello dei club Hudoliniani, è uno dei tasselli fondamentali di cui si compone l'intero percorso riabilitativo, e nelle intenzioni iniziali e anche successive doveva essere frequentato all'interno della Casa fino a che durava l'accoglienza, per poi essere sostituito dal club più vicino alla nuova abitazione che nel frattempo veniva loro assegnata.
A parte coloro che rientrano nei propri paesi, dove c'e comunque un club e una rete di conoscenze che il nuovo stile di vita permette di recuperare, quelli che restano in città o dintorni, non vogliono saperne di sperimentare nuove relazioni in gruppi diversi, e se vi vengono inviati non vogliono frequentarli o ritornano indietro. E proprio in questo, pensiamo, stia la grande difficoltà che li spaventa e li blocca. Dopo tanti anni di isolamento, fra di loro si sentono sicuri ma questo fa si che il gruppo da speranza e risorsa diventi anche resistenza al cambiamento .Questo è un nodo pesante di non facile soluzione.
D'altronde, i buoni risultati raggiunti confermano che tutto un insieme di fattori e variabili concorrono al raggiungimento di una sobrietà duratura, motivata dall'ottenimento di un lavoro e di un alloggio, ma anche da tutte quelle risorse umane e professionali che Casa dell'Immacolata continua a fornire anche dopo l'uscita dell'ospite dall'accoglienza. Operatori all'altezza sempre disponibili, occasioni d'incontro, aiuto nell' amministrare il denaro quando si rendono conto di non saperlo fare, spazi dove trovare qualcuno con cui parlare ed essere ascoltati, un piatto caldo o talvolta un letto per iniziare gradualmente quei cambiamenti che sembrano impossibili da raggiungere senza una programmazione cosi generosa e intelligente, tutta una serie di cose piccole che rendono praticabili cambiamenti grandi. Per questo temono di abbandonare il club. E fintanto che non si troverà una nuova via, potrebbero avere ragione. In ogni caso sarebbe folle togliere loro gli ormeggi.

6) Il Diktat

Tutto questo con il sempre riconosciuto apprezzamento di servizi,sindaci e comuni, familiari. All'improvviso, ad un cambio di mandato degli amministratori della Casa, un immediato quanto drastico cambiamento. Partendo dai conti economici, fino all'attacco al metodo di lavoro (Hudolin) e alla filosofia che sta dietro all'intero programma, con un'arroganza inaccettabile viene comunicato al club che la seduta seguente, (lunedi 4 giugno) dovra essere l'ultima.
C'era stata addirittura la richiesta di una sala esterna.
E poi il divieto agli operatori dipendenti di partecipare alle riunioni di club, di gestire il denaro,i farmaci 
Venivano sistematicamente demoliti quei puntelli su cui si regge il programma di ogni ospite.

7) La risposta del Club

Alla riunione del 4 giugno dopo lo sconcerto di tutti e partendo dalla considerazione che questo club può reggersi
soltanto a "Casa dell'Immacolata", vengono considerati i mandanti dell'ordine, (peraltro mai visti né sentiti), troppo
distanti come pensiero per rappresentare un ragionevole interlocutore, e quindi viene deciso di rivolgersi al Vescovo,
in quanto Pastore e primo responsabile della comunità diocesana.
Questo per evitare uno scontro mediatico con clamori che non ci appartengono.
Riassumendo, ci sono stati:
Una richiesta di chiarimenti del Sindaco Fontanini.
Svariate domande di udienza negate a un gruppo di familiari.
L'intervento del Dr. Piani e del Dr. Peressini a rimarcare i risultati ottenuti e considerati ottimi dal servizio di Alcologia in tutti questi anni.
Non è stata data alcuna risposta, mentre si continua a smontare pezzo per pezzo la "creatura"
in cinica attesa che crolli su se stessa.
Cosa peraltro inevitabile.
La conclusione finale, soprattutto dei famigliari che temono un ritorno al dramma dell'alcol,
è stata la seguente:
questo progetto, frutto dell'intuizione di due giganti, Hudolin- de Roja , che ha permesso a centinaia di persone, con nomi e volti, e non numeri e dati economici, di ritrovare salute,autonomia e dignità, non può venire distrutto da chi crede di sapere.
E dunque le firme, che sostengono questo sofferto documento, dicono, a voce alta e consapevole, che nessuno, sia
pure amministratore o Vescovo, può distruggere la più grande difesa dal dramma dell'alcol degli ultimi trent'anni.
Questo dicono i Club e la società civile, che in tutti questi anni ha sentito molto parlare di alternative e di miglioramenti, ma che sa bene dove ha trovato concreto aiuto.

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