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Cronaca

Addio a Ezio Vendrame, il calciatore poeta sempre fedele a sé stesso

Nato a Casarsa della Delizia nel 1947, Vendrame viveva da diverso tempo in provincia di Treviso. Ha trascorso una vita fatta di genio e poesia, dentro e fuori dal campo

Noi non siamo giornalisti che preparano i coccodrilli in anticipo. Non ne abbiamo né il tempo né l’indole, le persone hanno il loro momento per lasciare questo mondo e noi ci regoliamo di conseguenza. La notizia della morte di Ezio Vendrame, calciatore geniale ma prima di tutto persona unica nel suo essere, è arrivata in questa calda e lenta giornata di primavera, segnata dal silenzio della quarantena. Come è stata la sua vita, mai ordinaria, mai in linea con ciò che accadeva attorno, anche la sua morte è arrivata a far dispetto a un momento che pareva destinato ad essere sospeso. Solo notizie legate al virus, solo l’orecchio teso verso i bollettini della Protezione Civile. Invece lui ci ha sorpresi ancora una volta, facendosi portare via da un tumore che si era presentato qualche mese fa.

La vita

Nato il 21 novembre 1947 a Casarsa della Delizia, in orfanotrofio da quando aveva pochi anni di vita, Vendrame viveva ormai da tempo in provincia di Treviso. Ma è innegabile che il suo fosse un legame di cuore, quello con il Friuli e con Udine, dove ricevette sì fischi, ma anche tanto amore. Ci arrivò da giocatore, giovanissimo, ci tornò da avversario. Ma si prese a cuore la città, soprattutto il quartiere intorno al Parco Moretti dove abitava al tempo e dove fece anche le sue amicizie fuori dal rettangolo verde. Una su tutte, l’artista e oste Giordano Floreancig, al tempo gestore dell’osteria Al Fagiano, che dal Moretti dista quattro passi e poco più. Un uomo dalla personalità complessa, come la sua. Quella di Vendrame: da una parte calciatore, dall’altro umanista dalla penna facile

Il ricordo

«Abbiamo fatto tante cose assieme, veniva la domenica qui a casa mia – ci racconta Floreancig con la voce che si rompe in infinite sfumature di dolore e ricordo -. Avevamo un rapporto bellissimo, poi a volte aveva periodi di crisi e si chiudeva in casa. L’ultima volta gli ho detto di tutto e non ha voluto più parlarmi, conoscendolo non ho più insistito. Non pensavo finisse così...ho passato con lui momenti indimenticabili». Difficile riassumere in poche righe una vita intera, tra l’altro di un uomo che con le parole, una volta smesso con il pallone, ci giocava spesso e volentieri.

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«Era un uomo controcorrente, una persona leale e sincera, che ragionava con la propria testa e con lui ho imparato la poesia della vita. Ezio era una persona che ha cambiato anche me, anche a livello artistico.. un personaggio unico, che ha compiuto anche delle scelte discutibili ma che testimoniavano il fatto che fosse una persona autentica e non la fotocopia di qualcun altro», conclude Floreancig.
Se vi sorprende che finora poco abbiamo parlato del genio di Vendrame in campo, è perché lì era il riflesso di come era nella vita senza scarpini. Il “George Best friulano”, lo si chiamava: anticonformismo e piacere, ribellione e passione. Una mezzala che amava l’effervescenza di giocate mai scontate e non staremo qui a ricordare quella volta in cui dribblo tutti fino alla sua porta, per vivacizzare una Padova – Cremonese che non avrebbe nulla da invidiare in quanto a noia ad una qualsiasi partita dell’Udinese degli ultimi anni. Di parole su questa giocata ne sono già state scritte tante, anche da lui stesso oltre che da signori come Gianni Mura, in incontri letterali che profumano di storia e che non ci permettiamo di scalfire.

La carriera 

Esordì a 13 anni con la maglia dell’Udinese. Era il 1960. Ma fu con il Lanerossi Vicenza che si guadagnò la serie A, nel 1971. La parentesi di tre giornate al Napoli è un altro capitolo succulento della sua biografia calcistica, che ne tratteggia ampiamente il carattere, amato e odiato dagli allenatori. Poi vestì la maglia del Padova e infine quella del Pordenone, con cui si guadagnò nel 1979 la promozione in C2, prima di tornare a Casarsa e smettere con il calcio giocato. Mai del tutto esploso, eppure così ben impresso nei ricordi di appassionati, giocatori, presidenti e tecnici. 

L’arte

Sì, quel tipo di calcio per noi è paragonabile a una forma d’arte. Un’espressione che prescinde la tecnica e sfocia nell’estro. Ma, come detto, lui era così anche fuori dal campo. Le poesie e i libri, certo. Son 15 le sue pubblicazioni, spesso prese per mano da editori locali come Campanotto e la Biblioteca dell’Immagine. Ma non solo. Amava la musica e celebre è la sua amicizia con Piero Ciampi, ma pare che questa fosse una passione di famiglia, anche il fratello adorava il cantautorato italiano, Pino Daniele su tutti. Lo stesso Vendrame suonava la chitarra, vuoi mai che i capelli lunghi e quel suo guizzo folle negli occhi non fossero abbastanza a sancire l’estrosità del suo essere. 
Uno così mancherà sempre, in campo tra gente pettinata e troppo innamorata di se stessa e del gol e fuori, tra persone che si dimenticano troppo spesso da dove vengono


 

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