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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Dalla seconda linea con la nazionale di rugby, alla prima linea tra le vigne: la storia di Marco Lazzaroni

Il rugbista udinese classe 1995 ha deciso di investire nella sua passione per il vino e ora gestisce l'azienda agricola Terre Lazzaroni a Buttrio

"Se ti dûl il cûr torne in Friûl". Un pensiero che accomuna molte persone, se non altro quelle che qui, in Friuli, hanno un pezzetto di anima, se non qualcosa di più. Un pensiero che si è insinuato ormai da tempo anche nella mente di Marco Lazzaroni, seconda linea della nazionale italiana di rugby, nato a Udine il 18 maggio 1995 e, alla sua città come a tutto il Friuli, intuibilmente legatissimo. Così legato che ha voluto consacrare, nonostante la sua giovane età e una lontananza relativa (vive e gioca a Treviso), il suo amore per la terra natia intraprendendo, oltre quella sportiva, una carriera anche professionale: quella di vignaiolo. E così ormai da qualche anno Marco Lazzaroni passa dalla palla ovale ai terreni che nel 2009 suo padre ha comprato nei Colli orientali, trasformando la passione per il vino in quella che spera sarà la sua professione del futuro. 

«Mio padre anni fa decise di fare un investimento puramente immobiliare, comprando dei terreni nei Colli orientali del Friuli. All'epoca io e mio fratello, che era già maggiorenne, pensammo di fare un vigneto. E così abbiamo cominciato con poche bottiglie, puntando sulla qualità a scapito della quantità». Anche mentre ci descrive l'inizio della sua avventura, Marco non tradisce emozione che non sia una determinazione tinteggiata di passione. «Mio padre, che è carnico, è sempre stato appassionato di vino e visto che io sono uscito di casa molto presto, era proprio un buon bicchiere che ci riuniva quanto tornavo in Friuli: è uno dei più bei ricordi che ho di quei tempi». Marco si riferisce a quando il rugby, scoperto quasi per caso a 11 anni, lo ha portato a trasferirsi a Mogliano Veneto. 

Lo sport

«A 11 anni un mio compagno delle medie mi dice che ho un fisico perfetto per il rugby: io facevo judo ma per un motivo o per l’altro sapevo che non era il mio sport, nonostante il fisico continuavo a perdere. Così, spinto anche da mia mamma, ho provato a giocare a rugby e mi è piaciuto tantissimo. A 15 anni, dopo il biennio al Marinelli di Udine, mi sono trasferito a Mogliano Veneto, dove c’era un Academy per i migliori talenti. Studiavo e facevo sport: la società non ha mai messo in secondo piano la scuola». L'ingresso nelle nazionali giovanili è stato praticamente immediato e per Marco è iniziata la scalata verso la nazionale maggiore, il cui esordio è arrivato nel 2017. «Il rugby sport molto crudo, con infortuni sempre dietro l’angolo ma che mi ha insegnato tanto e continua a farlo», riconosce Marco che, grazie allo sport, ha girato il mondo e conosciuto luoghi e persone che lo hanno fatto crescere. 

Lazzaroni in nazionale

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Un pensiero al futuro

Ma il rugby "non è il calcio", come si suol dire. E, nonostante l'impegno e la passione, Marco sa che non potrà vivere sempre di sport. E così ha dato seguito e corpo all'altra sua grande passione, quella per il vino. Dopo le prime bottiglie, più per uso familiare che altro, l'azienda ha cominciato a crescere, grazie anche alla consulenza della famiglia Palazzolo, dell'azienda Ronco del Gnemiz. «Da loro abbiamo preso la filosofia aziendale, ci hanno spronati sia in fase di vinificazione e consulenza», ci racconta Lazzaroni che continua. «Ho deciso di investire il mio tempo e i miei risparmi nel Friuli: sono molto innamorato della mia terra, è una regione incredibile e mi permette di puntare molto sulla qualità, invece che necessariamente sulla quantità. Voglio essere selettivo, ho rifatto alcuni vigneti, ma vedo che il mercato sta rispondendo bene su quello che facciamo». E così le giornate si dividono in due, la mattina allenamento a Treviso, dove Lazzaroni gioca con la Benetton e il resto del tempo dedicato alle vigne e all'azienda Terre Lazzaroni. «È un dispendio di energie, ma, come dice sempre mio padre, se non lo faccio adesso a questa età, quando lo faccio?».

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Le radici

La terra e la famiglia sono due ingredienti fondamentali per la composizione di questo sogno, che è sempre più una realtà concreta. «Mio padre mi da una mano, lui faceva il vino con il nonno, avevano quei classici cinque sei filari per uso domestico. Ora lui nel weekend mi da una mano, mentre mio fratello, che è ingegnere chimico di larghe vedute, mi da ottimi consigli». E poi c'è il Friuli. «Noi friulani siamo un po’ particolari, grandi lavoratori che a volte non abbiamo grandi vedute. Siamo umili e non procrastiniamo, non deleghiamo e non rimandiamo: per questo non è possibile amare la nostra regione. Ripeto quello che si dice sempre, abbiamo i colli, il mare, la montagna, possiamo andare collina e godere di una parte enogastronomica pazzesca. Abbiamo i bianchi migliori d’Italia e c'è una qualità della vita molto alta». Praticamente una dichiarazione d'amore, nonostante Marco non sia poi così distante. «Ho trovato a Treviso un luogo quasi come il Friuli, ma nonostante mi trovi benissimo, so che a casa mia è il posto migliore dove vivere. Per fortuna o per sfortuna il Friuli rimane ancora poco conosciuto e per questo ancora più prezioso. Dobbiamo solo essere bravi a non snaturalizzarci». E, infine, i Colli orientali. «Qui ho visto e trovato un asset decisamente positivo, dove posso lavorare a contatto con la natura e con persone che meritano davvero. Nonostante quello del vino sia un mondo quasi feudale e sapendo che farsi spazio non sarà facile, l’ambizione c’è... anche se il mio vino è più conosciuto in Veneto che in Friuli!»


 

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