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Cronaca

«Mio figlio era sano, voglio chiarezza»: parla la mamma del 22enne morto in carcere

Despina Krizh non si dà pace all'idea che suo figlio sia morto per cause naturali e ora aspetta l'esito dell'autopsia

L’hanno chiamata domenica 15 marzo dal carcere dove era detenuto il figlio, per chiederle di recarsi lì. Nel tragitto ha cercato di rigettare il pensiero che fosse successo qualcosa, ma una volta in via Spalato la conferma: il suo ragazzo era morto. Despina Krizh è la mamma di Ziad Dzhihad Krizh, il ventiduenne che lo scorso 15 marzo è stato trovato senza vita nella sua cella, dentro la casa circondariale di via Spalato. Un decesso al momento catalogato come frutto di cause naturali, ma sul quale è stata aperta un’indagine da parte della Procura della Repubblica udinese. Per avere gli esiti dell’esame autoptico sui liquidi ci vorranno ancora un paio di mesi. Nel frattempo, per chi voleva bene a Ziad, rimangono l’attesa e il dolore per una fine prematura e inattesa.

«Voglio chiarezza»

«Io non dichiaro guerra a nessuno, esigo chiarezza. Desidero sapere perché mio figlio è morto, perché è morto così giovane quando dovremmo andarcene ognuno con il proprio tempo. Questo è un dolore che non auguro a nessuno. Voglio giustizia». La voce della donna è ferma e solo ogni tanto fa una pausa in cui ripercorre mentalmente le telefonate più recenti con Ziad e le ultime visite in carcere, cercando una spiegazione. «Non riesco a piangere, è stato tutto troppo veloce e ora non posso fare nulla. Non posso andare in tribunale, non posso andare dal pubblico ministero, non posso andare in cimitero. Devo solo aspettare per capire cosa è successo a mio figlio, che in cuor mio so che era sano come un pesce».

L'arresto

Ziad era stato arrestato con un mandato europeo lo scorso agosto a Parigi, dove si trovava dopo aver lasciato l’Italia a seguito di un provvedimento emesso in seguito alla morte per overdose di un giovane ragazzo di origini ghanesi, avvenuta l’11 aprile 2017. Gli investigatori avevano raccolto elementi tali da identificare in Ziad non solo uno dei componenti di un’attività di spaccio di droghe sintetiche acquistate in Slovenia e rivendute sulla piazza di Udine, ma anche la persona che aveva venduto materialmente lo stupefacente che aveva provocato la morte dell’uomo. «A settembre o ottobre avrebbe avuto un appello, non c’erano prove», sottolinea la madre. Nell’ottobre 2019 il personale della Polizia di Stato della Questura di Udine aveva dato esecuzione alla misura cautelare in carcere, disposta il 23 luglio 2018 dal Tribunale di Udine, nei confronti di Dzhihad, rintracciato poi lo scorso 16 agosto in Francia. Dopo due mesi a Parigi il giovane era stato prima condotto al carcere di Rebibbia a Roma, per poi essere trasferito in dicembre in via Spalato a Udine. .

La ricerca di chiarezza

Uno spacciatore, ma non un tossico, a quanto affermato a gran voce dalla madre. «Lui era un piccolo pesciolino dello spaccio, ma non faceva uso. L’interessamento del Sert faceva parte del sistema che riguarda i reati, Ziad era anche seguito da assistenti sociali ed era obbligato a fare periodicamente analisi che evidenziavano solo uso di cannabis. Io non lo difendo di certo, ha fatto le sue cazzate, ma era circondato da gente sbagliata». Le parole di sofferenza della madre di Ziad Dzhihad Krizh includono anche i tentativi fatti per riportarlo sulla strada della legalità. «Io cerco di vivere con la testa alta: ho cercato di salvare mio figlio da quelle frequentazioni sbagliate, ma non ci sono riuscita. Ma ora voglio chiarezza sulla sua morte, anche se non posso gettare le colpe su nessuno ma solo aspettare».

I dubbi

La rabbia è legata al fatto che le cose sono precipitate senza che nessuno da fuori ne avesse il sentore. «Ho sentito Ziad sia il venerdì che il sabato prima di domenica 15 marzo. Aveva 37,5 di febbre e mi ha detto che gli era stata somministrata della Tachipirina. Sabato la febbre gli era scesa a 37, ma Ziad mi ha riferito che gli avevano fatto comunque le analisi del sangue e delle urine, ma nessuno mi hai mai dato i risultati di questi esami. Da quel che so in carcere era da una quindicina di giorni che mancavano i sanitari e potrebbe essere che gli sia stata somministrata una cura sbagliata». «Mio figlio non era un tossico – ribadisce la madre –, fumava solo dell’erba. Sono in contatto con persone all’interno del carcere e so per certo che mio figlio non si drogava né beveva. Voleva raddrizzarsi. Chi è dentro sa cos’è successo e appena ci saranno i risultati ci sarà anche un motivo per una morte così. A 22 anni non si può morire in questo modo e io so dentro di me che mio figlio era sano come un pesce».

Incertezza e speranza

Sano, ma con un’alterazione che durava da qualche giorno e un mal di schiena che si protraeva da mesi dovuto a un incidente in moto avvenuto in Francia, per il quale aveva assunto antinfiammatori potenti. Un quadro clinico poco chiaro, che si spera troverà luce con gli esiti dell’autopsia e che si somma a una situazione di incertezza dovuta all’emergenza sanitaria in corso. «Ziad è stato trovato morto al mattino – spiega la madre – : passando per le consegne delle terapie lo hanno trovato ancora nel letto. Hanno provato a rianimarlo per mezz’ora ma da quel che so, persino il defibrillatore non funzionava». Alla richiesta di spiegazioni sulla situazione sanitaria all’interno della casa circondariale di via Spalato, la Krizh tratteggia un quadro allarmante. «Da quello che ho capito è da inizio marzo che manca personale sanitario in carcere, una condizione probabilmente dovuta al Coronavirus. Penso che quando Ziad ha cominciato ad avere la febbre avrebbero dovuto prendere provvedimenti. Quando ci ho parlato al telefono l’ho sentito giù di voce e il tampone era negativo. Posso solo aspettare l'autopsia». Ora, per saperne di più, rimane solo l’attesa.

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