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Cronaca

Com'è vivere a Londra e ammalarsi? La storia di una giovane friulana

Ammalarsi in un altro stato, lontano dai propri cari, è difficile, ma lo è ancora di più quando quella malattia si chiama "coronavirus". La situazione a Londra raccontata da una friulana

Febbre, tosse, difficoltà a respirare, perdita dell'olfatto e del gusto. Con dei sintomi simili, nel nostro Paese, partirebbe subito l'allarme e si cercherebbe di fare un tampone nel più breve tempo possibile. Questo, però, non succede se vivi a Londra, dove se ti ammali vieni lasciato in balia degli eventi, senza nessuno che ti aiuti concretamente. È quello che è successo a una nostra giovane connazionale che vive a Islington, una zona a nord di Londra, da ormai quasi quattro anni.

La malattia

Roberta è originaria di un paese poco distante da Udine, ha 26 anni e abita con il suo compagno, José Antonio, a Londra. Sono entrambi dei cittadini europei giunti a Londra per poter lavorare e farsi una vita. Fino a marzo le cose andavano bene, finché l'epidemia che ha colpito l'Italia non si è presenta anche nel Regno Unito. "Ci siamo ammalati tre settimane fa, più o meno a metà marzo". Il primo ad avere i primi sintomi è stato il ragazzo, con febbre e tosse secca. Vivendo assieme, nel giro di pochi giorni anche la giovane ha iniziato a sentirsi male. "Appena abbiamo iniziato a stare male, ci siamo autoisolati in casa, non uscivamo nemmeno per fare la spesa". Ma com'era la situazione in Inghilterra? Mentre il premier Boris Johnson stava pensando alla ormai famosa immunità di gregge, "qui non era iniziata nessuna quarantena, era tutto aperto. Le scuole erano ancora aperte e le persone andavano a lavorare normalmente".

Autoisolamento

Occupandosi di grafica per un sito e-commerce lei, e facendo il regista freelance lui, i due hanno potuto da subito lavorare da casa, autoisolandosi per non contagiare altre persone. "Per fortuna siamo giovani e in salute, e per noi è stata come una specie di brutta influenza, anche se non piacevole. Ce la siamo gestita a casa, ma è stata molto lunga". In caso di sintomi, "qui la regola è di stare a casa per due settimane, però la situazione non è chiara: quando ci si considera guariti? A noi nessuno ha fatto un tampone".

I controlli

"Qui i tamponi li fanno solo a chi sta veramente male da finire all'ospedale". Se ti ammali, quindi, devi affidarti solo a te stesso o alle persone che ti stanno vicino, rischiando di contagiare anche loro. "Appena ci siano ammalati, abbiamo cercato informazioni sul sito del Governo, dove è stato inserito il numero 111 da chiamare in caso di sintomi. Beh, dopo un'attesa di circa un'ora e mezza, la risposta è stata: chiama soltanto se praticamente 'stai per morire', cioè se i sintomi diventano talmente gravi da doverti trasportare all'ospedale". Come ci si sente in questa situazione? Con un possibile virus in corpo e lasciati completamente a sé stessi? "Non so neanche come spiegare. Era tutto molto confuso, non si capiva bene come e cosa fare, cosa invece no. Per fortuna, ci hanno aiutato degli amici con la spesa, che ci lasciavano fuori dalla porta. Fortunatamente, poi, ci siamo ripresi".

Coronavirus a Londra

Ma qual è la situazione a Londra in questo periodo? "Il sistema sanitario cerca di avere il minor numero di pazienti possibile, anche in normalità: hai sempre la sensazione che cerchino di fare di tutto piuttosto di non visitarti". In una situazione d'emergenza sanitaria, "non fanno i test". Roberta, inoltre, ha un'amica che lavora come medico in terapia intensiva, e anche qui la situazione è drammatica. Come succede, purtroppo, anche nel nostro Paese, "non ci sono abbastanza dispositivi di protezione individuale o, ancora peggio, test da somministrate ai pazienti ricoverati. Come diversi telegiornali hanno riferito, ci sono molti medici a casa con dei sintomi, ma non hanno abbastanza test da sottoporre neanche a loro, e l'unica soluzione rimane l'isolamento".

Tutti fuori

"Io e le mie amiche italiane, avendo contatti con l'Italia attraverso parenti e amici, sappiamo quanto sia grave la situazione. Anche se qui a Londra siamo indietro di due settimane, fin dall'inizio era tutto regolare e tranquillo. Sì, se ne parlava, ma tutti prendevano sotto gamba la situazione. Ricevendo costantemente notizie dall'Italia, ma anche dalla Spagna, eravamo tutti abbastanza scioccati che nessuno stesse facendo niente". Un episodio che può, in qualche modo, sintetizzare tutto ciò, è la festa della mamma, che in Inghilterra si festeggia il 22 marzo. "In Italia e Spagna la situazione era già drammatica, qui diverse persone erano già in autoisolamento, mentre tante altre, in occasione della festa e di una bella giornata di sole (rara a Londra) si è riversata nei parchi, per fare pic-nic in compagnia". Ma com'è possibile? "Anche da quando è iniziata la quarantena, non ci sono regole così stringenti come in Italia. Si può uscire, non ci sono limiti di persone o di tempo, puoi fare praticamente quello che vuoi".

"Giornate qualunque"

"Ieri sono uscita a fare la spesa, e sembrava una giornata qualunque: vedi persone con le maschere, anche se poche, un sacco di gente per strada, nei negozi. Certo, ci sono le file per poter entrare e viene richiesta la distanza di sicurezza, ma dentro i supermercati nessuno rispetta le regole". A differenza dell'Italia, "sembra che il Governo ti dia dei consigli, non delle regole ferree da seguire". Ma non ci sono controlli da parte delle forze dell'ordine? "Io non ho visto nessuno controllare, ed è pieno di gente in giro". E nelle zone in cui la polizia sta facendo dei controlli sugli spostamenti, "la gente si lamenta. Mi fa molta impressione vedere la differenza tra quello che mi raccontano i miei genitori e gli amici italiani e quello che sta succedendo qui. Sembra un mondo completamente diverso".

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