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Cronaca

Caporalato e tasse evase per oltre 4 milioni da una cooperativa, due dirigenti nei guai

La Guardia di Finanza di Pordenone ha individuato 311 lavoratori irregolari, contestate a un commercialista violazioni alla norma antiriciclaggio

Nuovi sviluppi nelle indagini avviate da oltre un anno dal Nucleo di polizia economico–finanziaria di Pordenone, che vedono coinvolta una cooperativa facente parte di un noto gruppo operante in diverse province del Triveneto in servizi di facchinaggio, movimentazione merci e servizi ecologici. 

Dirigenti nei guai

Emesso, da parte del Giudice per le indagini preliminari di Pordenone, un provvedimento di applicazione della misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare attività professionali e imprenditoriali nei confronti di due soggetti, rispettivamente, amministratore di diritto e de facto della cooperativa oggetto dell’indagine. Le indagini hanno accertato come la cooperativa, esistente più da un punto di vista formale che aziendale, fosse – come si legge negli atti – un mero "contenitore di manovalanza” che veniva allocata “appaltandola” ad altre società secondo i loro bisogni. Aspetto, questo, configurante la “somministrazione abusiva di manodopera” (il così detto “caporalato semplice”) per la quale solo con la recente legge 96 del 2018 ha ripristinato sanzioni di carattere penale.

I numeri

In totale sono 311 i lavoratori irregolarmente utilizzati in tutto il Triveneto (nel periodo dal 2014 al 2016) con modalità illecite, per le quali sono state contestate violazioni per complessivi 4 milioni e 50mila euro. Nella prima fase delle indagini era stato appurato come la cooperativa, per sottrarsi agli obblighi fiscali, sistematicamente annotasse in contabilità costi fittizi originati da fatture per operazioni inesistenti emesse da altri enti cooperativistici – con sede nelle province di Padova, La Spezia, Bari e Pordenone – tutti creati con finalità prevalentemente fraudolente (avendo strutture precarie e limitate nel tempo, sedi di comodo e risultando inadempienti agli obblighi dichiarativi). Questi costi fittizi, per complessivi 5 milioni e 400mila euro, permettevano di “abbattere” il reddito, generando in capo alla cooperativa “finti” crediti Iva che venivano utilizzati per “compensare” debiti tributari e contributivi relativi al personale dipendente. 

La prima fase di indagini

Oggetto di attenzione da parte degli investigatori era stata anche la peculiare organizzazione aziendale della cooperativa, costituita da un asset produttivo identificabile nella manodopera fornita da centinaia di lavoratori che avevano, peraltro, posto in essere iniziative dimostrative e mediatiche finalizzate a segnalare le situazioni di sfruttamento e di mancata sicurezza sui luoghi di lavoro. Era stato accertato come la cooperativa risultasse disattendere le condizioni remunerative previste dal contratto nazionale, sottopagando i propri dipendenti. Anche gli stipendi del personale erano oggetto di evasione contributiva e fiscale, facendone computare una parte ad “indennità per trasferte”, risultate, come dichiarato dagli stessi lavoratori, in parte o del tutto inesistenti. Sono stati in merito accertati contributi e ritenute non versate per 625mila euro. Il primo troncone di indagini si era concluso con l’emissione da parte del gip di un provvedimento di sequestro preventivo per un importo di 4 milioni e 50mila euro (pari alle imposte evase), eseguito su disponibilità liquide, unità immobiliari e beni mobili di valore.

Il commercialista

Sottoposto ad accertamenti anche il commercialista, tenutario delle scritture contabili di tre cooperative (utilizzate per emettere fatture fittizie), che in precedenza aveva denunciato il furto dell’intera contabilità delle stesse, “custodita” invece all’interno della sua autovettura.  Al professionista è stato contestato l’omesso adempimento degli obblighi previsti dalla normativa sulla prevenzione del riciclaggio e specificatamente la mancata segnalazione delle operazioni cosìdette “sospette” da inoltrare obbligatoriamente, in base a profili soggettivi e oggettivi previsti dal legislatore e fatti propri anche dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Nei confronti del soggetto è stata contestata l’omessa segnalazione di 46 operazioni economiche della specie, aventi un valore complessivo pari ad € 4.037.917,46. L’omessa segnalazione di operazioni sospette, quando la stessa è ripetuta o plurima, è sanzionata per un importo da 30.000 a 300.000 euro.


 

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