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Cronaca

Parte la stagione della pesca sportiva, «settore trascurato»

I problemi del comparto secondo uno storico consigliere di quello che fu l'Ente tutela pesca

Parte la pesca nella zona "b" (a nord della strada statale 14 "della Venezia Giulia"), come da tradizione prevista per l'ultima domenica di marzo, e non mancano le polemiche. «Se c’è un settore che è stato trascurato anche da quest’ultima Amministrazione regionale, ebbene questo settore è la pesca sportiva». A lanciare il grido di protesta è Claudio Polano, già consigliere dell’Ente tutela pesca, divenuto nel frattempo Ente tutela patrimonio ittico. «Se pensiamo che vi furono anni in cui le licenze in Friuli Venezia Giulia erano oltre 40mila e che oggi  sfiorano le 17mila è chiaro che qualcosa non ha funzionato, sebbene sia evidente che i corsi d’acqua regionali, pur di estensione notevolissima, non fossero in grado di sopportare una pressione di pesca così elevata». 

La criticità

Il problema più grande del settore - secondo Polano - «è legato alla mancata possibilità di immettere in acque pubbliche i salmonidi alloctoni, vietati dalla direttiva habitat dell’Unione europea. Ciò significa che le trote iridee e le fario, di cui in passato e per svariati decenni si è fatto larghissimo uso, essendo alloctone, non possono più essere seminate. Le modifiche necessarie alla normativa, salvaguardando sia la necessità di tutelare l’autoctona  trota marmorata che le esigenze dei pescasportivi, sono state appena approvate in Consiglio dei ministri, ma l’iter burocratico per la sua definitiva approvazione sarà ancora lungo e vedrà probabilmente la luce nel 2019. Tutta questa situazione, a fronte di un probabile ulteriore calo delle licenze, provocherà conseguenti minori introiti per l’Ente. Il prossimo Governo regionale, che avrà già ben altri impegni da assolvere, si troverà dunque tra i piedi anche questo problema».

Tanti anni di fiumi “drogati”

La pressione - come racconta Polano - «si esercitava principalmente sulla trota, nelle sue tre varietà che sono la marmorata, la fario e l’iridea, in conseguenza del fatto che per troppi anni il comparto è stato “drogato” con semine di trote pronto pesca, aventi non già lo scopo di dotare i corsi d’acqua della giusta popolazione ittica, ma di soddisfare le esigenze dei pescasportivi».

Riforma tardiva

La riforma dell’Ente tutela pesca regionale per Polano «è arrivata tardi, ed è stata più di facciata che altro. Con la Legge regionale 42 del dicembre 2017 non è cambiato proprio nulla. L’unica novità immediata è stata l’eliminazione, dal primo gennaio, del presidente e del Consiglio direttivo, che veniva liberamente eletti ogni quattro anni, cosa che ha privato la categoria dell’ultraquarantennale autonomia gestionale. I due incarichi sono sostituiti con un Direttore generale, che avrebbe dovuto essere nominato entro  gennaio e che, invece, è ancora di là da venire. Quando la nomina sarà effettuata, tutto sarà deciso a livello burocratico centrale, senza collegamenti con la periferia».

I cambiamenti

«Tra le principali novità della riforma - precisa Polano - spicca l’istituzione del “comitato ittico”, organismo di 20 membri, dotato di funzioni meramente consultive, al cui interno saranno presenti solo sei pescatori, uno per ciascuno degli altrettanti bacini in cui è stata suddivisa la Regione. Saranno eletti solo dai rappresentanti legali delle associazioni di categoria e non dall’utenza come adesso. Gli attuali 15 collegi di pesca sono stati dunque sostituiti da sei “bacini”, a loro volta suddivisi in settori e la confusione, non solo per l’utenza anziana, è assicurata».

Gli aspetti positivi

Una delle poche novità positive della nuova legge chiude Polano «sarà il Piano di gestione tttica, che finalmente porrà fine (questo è almeno l’auspicio) all’attuale spontaneismo, con una gestione corretta,  nonché scientifica, delle acque interne regionali. Ma di questo importante strumento di pianificazione e gestione ancora non c’è nulla, a conferma di come la Legge sia stata varata e poi abbandonata in mezzo al guado, caricando la futura Amministrazione dell’onere di redigere regolamenti su una norma fatta da altri».

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