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Essere ciclista a Udine non è per niente facile, ed è una questione di cultura

Tema caldo degli ultimi anni è quello della viabilità cittadina, che comprende anche le piste ciclabili: Udine, però, non è una città a misura di ciclisti

Questa mattina avevo una visita in ospedale e, abitando in centro città, ci sono andata in bicicletta. La bici la uso sempre per gli spostamenti urbani, l'ho sempre fatto: mi ritengo una persona fortunata perché il mio stato di salute e il vivere in una città incredibilmente "a misura d'uomo" come Udine mi hanno concesso il lusso di prendere la patente alla soglia dei 30 anni, prediligendo sempre altri mezzi di trasporto come le due ruote e gli autobus. Devo ammettere, però, che girare in bicicletta nel posto dove vivo non è sempre stato facile, come non lo è stato questa mattina. Il problema è certamente legato alla composizione delle piste ciclabili udinesi, insufficienti, interrotte, mal fatte. Ma questa è solo una conseguenza, non la causa: il motivo è che la nostra non è una città che possiede qualcosa che possa definirsi cultura della bicicletta e, di conseguenza, non la possiedono le persone che la città la vivono. 

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Una persona per auto

Stamattina, ad esempio, ho pensato almeno una decina di volte "adesso mi investono", proprio perché per arrivare a destinazione non tutto il tragitto era coperto da piste ciclabili. Dopo aver usato quella di via Marco Volpe e via Micesio, ho percorso piazzale Diacono sulla carreggiata e, dopo il primo tratto di via Martignacco, ho svoltato a destra su via Gino Pieri fino all'ospedale constatando – ancora una volta – che quella che dovrebbe ritenersi una delle zone più sicure della città, in quanto a traffico è davvero caotica. Le auto sono ovunque, in divieto, parcheggiate anche dentro il distributore, in attesa di entrare nel park dell'ospedale, i clacson sono sempre attivi, le sirene delle ambulanze anche e gli autobus e le corriere riempiono le corsie. Qui bisogna tenere occhi e orecchie ben aperti e i riflessi pronti a scattare, che si sia automobilisti, pedoni o ciclisti. Quello che noto durante il tragitto, inoltre, è fondamentalmente un viavai di veicoli con una sola persona a bordo. Questo era un gioco che mi faceva fare mia zia quand'ero piccola, contare le auto e le persone e poi fare la proporzione che, in effetti, negli anni è decisamente peggiorata. Come ogni volta che uso la bicicletta, anche stamattina ho quindi pensato a cosa si può fare per decongestionare un centro come quello di Udine. Fare nuove e più funzionali ciclabili certo non basta, anzi. Arrivando in ospedale ho buttato un occhio alla nuova pista che da via Chiusaforte torna su via Pieri notando un'auto messa di traverso sul marciapiede proprio di fronte all'ingresso del centro vaccinale. Questa, per chi è abituato a muoversi sulle due ruote, è una scena più che consueta: fare lo slalom tra veicoli che sostano sulle ciclabili è affare quotidiano. La mancanza di una cultura della bicicletta, però, si riflette anche sui ciclisti stessi che, spesso e volentieri, adottano comportamenti scorretti e pericolosi a loro volta, prendendo strade in contromano, usando i marciapiedi e correndo a velocità sostenuta. 

Prendere esempio basterà?

In occasione della Settimana della mobilità sostenibile, che è attualmente in corso, Udine ha ospitato in collegamento internet Bart Slabbinck, project manager del dipartimento di mobilità della città belga di Bruges. Un incontro interessante dove Slabbinck ha illustrato l'evoluzione della viabilità urbana della sua città, paragonabile per estensione e conformità al capoluogo friulano. Tutto bello e giusto, ma a Bruges le modifiche sono cominciate a partire dai primi anni Settanta, cinquant'anni fa. "Le persone hanno cominciato a lamentarsi delle auto sempre più presenti in centro e così è nata quella che noi chiamiamo la nostra "Bibbia", ovvero un libro che presentava il nuovo piano della circolazione", ha dichiarato Slabbinck. Già, le persone. A volte mi chiedo se davvero i cittadini e le cittadine udinesi vogliano una città diversa da questa che viviamo ogni giorno o vada bene avere la possibilità di piazzare il cofano proprio davanti al nostro luogo di destinazione, costi quel che costi. Forse, però, è solo una questione di abitudine, di tempo. In fondo, spesso, a rivendicare qualcosa per la città sono spesso le persone che Udine la vivono "solo" per lavoro e nemmeno ci abitano, ma anche questo è un aspetto da non trascurare. Le periferie poi, non soffrono solo di mancanza di piste ciclabili, ma anche di una rete di trasporto pubblico non sempre adeguata. Queste circostanze mettono le persone nella condizione di optare sempre di più per l'utilizzo dell'auto. Il problema della mobilità è paragonabile a un cane che si morde la coda, la cui risoluzione ha inevitabilmente bisogno di moltissima pazienza. 

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